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domenica 23 giugno 2013


Stranamente, la notte nella città, la notte domestica, la notte oscura;
la notte che sovrasta il mondo; la notte che si dorme, e che si sogna, e che si muore; la notte      che si guarda,
non ha nulla a che vedere con la notte.
Perché la notte solo si dà nella realtà vera, e non tutti la percepiscono.
È un bagliore provvidenziale che ti scuote, e che, nell'istante preciso, ti mostra uno spazio di mondo:
uno spazio, uno solo;
per abitare, per stare, per morire - lo spazio stesso del tuo corpo.

[Jaime Saenz: "Percorrere questa distanza"]

sabato 8 ottobre 2011

La notte

Poi la notte ti verrà in aiuto
- e solo allora, alla luce di terrificanti esperienze appena vissute,
ti saranno rivelate molte cose semplici, e al tempo stesso difficili.
Perché se non c'è rischio, se non c'è pericolo, se non c'è dolore e follia,
non c'è nulla.
Il giorno è per respirare, per salutare, per spostare mobili e cambiare di posto ad alcune cose;
il giorno è di uffici, di alterchi e discussioni e di gente buona e ottimista,
e di piccoli odii e di gare di velocità, per vedere chi arriva primo.
Il giorno è la superficie del mondo.
La notte no.
La notte è la notte.
La notte, nelle profondità, ha immaginato una beffa greve - perché la notte scrive
per cercare e trovare.
La notte propizia per perdersi e scomparire, per rinascere e morire, in oscurità che ti parlano e ti additano.
Per questo la luce della notte è una luce a parte: molte cose, molto strane,
s'illuminano alla luce della notte
- le cose ritornano a essere come sono, e noi stessi possiamo essere quello che siamo.


[Jaime Saenz: "Percorrere questa distanza"]

mercoledì 9 settembre 2009

II. Il Guardiano

[...]
Di notte, nel corso degli anni, si rimane ore e ore, a pensare a molte cose.
Ma in realtà, non si rimane a pensare a molte cose; la verità è che si rimane e nulla più.
Completamente immobili, guardando il vuoto. E - perchè non dirlo? - si diventa tristi, miserevolmente tristi.
E ciò che fa più tristezza, è se stessi - lo stare lì.
Senza sapere che fare. Senza sapere nulla di nulla.
E di colpo accade un miracolo:
quando meno te l'aspetti, inizia a piovere, e un lampo ti abbaglia - un sentimento di invulnerabilità ti avvolge,
con la pioggia.
E se ti prende la voglia di scrivere un poema evocatore, di certo non lo scrivi;
preferisci ascoltare la pioggia.
Perchè una voce interiore ti rivela che quel poema evocatore si trova nella tua tasca.
Ed è una cosa che non ti fa il minimo stupore, abituato come sei ai prodigi:
infatti, il poema ce l'hai in tasca; e lo tiri fuori, e lo guardi, e lo leggi.
E all'improvviso ti chiedi chi ne sarà stato l'autore,
come se non sapessi che non è ancora nato.



[Jaime Saenz: "Percorrere questa distanza"]