sabato 31 dicembre 2016

Best book award 2016


Consueto appuntamento di fine anno con il "classificone" dei libri letti.
Invariati i membri della giuria (io, Lars W. Vencelowe, Héctor Genta, Xenia Dubinina e S.A. Samoilov) e invariati i criteri di voto (per ogni lettura un punteggio da 1 a 10).

Il livello dei libri scelti è risultato decisamente alto, anche in virtù dei classici (che occupano i  piani nobili della classifica). 
Segnaliamo l'ottimo piazzamento del primo volume della trilogia di Moresco e la conferma di Calvisi
Lispector, Di Benedetto, Wieringa, Aira e soprattutto Volodine sono nomi nuovi sui quali concentrare l'attenzione per il futuro. 
Cărtărescu e Gospodinov suggeriscono di guardare ad Est se si cerca qualcosa di nuovo nel panorama letterario europeo (e non solo).


Ecco i risultati finali:

I sonnambuli (Hermann Broch) 50
I fratelli Karamazov  (Fëdor Dostoevskij) 50(
Le botteghe color cannella (Bruno Schulz) 50
Sopra eroi e tombe (Ernesto Sabato) 50
Il cantiere (Juan Carlos Onetti) 50
L’idiota (Fëdor Dostoevskij) 50
Herzog (Saul Bellow) 50
Gli esordi (Antonio Moresco) 50
Il pozzo (Juan Carlos Onetti) 50

Dalla vita degli oggetti (Adam Zagajewski) 48
Piccola apocalisse (Tadeusz Konwicki) 48
La coscienza di Andrew (E.L. Doctorow) 48
Abbacinante. L’ala destra (Mircea Cărtărescu) 48
Angeli minori (Antoine Volodine) 48
Cuore di tenebra (Joseph Conrad) 48
Murphy (Samuel Beckett) 48
Gli addii (Juan Carlos Onetti) 48
Notturno cileno (Roberto Bolaño) 48

Pornografia (Witold Gombrowicz) 47
La cognizione del dolore (C.E. Gadda) 47
Legami familiari (Claire Lispector) 46
Questi sono i nomi (Tommy Wieringa) 45
La volpe d’oro (Jerzy Andrzejevski) 45
Per questa notte (Juan Carlos Onetti) 45
L’uomo del silenzio (Antonio Di Benedetto) 44
Il poema dell’acquaio (Mircea Cărtărescu) 44
Moby Dick. La balena (Herman Melville) 43

Una questione privata (Beppe Fenoglio) 43
Centurie (Giorgio Manganelli) 43
L’inondazione (Evgenij Zamjátin) 42
I giovani. Tre racconti (J.D. Salinger) 42
Trans-Atlantico (Witold Gombrowicz) 42
…e altre storie (Georgi Gospodinov) 42
Gli uccelli (Tarjei Vasaas) 42
Imbalsamare animaletti mutanti (César Aira) 41
Il tunnel (Ernesto Sabato) 41
Adieu mon coeur (Angelo Calvisi) 41
Testamento (Witold Gombrowicz) 40
Romanzo naturale (Georgi Gospodinov) 40

Travesti (Mircea Cărtărescu) 40
Anatomia di un istante (Javier Cercas) 39
Prima della fine (Ernesto Sabato) 39
Benedizione (Kent Haruf) 38
Innovazioni americane (Rivka Galchen) 38
La luce smeraldo nell’aria (Donald Antrim) 36
Il paradiso degli animali (James Poissant) 36
La caduta delle consonanti intervocaliche  (Cristóvão Tezza) 36   
Watt (Samuel Beckett) 36

Diario di un uomo superfluo (Ivan Turgenev) 35
Un viaggio terribile (Roberto Arlt) 35
Perché amiamo le donne (Mircea Cărtărescu) 32
La lucina (Antonio Moresco) 30
Anaconda (Horacio Quiroga) 28
Stato di minorità (Daniele Giglioli) 27
Clandestini (Angelo Calvisi) 27
Il rap spiegato ai bianchi (David Foster Wallace) 26  
Gli anni (Annie Ernaux) 26
Più pene che pane (Samuel Beckett) 25
Dalle rovine (Luciano Funetta) 18

The winner is...

Hermann Broch

I sonnambuli




domenica 11 dicembre 2016

Hermann Broch – I sonnambuli


---Hors Catégorie---

Leggere il proprio tempo è impresa difficile, difficilissima. Molti si confrontano con questa montagna, pochi, pochissimi ne vengono a capo. Con il paradosso che spesso a riscuotere più successo è chi fallisce e non chi riesce nell’impresa, come se vedere nel profondo ci facesse paura, come se in realtà non volessimo capire davvero quello che ci succede. E così succede che ci si affidi alle voci di comodo e che si accomodi sotto l’ombrello protettivo del senso comune, del pensiero condiviso, privilegiando di volta in volta le voci consolatorie o quelle apocalittiche, sempre seguendo la corrente.
Broch è stato uno di quelli in grado di leggere il suo tempo e I sonnambuli è un libro enorme, uno di quelli che sta dalle parti dell’Uomo senza qualità, tanto per capirci. Perché I sonnambuli non è solo un’opera che spiega la realtà mitteleuropea a cavallo del Novecento, ma parte dal particolare per giungere ad una riflessione sull’uomo tout court,  con riflessioni che superano la prova degli anni tanto da poter essere considerate valide anche per i tempi che ci troviamo ad abitare.
Romanzo realistico o romanzo psicologico, si è scritto; romanzo-mondo, dico io. Opera che contiene al suo interno talmente tante idee che necessiterebbe di letture ripetute e più attente di quelle che io sono riuscito a concedergli: tre volumi che narrano accadimenti che si svolgono rispettivamente nel 1888, nel 1903 e nel 1918, a distanza di quindici anni uno dall’altro, tre protagonisti, Pasenow, Esch ed Huguenau, che incarnano in ognuna delle tre parti lo spirito del tempo.
Pasenow è l’uomo legato alla disciplina, il soldato che affida alla divisa il ruolo di “indicare e stabilire l’ordine del mondo ed eliminare l’aspetto incerto e fluido della vita”. Avrebbe bisogno di una guida, di qualcuno in grado di dirgli cosa fare e di aiutarlo ad orientarsi nelle cose del mondo, non trovandolo decide di sacrificare la libertà e di affidarsi alle regole della vita militare, limitandosi a galleggiare nella quotidianità. Non capisce la realtà, è attratto da chi è diverso da lui, dal nuovo, ma non sa muoversi su questo terreno per cui si ingegna a costruire collegamenti improbabili che gli consentano di spiegare quello che succede, perennemente sospeso tra ciò che vuole e ciò che crede gli altri si aspettino da lui.
Se Pasenow è il vecchio, lo spirito di un’epoca destinata a scomparire, l’ultimo rigurgito di un secolo superato che cerca di arroccarsi nella difesa ottusa di un ordine fine a se stesso, rifiutandosi di confrontarsi con il cambiamento, Esch invece incarna la forza per certi versi “dionisiaca” delle nuove idee. Dibattuto tra sensi di colpa e ricerca del piacere inteso come via per trascendere l’angoscia che lo domina, riscattare la solitudine dell’animo umano (unica strada verso la salvezza), sente il dovere morale di fare qualcosa, di espiare in qualche modo e portare giustizia (“sacrificarsi per l’avvenire ed espiare il passato; un galantuomo si sacrifica, se no non ci sarà mai un ordine!”). Un Esch dostoevskijano, direi, che si trova a confrontarsi con idee nuove, a percorrere con passo insicuro quelle stesse strade che Pasenow rifiutava, terreni impervi che confinano con l’anarchia.
Per quanto diversi, Pasenow ed Esch hanno un tratto che li accomuna: entrambi si sforzano di leggere il loro tempo ed entrambi sembrano farlo filtrando la realtà attraverso un paio di occhiali sbagliati. Faticano ad interpretare i rapporti tra i fatti e quelli tra le persone, ci costruiscono sopra teorie strampalate e poi agiscono a base a queste costruzioni fallaci.
Il terzo volume de I sonnambuli rappresenta la summa dell’intera opera, un cambio di marcia rispetto ai due volumi precedenti espresso anche dal punto di vista stilistico: la narrazione è contaminata da inserimenti di saggistica, testi poetici, teatrali, riflessioni filosofiche, dialoghi, critica, storia dell’arte, articoli di giornale, lettere… che rendono farraginosa la lettura ma contemporaneamente costituiscono le tessere necessarie alla composizione del puzzle che Broch ha in mente. Huguenau, il protagonista di questa terza parte, è il simbolo dell’epoca, un opportunista chiuso in se stesso, privo di valori, una personalità sterile figlia di una logica che non porta a nulla ma guarda solo al proprio interesse. Huguenau incarna alla perfezione la crisi di valori che Broch vuole descrivere, una crisi figlia dell’indifferenza, di una frammentazione della realtà in mille rivoli, sfere di interesse che finiscono per svilupparsi autonomamente una dall’altra e per radicalizzarsi fino a schiacciare l’uomo facendolo diventare ingranaggio. Sono sfere che, come detto, seguono logiche personali, perseguono fini diversi, vanno in direzioni diverse e tendono a conclusioni diverse: il risultato è uno smembramento della realtà con l’individuo che diventa “incapace di afferrare un qualunque valore al di fuori della sua strettissima sfera individuale”, perché “l’uomo sciolto da ogni gruppo etico, è diventato unicamente portatore del valore individuale, l’uomo metafisicamente “espulso”, espulso perché il gruppo si è dissolto e polverizzato in individui, è affrancato dal valore e dallo stile e a determinarlo non resta ormai che l’irrazionale”. Razionale ed irrazionale sono le parti che Broch identifica come necessarie e complementari alla costituzione di un unicum  inteso come entità superiore posta al di fuori delle nostre competenze e verso la quale dovrebbe tendere l’uomo  per arrivare alla salvezza.


Semplicemente una delle letture più importanti di sempre.