Dopo Knausgård,
Ernaux. Torna di moda l’autobiografismo? Sembrerebbe di sì, anche se le
differenze tra i due sono evidenti.
Ernaux evita il
monologo torrenziale da Grande Fratello televisivo e procede per immagini,
vecchie fotografie, ricordi personali, elencazioni (cliché invero, un po’
usurato), finendo per costruire un racconto frammentato in episodi che corrono
prevedibili lungo i binari del trascorrere degli anni. Ecco, forse proprio nell'aspetto
monocorde di una narrazione senza scatti, che non “evolve” mai, mi sembra di
individuare un tratto che accomuna Knausgård ed Ernaux.
Ne Gli anni ho apprezzato l’eleganza della
scrittura, l’originalità nell'alternare presente e imperfetto ed anche il continuo
cambiamento del punto di vista, con gli avvenimenti che vengono raccontati
usando ora la prima e ora la terza persona, sia singolari che plurali. Artifici
che probabilmente avrebbero dovuto aiutare a movimentare la trama, eppure –
ripeto – la mia impressione è quella di una narrazione “bloccata”, nella quale
anche la partecipazione emotiva mi sembra molto molto ridotta.
Ci sono pagine
di bella prosa, osservazioni acute su certi aspetti della società, espresse
stilisticamente in maniera efficace ed elegante, ma sono poche. Prevalgono (o
magari sono io che le ho trovate particolarmente disturbanti) certe banalità in
forma di analisi sociologiche, qualche
spruzzata di politically correct e un pizzico di anti-americanismo radical chic
che magari potevano essere evitate, anche considerando che sul passato recente
francese in Algeria e Centrafica Ernaux ha sorvolato tranquillamente.
Qualche
esempio:
quello che
scrive a proposito della scuola come istituzione, non mi sembra brillare per originalità:
"Pubblica,
privata, la scuola si assomigliava, luogo di trasmissione di un sapere
immutabile nel silenzio, nell'ordine e nel rispetto delle gerarchie, la
sottomissione assoluta: indossare un grembiule, mettersi in fila alla
campanella, alzarsi in piedi se entrava in classe la direttrice ma restare
seduti se entrava una bidella"
E ancora:
"Soltanto
gli insegnanti avevano il diritto di fare domande. Se non si capiva una parola
o una spiegazione la colpa era solo nostra."
"I
programmi non cambiavano mai,"
"Un
blocco compatto di conoscenze trasmesso a una minoranza che vedeva così
confermata, di anno in anno, la propria intelligenza e superiorità."
Segue un
bell'esempio di cerchiobottismo:
"La
condanna a morte da parte dell’imam Khomeini di uno scrittore di origine
indiana, Salman Rushdie, accusato di aver offeso Maometto in un suo libro,
faceva il giro del mondo e ci lasciava di stucco. (Anche il papa condannava a
morte proibendo il preservativo, ma quelle erano morti anonime, in differita.)"
A proposito di
antiamericanismo:
"il campo del nostro immaginario, ormai occupato
tutto dagli americani, anche nostro malgrado, come un gigantesco albero che
dispiegava i suoi rami sull'intera superficie della terra. Ci davano sempre più
fastidio con quei loro discorsi moralizzatori, gli azionisti e i fondi
pensione, l’inquinamento planetario e il disgusto per i nostri formaggi."
"Conquistatori
senza altri ideali oltre ai dollari e al petrolio. I valori e i principi di cui
si facevano portatori – contare solo su se stessi – davano speranza soltanto a
loro, mentre noi sognavamo «un altro mondo»."
Chiudo con
qualche perla a proposito dell’Undici Settembre tra sentimenti di rimozione e
rifiuto di condividere quel dolore:
"Si
rievocava un altro 11 settembre e l’assassinio di Allende. Dei conti venivano
saldati. Il tempo per provare compassione e pensare alle conseguenze sarebbe
arrivato più avanti."
"L’obbligo
di far propria la paura degli americani raffreddava i sentimenti di solidarietà
e di compassione. Ci si beffava della loro incapacità di catturare Bin Laden e
il mullah Omar, volatilizzatosi in motocicletta."