Libriccino che ha il pregio di offrire spunti e aneddoti agli amanti di San Pietroburgo. Un quaderno di appunti di viaggio, brevi impressioni su scrittori, pittori, musicisti e artisti che hanno animato gli ambienti culturali della Palmira del Nord nel secolo scorso. Non certo un’opera esaustiva, tutt’altro, anzi spesso si rimane con la voglia di saperne di più, come quando qualcuno cambia canale alla televisione sul più bello, ma un’opera che forse riesce nel suo intento, quello di suggerire percorsi e suscitare curiosità nel lettore. Tutto sommato un libro da leggere, almeno per quelli come me, legati a doppio filo con Piter.
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sabato 9 dicembre 2017
sabato 22 ottobre 2016
Tommi Wieringa – Questi sono i nomi
Homo hominis lupus/homo hominis deus
Un Wieringa sorprendente,
lontano anni luce dai fuochi d’artificio di Joe
Speedboat, confeziona qui un gran un romanzo partendo da un tema di triste
attualità, quello dei migranti. In Questi
sono i nomi due sono le storie che si alternano fino ad incontrarsi e poi
diventare una sola: le traversie di un gruppo di disperati che tentano
(credono) di fuggire da un non precisato paese dell’Asia seguendo il miraggio
di un vita migliore e la storia di Pontus Berg, commissario di polizia in un
posto di frontiera, anche lui alla ricerca di qualcosa: la sua identità, capire
chi è.
Interessante e
originale è il parallelismo tra le peripezie dei migranti e quelle degli ebrei
in fuga dall’Egitto, come a dirci che non c’è nulla di nuovo sotto il sole e
che i problemi dell’uomo che scappa dall’uomo continuano ad essere gli stessi.
Interessante è anche come Wieringa concentri l’attenzione sul fatto che i vari
personaggi del racconto, al di là dei bisogni materiali, sentono forte la
necessità di credere in qualcosa, di affidare a qualcuno (che sia una divinità
o un portafortuna) il ruolo di guida per le loro vite. Interessanti sono poi le
riflessioni sulle dinamiche comportamentali del gruppo, su come le difficoltà e
l’influenza dell’ambiente ostile facciano regredire l’uomo a livelli subumani,
quasi a ricordarci che i comportamenti animali sono una parte di noi che non
vogliamo vedere e che fatichiamo a tenere a freno, le stesse dinamiche che,
mutatis mutandis, ritroviamo anche nella descrizione delle società delle
repubbliche asiatiche post-sovietiche, dove domina la legge del più forte ed
imperano ingiustizia e clientelismo.
Questi sono i nomi è un libro sull’uomo, sulle sue domande che non trovano risposte e
sulla partita a scacchi che gioca con la vita, scopo della quale, per dirla con
le parole del rabbino Eder, “ sarebbe
condurre l’avversario in una selva oscura, quella in cui due più due fa cinque,
e il sentiero per uscirne è abbastanza largo solo per uno dei due”.
sabato 3 ottobre 2015
Cees Nooteboom – Rituali
Di rami e di foglie
Un Nooteboom in stato di grazia. Con una scrittura semplice e precisa e uno stile sobrio e attento agli eccessi, ci racconta la storia di Inni Wintrop, un dilettante della vita, uomo senza ambizioni che si definisce un'assenza, un buco. Un uomo che ha scelto il matrimonio come antidoto al caos dell'esistenza ma che poi non fa niente per mantenerlo in piedi. Ne consegue l'abbandono da parte della moglie a cui reagisce dapprima con un tentato suicidio e poi con un sorprendente ritorno alle attività quotidiane (rappresentato da una speculazione in borsa). Sì perché Inni è uno che pur non trovandosi a proprio agio nella navigazione del mondo, si lascia portare dalla corrente, senza fare troppa resistenza e godendosi il panorama che scorre davanti ai suoi occhi. Un tipo che considera il tempo come una massa amorfa con cui fatica a confrontarsi e guarda con sospetto all'eccesso di ordine, ritenendo che una giusta dose di confusione sia necessaria.
Fanno da contraltare al protagonista i due Taads, padre e figlio, simili tra loro nell'opporsi al mondo ma diversi nella scelta della strada da percorrere. Quasi bernhardiano il primo, ripiegato su se stesso e chiuso nella sua misantropia, convinto che una rigida disciplina fatta di uno stretto rispetto dell'ordine spaziale e temporale possa in qualche modo difenderlo dal resto dell'universo, artefice e contemporaneamente schiavo di un rituale filosofico-religioso orientaleggiante il secondo, altrettanto folle nella sua aspirazione a vivere un'esistenza di sola introspezione.
E sullo sfondo il mondo. La vita che scorre come un fiume da monte a valle, senza un significato evidente, indifferente alla sorte delle esistenze che trascina nella sua corsa. Inutile opporsi alla corrente, i Taads (che ci provano) sono come quei ramoscelli che si vanno ad incastrare contro le rocce che affiorano in mezzo a un ruscello e lì finiscono la loro corsa, quasi che rifiutassero di percorrere fino in fondo il cammino stabilito. Meglio, molto meglio, fare come Inni, sembra dirci un po' beffardamente Nooteboom, mettendosi comodi e lasciandosi portare come foglie in balia delle acque, cercando di godere di quello che la vita offre, prendendo le cose per quello che sono e contentandosi di conoscere quel poco che ci è dato di conoscere.
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sabato 1 agosto 2015
Tommy Wieringa – Joe Speedboat
In
mezzo a fenomeni che costruiscono e decostruiscono il romanzo,
post-moderni e realisti, minimalisti e realvisceralisti,
strutturalisti e stilnovisti... ogni tanto c'è bisogno di una pausa:
ogni tanto c'è bisogno anche dei Tommy Wieringa.
Una
prosa “scoppiettante”, una penna che corre veloce, leggera, senza
orpelli (sembra quasi di trovarsi in un romanzo nordamericano),
Wieringa parla la lingua semplice e diretta degli adolescenti,
secondo la lezione di Salinger declinata in una delle mille
variazioni.
Un
romanzo di formazione che racconta il mondo, la vita vista attraverso
gli occhi di un ragazzino, la carica di energia e di idee di un
adolescente costretto su una sedia a rotelle da uno spaventoso
incidente, fatto che rende più forte, più carico di tensione, il
suo tentativo di spiccare il volo.
Un
romanzo “a colori”, la storia di una scombinata combriccola di
ragazzini raccolti attorno a Joe Speedboat, il protagonista che vive
nel presente e in eterno movimento, sempre alla ricerca di un
altrove, di un'identità, della libertà
“...niente
mi sembrava più impossibile al cospetto di quella grande anima
serena, […] Intendo dire, aveva solo quindici anni, allora, e
davanti a sé un intero mondo di idee potenzialmente dirompenti, da
realizzare con l'imperturbabilità di un riparatore di biciclette.
Non
era tanto un ragazzo fuori dal comune, era una forza che si liberava.
Sentivi il brivido dell'avventura, intorno a lui – c'era energia
che prendeva forma nelle sue mani. […] Non avevo mai conosciuto
nessuno per cui il passaggio dall'idea alla realizzazione fosse così
ovvio, nessuno così poco condizionato dalla paura e dalle
convenzioni. Osava pensare l'impossibile, senza accorgersi del
rifiuto che non mancava di provocare alle sue spalle. Perché a molti
Joe non piaceva, c'erano troppe cose incomprensibili in lui. La
maggior parte elle persone è mediocre, in alcuni casi addirittura
meschina, ma sono tutte molto sensibili alla più alta concentrazione
di energia e di talento che si riscontra in chi è superiore alla
media. Se non possono avere ciò che ti illumina, non puoi averlo
neanche tu. Non hanno nessun talento per l'ammirazione, solo per la
sudditanza e l'invidia. Sono ladri di luce.”
Una
compagnia di giro fatta di figure indimenticabili: Fransje Hermans,
Frans “il braccio”, il ragazzino paraplegico di cui abbiamo già
detto, voce narrante e campione di braccio di ferro, Christof
Maandag, l'ansioso e indeciso rampollo di una ricca famiglia del
posto proprietaria dell'Asfalti Betlemme, Engel Eleved, angelo di
nome e di fatto, PJ Eilander, “la puttana del secolo”, esotica
afrikaaner completamente priva di coscienza. E poi ancora: la taccola
Mercoledì, Regina e India Ratzinger, rispettivamente mamma e sorella
di Joe, e l'egiziano, secondo marito di Regina e poi mille altri
ancora.
Un
caleidoscopio che ruota vorticosamente, un circo di personaggi che
nella cittadina di Lomark da luogo a una serie di strampalate
avventure, dalla costruzione da parte dei ragazzi di un aereo alla
fuga in barca dell'egiziano, dalla carriera di campione di braccio di
ferro di Fran alla Parigi-Dakar in escavatore di Joe. L'aereo, la
barca l'escavatore...simboli, tanti simboli che incarnano la speranza
associata alla volontà, il tentativo adolescenziale di dare realtà
al sogno.
Se
posso evidenziare un paio di pecche nel romanzo, direi che la prima è
che con il progredire della trama Wieringa da l'impressione di
faticare un po' a seguire tutti i protagonisti, per cui sceglie di
concentrare l'attenzione solo sui principali per recuperare gli altri
nel corso della storia, mentre la seconda è relativa al fatto che il
passaggio generazionale dei ragazzi non mi sembra particolarmente
approfondito come forse avrebbe meritato: Joe, soprattutto, è un
personaggio che non “evolve”, probabilmente è una scelta voluta
(“come avrebbe potuto diventare qualcosa, lui che era già
qualcosa: era Joe, un prodotto finito, perfetto, della sua stessa
immaginazione”), ma l'impressione che ho avuto è stata quella
di uno sviluppo della trama non perfettamente omogeneo.
domenica 4 gennaio 2015
Gerbrand Bakker – C'è silenzio lassù
Romanzo d'esordio, nel quale Bakker sceglie la narrazione in prima persona per raccontarci la storia di Helmer, contadino olandese che ha sacrificato sogni ed ambizioni per sottostare ai voleri di un padre-padrone del quale ora attende la morte per sentirsi finalmente sciolto dal vincolo dell'obbedienza.
L'autore cerca di descriverci il protagonista nella maniera più verosimile possibile (magari "schiacciando" un po' troppo il racconto su di lui e non sviluppando pienamente gli altri personaggi), rifuggendo la scorciatoia del buonismo, senza doverlo rendere per forza simpatico. Helmer ci viene descritto a un punto della vita in cui è necessario cominciare a fare dei bilanci e frugando nelle tasche trova solo sabbia. Ha sempre abbassato la testa, accettando che il padre decidesse per lui senza provare a far valere il suo punto di vista. Se poi lo aveva un punto di vista.
La sua figura sembra quella di un ignavo, uno per cui questo o quello è indifferente, che preferisce accettare piuttosto che discutere. Ha un rapporto conflittuale con il padre, che tratta male per l'indifferenza e l'anaffettività con cui è stato ripagato negli anni passati, ma nello stesso tempo lo compatisce. Il cambiamento sembra sempre rimandato, allo stato potenziale, immaginato ma mai realizzato completamente per colpa di qualche curva del destino che interviene a mutare il corso delle cose e che il protagonista si limita ad assecondare senza opporsi. I sogni e i desideri non sono sconosciuti ad Helmer, ma sembrano sentimenti tiepidi, come se le brume del Nord li filtrassero, impedendo alla passione di esplodere.
Un romanzo di piccole cose, di sentimenti trattenuti, di occasioni perse, di rimpianti, di cambiamenti minimi, di decisioni lente, di sogni interrotti e di sogni che riaffiorano, fiammelle che si accendono e bruciano per poco tempo.
Bakker sceglie una prosa lenta, senza strappi, che scorre piana, proponendosi volutamente di non graffiare troppo la superficie. Una scelta meditata, che restituisce al meglio lo "spazio" che vuole raccontare, intendendo con ciò sia l'ambiente, il paesaggio, che fa da sfondo alla storia, la distesa aperta della campagna olandese, sia lo spazio interiore della voce narrante, fatto di pause, silenzi, pensieri.
P.S.: nella lettura del libro mi è sfuggita completamente la similitudine con McCarthy cui fa riferimento l'Editore nel commento.
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