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sabato 28 aprile 2018

Giorgio Falco – Ipotesi di una sconfitta



Con Ipotesi di una sconfitta Falco firma un buon romanzo, da ascrivere a quel filone “sociale” nel quale si sono cimentati recentemente Trevisan, Maino ed altri, affrontato dal versante autobiografico ma fortunatamente ben lontano da certo autobiografismo di maniera stile Grande Fratello televisivo (alla Knausgård, per intenderci).
Un romanzo (anche) di formazione, sull’Italia contemporanea e soprattutto sul rapporto dell’uomo con il lavoro e su tutto quello che da questo rapporto consegue. Attualità, prima persona singolare, alienazione dell’individuo… sono un terreno particolarmente insidioso, sabbie mobili nelle quali l’autore riesce a non rimanere invischiato facendo leva su una narrazione quanto mai onesta, che evita i luoghi comuni per privilegiare l’esperienza diretta. Falco trova la sua misura mantenendosi alla larga dalle secche dell’autocompiacimento o dell’indulgenza verso se stesso, guardando in faccia la propria confusione senza la pretesa di elevarla a confusione generazionale ma rappresentandola per quello che è, senza proporre scorciatoie o improbabili vie di fuga. Con Ipotesi di una sconfitta l’autore conferma quanto di buono  aveva già fatto vedere con L’ubicazione del bene e La gemella H.. Scrittore da seguire.

sabato 24 agosto 2013

L'ubicazione del bene – Giorgio Falco


Con questo libro Falco dimostra di essere uno scrittore coraggioso. Non è semplice, soprattutto in Italia, confrontarsi con la misura del racconto: saper aprire e chiudere l'obiettivo della macchina fotografica, accennare i grossi temi ed approfondire particolari minimi, far intuire senza dire... E poi il tema: raccontare l'attualità comporta il rischio di scivolare nei luoghi comuni, nel dire cose scontate. Bene, per quel che mi riguarda, con “l'ubicazione del bene” Folco ha superato brillantemente la prova, costruendo una raccolta di racconti equilibrata, efficace e dolorosa.
Sono storie di gente che prova a cambiare la propria vita ritagliandosi un'autonomia lavorativa, con il risultato di finire schiacciata dal peso della realtà, storie di solitudini, di calma apparente dietro la quale si consumano drammi domestici. Storie dove i rapporti umani nascono dal bisogno di frequentarsi per via dei figli, non dalla voglia di condividere, vite che si incontrano e si uniscono quasi per caso per poi dividersi senza un motivo. Gli uomini e le donne che abitano questi racconti sono contemporaneamente vittime e colpevoli per quello che succede, non è quasi mai possibile tracciare linee nette di divisione, sono uomini e donne sostanzialmente egoisti, che non vogliono o non riescono ad interessarsi all'altro perché nessuno si sforza veramente di capire, ma si limita a semplificare le situazioni per poter tornare a concentrarsi sui propri bisogni. Nessuna possibilità di conciliazione o di incontro perché le persone parlano lingue diverse.
Le storie che Folco, novello Yeats, racconta fanno tanto più male perché sono vere, perché sono le storie che costruiscono la nostra quotidianità e nessuno può chiamarsi fuori.

Esclusi i presenti, s'intende.