domenica 25 ottobre 2009

Ariel (sulla prospettiva)

Essere dentro.
Dentro ad una tempesta, come nave travolta dalla furia delle acque, naufraghi alla deriva in balia delle correnti.
Oppure essere dentro ad un quadro, essere le macchie di colore che il pittore disegna sulla tela.
Essere dentro alla vita, viandanti in cerca della strada, pellegrini smarriti lungo il cammino. Personaggi in cerca d'autore.
Essere dentro. Ecco il nocciolo del problema. Che siamo dentro, che non riusciamo a cogliere il significato più profondo delle cose perchè ci siamo "troppo" dentro. Manca il distacco necessario, la giusta distanza. Manca la prospettiva.
Cosa capirebbe di un quadro l'osservatore che si incollasse con il naso alla tela? Niente. Al massimo un particolare, una sfumatura. Ma perderebbe il contesto, la visione d'insieme.
Per apprezzare il quadro nel suo complesso l'osservatre dovrebbe porsi ad almeno un metro o due di distanza, avvicinarsi od allontanarsi a seconda delle dimensioni dell'opera.
Illusione. Pensare di poter capire la vita... proprio noi che ci siamo così dentro.
Guardo Ariel che si dibatte tra i flutti, e mi sento così piccolo, così impotente...

[Lars W. Vencelowe: "Pensieri, parole, opere ed omissioni"]

domenica 18 ottobre 2009

In un porto del Mediterraneo



Io non so cosa sia più importante:

la dolcezza speziata del caffè amaro
mescolata al gusto della prima sigaretta del mattino
o l’odore di pesce e barche verniciate di fresco.
I vestiti sbiaditi sul filo fra i mandorli in fiore
o i monti che li mettono in risalto...

No, nulla di ciò, ma tutte queste cose insieme
rivelano che ho trascurato qualcosa

e che la sua presenza mi tormenterà per il resto della vita
perché l’ho ignorato mentre era qui.

[Henrik Nordbrandt: "Il nostro amore è come Bisanzio"]

domenica 11 ottobre 2009

Fingendo di mirare all'uccello


Fingendo di mirare all'uccello
sempre puntavo al cielo,
cacciatore incapace
di far cadere nulla dal cielo.
Per questo quante volte mia madre
- "Smettila, sei impazzito?" -
aveva pianto per me.


Ma per tradire ancora più mia madre
ho preso la strada più folle.
Tutto quello che potevo sparare,
l'ho cambiato in pallottole,
tutto quello che potevo produrre
l'ho cambiato in fucile.
Poi ho sparato
l'ultima cosa a effetto.


Madre, non svenire!
Alla fine l'estrema pallottola
è stata per me la PAROLA,
pure l'estremo fucile
è stato per me la PAROLA.
Ma quell'ultima cosa a effetto...
Oh, sono io, proprio io:
a me stesso ho sparato.
Puntando il fucile al contrario ho premuto il grilletto.


Ma per vivere, mamma,
solo per vivere ho sparato,
sparato e sparato
su di me.


Ed ora posso dirti
che non mi duole la ferita
e se anche ne soffro spero
che proprio qui sia la porta.


[Kikuo Takano: "Nel cielo alto"]

sabato 10 ottobre 2009

Anima

[…] ciascuna persona viene al mondo perché è chiamata. L’idea viene da Platone, dal mito di Er che egli pone alla fine della sua opera più nota, la Repubblica. In breve l’idea è la seguente. Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. E’ il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino. Secondo Plotino, il maggiore dei filosofi neoplatonici, noi ci siamo scelti il corpo, i genitori, il luogo e le situazioni di vita adatti all’anima e corrispondenti, come racconta il mito, alla sua necessità.

[J. Hillman: "Il codice dell’anima"]

* * *

ψυχῇ πείρατα ἰὼν οὐκ ἂν ἐξεύροιο, πᾶσαν ἐπιπορευόμενος ὁδόν· οὕτω βαθὺν λόγον ἔχει.
[Ἡράκλειτος ὁ Ἐφέσιος]

I confini dell’anima, per quanto lontano tu vada, non li scoprirai, neanche se percorri tutte le vie, così abissalmente si dispiega.

[Eraclito: "Dell’Origine"]

domenica 4 ottobre 2009

Felicità

Non credete a chi vi dice che la felicità non esiste. Parlano così perché non l’hanno mai provata.
Io vi dico, invece, che la felicità esiste, ma che è un bene troppo grande perché si possa goderne appieno. Ci si deve accontentare di apprezzarne solo frammenti.
Mi spiego: non credo che esista qualcuno in grado di poter dire di vivere una vita pienamente felice. Quando qualcuno ci chiede se siamo felici, spesso proviamo un senso di imbarazzo nel rispondere, una sorta di pudore nell'esplorare il nostro animo. Chi più chi meno, si finisce con il concludere che in fondo, tutto sommato, proprio felici-felici non possiamo dirci, ma che forse, in certi momenti, abbiamo assaporato almeno un po’ di quel frutto prezioso che è la vera gioia.
Ecco, momenti. Perché questo è ciò che io penso della felicità. Che sia una farfalla: tanto bella quanto fragile. Che ci lascia guardare le sua ali variopinte solo per un attimo, perché quando ci avviciniamo per ammirarla da vicino... lei è già volata via.
La felicità è un sogno: tanto affascinante quanto effimero.
[Lars W. Vencelowe: "Pensieri, parole, opere ed omissioni"]