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sabato 3 agosto 2019

Michail Nikolaevič Kuraev – Storie senza morale



Kuraev è uno di quegli autori che sembrano voler passare inosservati, che scrivono in punta di penna dando l'impressione di non voler mai affondare il colpo e pure, nonostante il tono lieve e lo stile semplice, risultano estremamente efficaci e raffinati.
Il suo è un punto di vista non banale sull'Unione Sovietica del secondo Novecento e quello che ci propone in questo libro è un dittico di racconti che dicono molto su quell'epoca.
Il primo (Zolotucha, detto 'fiato corto') è del 1997 e narra la storia di un ragazzino sullo sfondo dell' 'affare' di Leningrado degli anni '50. Come Pëtr Popkov, uno dei politici più influenti dell'epoca, cerca vanamente di difendere un gruppo di esponenti del partito locali dei quali i vertici moscoviti temono la scalata ai vertici dello Stato, così il piccolo semi-orfano, malaticcio, solitario Zolotucha si carica di una colpa non sua, altrettanto vanamente convinto di poter riscattare con tale gesto la sua esistenza sfortunata ed acquisire benemerenze agli occhi di compagni e professori. Ma per l'adolescente innocente che crede di vivere nel migliore dei mondi possibili il risveglio dal mondo dei sogni non potrà essere più traumatico e da un piccolo gesto compiuto in buona fede vedrà rovinata la sua intera esistenza.
Kuraev trasforma una storia minima in un apologo sulla logica perversa del regime sovietico di quegli anni, un sistema costruito su regole ferree che non ammetteva deroghe di sorta alla linea stabilita e che si trattasse di episodi strategici o goliardate di bambini non faceva alcuna differenza. Il singolo doveva confondersi e annullarsi nella massa, l'individualità non era consentita e per i gesti eroici, piccoli o grandi che fossero, non esisteva spazio, anzi l'eroe rappresentava una minaccia all'ordine costituito.

Fateci provare la nostra maturità!... è un racconto del 2000 nel quale i protagonisti sono degli studenti dell'Istituto teatrale di Leningrado. Qui il tema è l'ideologia e i rischi che possono derivare dalla deviazioni dalla strada maestra ed è affrontato con un registro ironico che tende a sfociare quasi nel surreale soprattutto nell'originale finale del testo, quando l'autore ci mostra come Doglatov, il protagonista, dopo essere stato miracolosamente salvato dall'espulsione dal corso degli studi inizia a lavorare per il teatro, entra nei quadri del partito ma poi, inspiegabilmente, commette un furto che gli costa una condanna. Non esiste un motivo che possa spiegare il suo comportamento, si affretta a dire Kuraev disorientando il lettore quasi con uno sberleffo gogoliano, si tratta di un fatto che non ha rapporto con il resto della storia, semplicemente non è detto che alla fine i conti debbano sempre tornare ("E se il benevolo lettore si aspetta comunque una morale dall'autore, allora sono obbligato a confessare la mia impotenza, che mi costringe a lasciare il lettore da solo con la storia com'è successa, e confessare che una morale in questa storia non c'è. E il bello sta proprio qui!")


sabato 13 luglio 2019

Michail Nikolaevič Kuraev – Ronda di notte


Il buio delle notti bianche
È possibile per un ex-funzionario della polizia politica sovietica provare nostalgia per i 'bei tempi andati', intendendo con questo termine quelli del terrore staliniano? Sì, è possibile, e Ronda di notte ne è la dimostrazione. Se la cosa può urtare la suscettibilità del lettore, sappiate che il vostro fastidio sarà ancora maggiore quando scoprirete che in questo libro la narrazione dei ricordi del compagno Polubolotov si sviluppa con un registro leggero, a tratti addirittura lirico ed intriso da un'ironia sottile, come se il protagonista non avesse consapevolezza delle azioni commesse.
Quello di Kuraev è un romanzo breve, che propone un punto di vista originale e provocatorio (fin troppo provocatorio…) per raccontare il buio dell'epoca sovietica attraverso l'esistenza di un piccolo uomo senza morale. Sullo sfondo delle notti bianche leningradesi di dostoevskijana memoria, vanno in scena i ricordi del protagonista del libro che per giustificare i suoi comportamenti passati usa parole che ricalcano alla lettera quelle di qualche ex-gerarca nazista: "Questo dovevamo fare, fonderci con la nostra epoca, e questo ho fatto." E ancora: "Si dice adesso che qualcuno abbia sbagliato, posso ammetterlo, anche se personalmente non lo credo, ma che tutto il popolo abbia sbagliato, abbi pazienza!.... Un'opinione del genere nessuno potrebbe condividerla, neppure oggi."
Polubolotov era semplicemente un soldato che obbediva agli ordini, e questo gli sembra sufficiente per togliersi ogni peso dalla coscienza. Vaso di coccio tra vasi di ferro, che grazie ad un comportamento accorto ha saputo attraversare indenne la tempesta ("ho sempre avuto l'abitudine di tenere la bocca chiusa, ed è per questo che sono arrivato sin qui sano e salvo, come vedi. Non mi lamento; attraverso i vetri limpidi delle finestre osservo la città spazzata dai venti primaverili, mi sono riturato dal servizio, con medaglia e pensione… non di mia spontanea volontà, certo, però mi è sempre andata meglio che a Pil'din…").
Ccome detto Ronda di notte è un libro pervaso un'ironia sottile e da uno humor nero che a tratti riecheggiano Gogol' e anche il Vojnovic di Propaganda monumentale, ma che nonostante l'apparenza non si arrende all'inevitabilità del male: "…Ho notato che durante le notti bianche tutto il disordine della vita sembra scomparire, – dice Polubolotov – non viene a galla, si nasconde, diventa invisibile, e la pace scende sugli uomini e sulla natura… In una notte bianca persino la pioggia, il vento impetuoso e i cicloni sono rarissimi." Torniamo dunque alla bellezza che salverà il mondo? Forse, o magari la risposta che Kuraev cerca è ancora più nel profondo, nelle radici dell'anima russa, nelle ricerca di una 'pulizia interiore' alla quale sembra alludere anche l'usignolo, simbolo che ritorna spesso nelle pagine nel libro ed al quale è affidato il compito di risvegliare le coscienze.
"Perché mi piace fare il turno alla vigilia delle feste? In occasione delle feste, dopo l’inverno, si lavano tutte le vetrate, sia qui in fabbrica sia alla direzione. E le tende, non so se lo hai mai notato, non vengono rimesse a posto subito. Probabilmente le mandano in lavanderia. Fatto sta che per tre o quattro giorni le vetrate appena pulite rimangono senza tende. Non c’è nulla di più bello di una finestra ben lavata! È come se quello spazio immacolato e trasparente non si aprisse nella parete, ma dentro la tua anima! Attraverso un vetro limpido anche la vita all’esterno sembra splendere piena di gioia.
Eh sì, tu sei libero di pensarla come buoi, ma secondo me nelle notti di Leningrado c’è qualcosa di unico ed eccezionale, una specie di sogno che si spande sulla città... Il silenzio. L’impressione che non vi sia nulla di malvagio né di fosco, che il futuro sia ancora tutto da giocare, e la vita stia appena cominciando. Guarda le nuvole, leggere come carta, che si stendono sulla terra simili a fogli bianchi; siediti e scrivi la tua vita in bella copia... La notte bianca ci è offerta per meditare su ciò che stiamo facendo, su dove stiamo andando...".