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sabato 10 agosto 2024

Orhan Pamuk – Il museo dell'innocenza

 


Orhan Pamuk – Il museo dell'innocenza
(trad. Barbara La Rosa Salim)
Einaudi 2009, I ed. 2008


Psicopatologia dell'ossessione amorosa.

Lettura interessante, anche se alla fine si ha l'impressione che quello che c'era da dire sull'argomento l'abbia detto una scrittrice vissuta molti anni prima e pochi chilometri più a sud di Pamuk.

A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.

E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.

domenica 7 luglio 2024

Orhan Pamuk – Il mio nome è rosso

 


Orhan Pamuk – Il mio nome è rosso
( Şemsa Gezgin, Marta Bertolini)
Einaudi editore, 2005, I ed. 1998

È del grande scrittore la capacità di interrogarsi su temi diversi e rappresentare punti di vista anche divergenti riuscendo a seguire tutti i fili della trama senza seguire la scorciatoia di semplificazioni forzate. In questo romanzo Pamuk lo fa fondendo l'aspetto classico dei temi trattati con un racconto polifonico, moderno (postmoderno) nello stile, una scrittura che si rivolge direttamente al lettore chiamandolo ad entrare nella storia.
Al centro della narrazione ci sono un omicidio e una storia d'amore, ma questo è solo il livello più superficiale del testo, perché quello che l'autore vuole proporci è una riflessione sull'arte, il suo scopo, i modi di concepirla e il ruolo dell'artista. Da qui, arrivare al dualismo Oriente/Occidente, tradizione/innovazione, il passo è breve e Pamuk sembra suggerire, pur senza dirlo apertamente, un futuro dove i due mondi possano comunicare e "contaminare" i rispettivi punti di vista per creare qualcosa di nuovo.

sabato 6 gennaio 2024

Il libro nero – Orhan Pamuk

 

Il libro nero – Orhan Pamuk
(trad. Şemsa Gezgin)
Einaudi editore 2007 – I ed. 1990


"Tutto sommato non c'è niente di sorprendente come la vita. Tranne lo scrivere.
Lo scrivere. Sì, certo, tranne lo scrivere, l'unica consolazione che abbiamo."

La trama è un pretesto, come si dice in questi casi. Il libro nero (ma meglio sarebbe dire "oscuro") è la storia di Galip che indaga prima sulla scomparsa della moglie Rüya e poi anche su quella di Celâl, il fratellastro di lei, vagando come un sonnambulo per una Istanbul misteriosa, sospesa in una nebbia che mescola presente e passato. La trama è, appunto, il pretesto utilizzato da Pamuk per imbastire una serie di travolgenti riflessioni che partono dal mistero dell'esistenza per allargarsi al tema dell'identità in un gioco borgesiano che ingloba, tra l'altro, il doppio (a iniziare dalla città stessa, che vive nell'Est guardando all'Ovest), in un gioco di specchi nel quale il protagonista, e noi con lui, si perde e si ritrova cambiato.
L'identità, un gigante dai piedi d'argilla che si sgretola non appena si gratta sotto la superficie e ci precipita in un abisso senza fondo. L'identità che non è quello che sembra, ma qualcosa di inafferrabile e in continua trasformazione, sospesa tra sogno e realtà, ricordo e presente, letteratura e vita vera. Lo sa bene Galip, che investigando su Rüya e Celâl finisce risucchiato all'interno del gioco, riuscendo a perdersi un po' di più ogni volta che crede di fare un passo nella direzione della verità per scoprire che il mistero, non la luce è il centro del mondo.
L'unico modo di essere se stesso è diventare un altro o perdersi nei racconti di un altro; e ognuno dei racconti che voglio raccogliere nel libro nero me ne ricorda un terzo e un quarto, esattamente come le nostre storie d'amore e i giardini dei ricordi che danno l'uno nell'altro.



 

sabato 30 gennaio 2021

Aspettando la paura – Oğuz Atay

  


Unica opera tradotta in italiano (in attesa della pubblicazione di quel libro enorme che è Tutunamanlar) di un gigante della letteratura turca, capace di traghettare in un colpo solo le lettere ottomane verso il moderno e il postmoderno, Aspettando la paura non è una lettura semplice per via dei continui cambi di registro stilistici e per l'abilità dell'autore di giocare con le parole e con i pensieri dei personaggi.
Si tratta di una raccolta di racconti in pezzo scritti tra il 1972 e il 1973 e in parte successivi al 1974, piuttosto eterogenei per gli argomenti trattati ma caratterizzati da alcuni temi "forti" come la paura e la solitudine.
Paura non tanto di un pericolo concreto ma piuttosto di qualcosa che potrebbe accadere (simile al kavafisiano Aspettando i barbari), un'attesa che logora e mette alla prova la tenuta psicologica di personaggi che spesso sono soli, faticano a costruire contatti umani e si rifugiano nei loro pensieri risultando quasi dei folli perché diversi, non organici, sempre in bilico sul filo del surreale, del tragico e del grottesco.
Atmosfere che ricordano Kafka ma anche Camus, per la sensazione di straniamento che permea le pagine del libro e per il vuoto nel quale si muovono i protagonisti dei racconti, personaggi in cerca di un'identità, che faticano a capire quello che succede intorno a loro, che creano il tempo "attaccando l'una all'atra le parole".

"Collocavo le cose sullo stesso livello delle persone," – dice uno dei personaggi del racconto che da il titolo alla raccolta – "e tra quelle due entità e me stavano problemi che io soltanto conoscevo, difficili a conferirsi agli altri."

E ancora: "Tenevo celato me a me stesso; non assumevo alcun atteggiamento di mia spontanea iniziativa, non arrivando a collocarmi in una posizione."