domenica 14 novembre 2021

Le pianure – Gerald Murnane


«Le pianure non sono ciò che molti dei loro abitanti ritengono che siano. Sono semplicemente una comoda fonte di metafore per chi sa che sono gli uomini a inventare i loro significati.»


«Cercavo, in quel paesaggio, qualcosa che sembrasse accennare a un significato complesso, oltre le apparenze». Questo lo scopo del protagonista, un cineasta che decide di intraprendere un viaggio nel cuore dell'Australia, alla ricerca dell'ispirazione per la sceneggiatura di un film. Con una prosa piana, fintamente rassicurante, Murnane disegna atmosfere wendersiane per un libro nel quale i grandi spazi e gli stravaganti personaggi kafkiani che li abitano sono solo la superficie di un mare dai profondi abissi.
Le pianure. Sconfinate e uguali a se stesse, eppure uniche per ognuno dei latifondisti che ci vivono e che crede di essere il solo in grado di comprenderle. Le pianure come simbolo di una ricerca interiore, un viaggio tra Orizzontisti e Uomini Lepre, Pianure Centrali e Pianure Esterne, Confraternita della Pianura Infinita e Lega del Cuore del Paese…, il folle tentativo di costruire un'epica e poi una metafisica per pianure che man mano che si svelano, si nascondono.
Costume, politica, religione, filosofia, pittura, letteratura, fotografia… sono le lenti di un prisma attraverso il quale gli uomini cercano di interpretarle, illudendosi che da qualche parte possa saltar fuori una verità, un segno in grado di illuminare il cammino e spiegarne il senso. Ma è nel buio, non nella luce il significato, spiega al protagonista il suo ultimo interlocutore:

«Anche un posto così grande e luminoso come le pianure può essere cancellato da qualsiasi direzione. […] Posso concederti che anche vedere quelle pianure di cui abbiamo goduto per tutto i pomeriggio… anche questo è, in un certo senso, un segno di distinzione. Ma non farti ingannare. Niente di ciò che abbiamo visto oggi esiste, a parte l'oscurità. […] Il Grande Buio. Non è forse là che si trovano tutte le nostre pianure? […] Quel buio che era l'unico segno visibile di qualunque cosa vedessi al di là di me stesso».


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https://lithub.com/wayne-macauley-on-gerald-murnanes-most-memorable-book/

domenica 7 novembre 2021

Hagard – Lukas Bärfuss

  


«So tutto e non comprendo nulla»

«So tutto e non comprendo nulla», afferma Philip, il protagonista di Hagard, nelle prime righe della narrazione. Sappiamo tutto e non comprendiamo nulla, questa la dichiarazione di intenti all'ombra della quale si sviluppa questo interessante romanzo psicologico.
Un paio di scarpe, delle ballerine color prugna, sono la molla che fa scattare la sua curiosità e scatena le trentasei ore di inseguimento della ragazza che le indossa. Quello che Philip cerca però non è fuori, ma dentro di lui. La trasgressione, certo, il desiderio di uscire dalla strada abituale e di concedersi una deviazione nel bosco del mistero, in un territorio dove il nostro cellulare non è raggiungibile. Ma l'obiettivo di Bärfuss è ben più ambizioso: cosa c'è dietro le nostre ossessioni, i nostri pensieri reconditi? – si chiede l'autore – e cosa saremmo disposti a sacrificare per scoprire il segreto dei nostri sogni? ??
Hagard scandaglia nell'animo del protagonista raccontandoci del suo/nostro bisogno di affrancarsi da una realtà che ci vuole sempre connessi per ritagliarci uno spazio nel quale vivere il nostro tempo con i nostri ritmi:
«Era tutto concentrato sull'istante, nient'altro contava, ignorava quello che sarebbe accaduto il secondo successivo, ma sapeva di essere pronto a qualunque cosa.»
«Era semplicemente lì, senza necessità di fare altro, e comprendeva perché in quella condizione fosse racchiusa la sua felicità. Philip coincideva con il proprio stesso respiro; in poco tempo si era reso conto di quanto fosse inutile arrabbiarsi, preoccuparsi, pensare al di là del passo successivo, ogni programma gli avrebbe impedito di abbandonarsi al momento presente. E così vide quello che ancora non aveva mai veduto. L'universo pieno di segni che lui era in grado di leggere: il mondo come un libro aperto. Decifrarne i messaggi dipendeva soltanto da lui. Tutto ciò che rimandava a un qualunque futuro,[…] era insensato e infantile. Ogni investimento era ridicolo, mortifero e nocivo per la vita che aveva ormai trovato.»
«So tutto e non comprendo nulla»: ma se non so tutto, allora posso iniziare a comprendere.
Philip capisce che è necessario non far cadere completamente il velo, che troppa luce può fare male alla vista. Per questo rinuncia alla possibilità di vedere in volto la ragazza perché ciò significherebbe la fine del gioco, l'uscita dal bosco del mistero e il ritorno sulla strada maestra del consueto:
«Guardala, per amor del cielo. Che ci vuole? Ma no, non puoi. Hai paura. Paura del suo sguardo. Temi possa non esserne valsa la pena. Inutile la notte appena passata, inutile l'inseguimento. Finché la donna resta un mistero, puoi continuare a credere. Se vedi il suo viso saprai tutto e non imparerai più nulla. Decifrerai il suo volto. Inizierai a interpretare. E quando ti metti a interpretare, smetti di vedere. Saprai cosa pensa. Come guarda il mondo. Capirai ma non vedrai più. In tutte le cose deve rimanere un segreto che ci fa aprire gli occhi. Quel che abbiamo compreso è perduto.»
Philip/ Bärfuss/il lettore, esce di strada e entra nel bosco. Per noia, curiosità, spirito di avventura, claustrofobia per la vita… non è importante. Quello che conta è che il bosco è il mistero, pericoloso e affascinante, cancella gli schemi consueti, le certezze e le priorità. Nel bosco i confini entro i quali scorrevano placida le nostre vite sbiadiscono e tutto diventa incerto.
Cos'è davvero importante?
Cosa cerchiamo, cosa vogliamo dalle nostre vite?