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domenica 19 gennaio 2025

Il ponte sulla Drina– Ivo Andrić

 


Il ponte sulla Drina– Ivo Andrić
(trad. Bruno Meriggi)
Mondadori editore (I ed. 1945)

"La vita è un miracolo impenetrabile, perché si consuma e si disfà incessantemente, eppure dura e sta salda come il ponte sulla Drina."

Lo stile di Andrić è quello che ritroviamo in Kiš e in Pavić: il respiro delle terre slave, l'incrocio di culture e religioni diverse, storie che sembrano rubate dalle Mille e una notte, un calamo di reale e fantastico nel quale hanno intinto la penna scrittori di talento.
Un viaggio lungo quattrocento anni lungo la frontiera che divide l'Est dall'Ovest; il ponte di Višegrad come metafora di una linea che unisce storia e epica, Oriente e occidente, favolistica e romanzo, vecchi e giovani, mutamento e tradizione. Perché il ponte unisce, non divide. E resiste – sempre uguale a se stesso – al passare del tempo, mentre la vita scorre sotto le sue arcate come le acque del fiume Drina, a volte impetuosa, a volte lenta.
La grande capacità affabulatoria dell'autore si esprime non solo attraverso le decine di racconti di esistenze diverse che intreccia mescolando storia e leggenda con penna sicura, ma anche nel ritmo che riesce ad imprimere alla narrazione dimostrando di saper leggere perfettamente la storia. Fino agli eventi della seconda metà dell'Ottocento, infatti, il romanzo si caratterizza per una scrittura ampia, raccontando i momenti di conflitto e di sostegno reciproco tra le comunità turche, ebraiche e cristiane di Višegrad; è un equilibrio che sembra quasi cristallizzato, almeno fino al 1878, quando l'occupazione austriaca mette in moto il motore della storia. Fino ad allora i mutamenti erano stati soli politici ma dall'ultimo quarto del XIX secolo diventano anche sociali e si crea una linea di frattura destinata ad allargarsi sempre più. Se all'inizio il conflitto tra nuovo ed antico trova un equilibrio, con la vita esteriore che procede secondo i dettami del progresso e quella interiore che lavora nel silenzio, le nuove idee acquisteranno spazio sempre più rapidamente, precipitando la storia lungo un piano inclinato che culmina nel 1914, anno spartiacque tra due epoche.
Con un ritmo che diventa stringente, Andrić interpreta in maniera splendida la velocità del cambiamento, identificando nella ferrovia prima e nella stampa poi i principali vettori del nuovo che avanza e nella generazione dei "giovani ribelli" il protagonista della nuova era. Sono ragazzi istruiti, che portano le idee di libertà e dignità dell'individuo in un ambiente che era vissuto per centinaia d'anni all'interno di una bolla. La parola come succedaneo dell'azione, l'idea come succedaneo della realtà: è una generazione ricca di illusioni e che vuole cambiare il mondo, ma si sa che di buone intenzioni… L'accelerazione impressa agli avvenimenti si rivelerà un Moloch ingovernabile, principi, valori e punti di riferimento che vigevano da secoli saranno rimpiazzati da disordine e confusione, che culmineranno con la tragica caccia al serbo.
"nella vita non c'è niente di risolto, niente si risolve, né esiste la possibilità di soluzioni complete, ma tutto è difficile e ingarbugliato."

domenica 24 aprile 2022

Dolori precoci – Danilo Kiš



Libro che apre la cosiddetta "trilogia dell'infanzia" e definito dallo stesso autore come "schizzi di un block notes, naturalmente a colori", Dolori precoci proietta una luce lirica sul passato, trasformando in bozzetti delicati e malinconici i ricordi di un mondo trascorso e sepolto dagli anni.
Momenti della giovinezza, ma anche gesti, colori, sapori… che per qualche motivo sono rimasti impigliati nella rete della memoria e ora si fanno metafora e diventano musica.
Dolori precoci è un libro che parla dello stupore del bambino al cospetto della prepotente bellezza della Natura e insieme della sua caducità. Un libro sulla vita e sull'infanzia perduta, un'epoca in cui tutto è ancora possibile, un interregno nel quale la realtà confina con la fantasia e i due territori si mescolano.




sabato 20 marzo 2021

Clessidra – Danilo Kiš

 


«Clessidra rappresenta il mio tentativo di liberarmi dalla fatale prima persona singolare e di parlare di cose e di eventi attraverso l'oggettivazione della realtà. Il tentativo di superare la lirica con l'epica. Gli eventi in Clessidra iniziano, come nella creazione del mondo, da tenebre bibliche, e l'intero romanzo è, in effetti, una sorta di parabola della creazione. E in fondo è anche il tentativo di rappresentare, attraverso un unico frammento, un'unica testimonianza, ciò che si potrebbe chiamare la condizione umana»

Così si legge in Homo poeticus, una dichiarazione di intenti niente male con la quale Kiš pone subito un'asticella ben alta per un romanzo che partendo da certi stilemi vicini al Nouveau roman si propone di costruire qualcosa di simile a un'opera-mondo per il più difficile dei suoi libri che chiude la trilogia "della memoria" iniziata con Dolori precoci e proseguita con Giardino, cenere.
Clessidra è un libro che meriterebbe almeno un paio di letture o almeno l'ausilio del riassunto che ne fa Scaruffi (https://scaruffi.com/writers/kis.html), tanto la trama risulta complicata da ricostruire. La storia di Eduard Sam, E.S., l'alter ego del padre dell'autore è narrata attraverso episodi della sua vita, pezzi di interrogatori, sogni, riflessioni, brani del "diario di un pazzo", scene di viaggio ed una lettera, il tutto saltando avanti e indietro sulla scala del tempo disorientando non poco il lettore.
Si deve resistere, perché il romanzo merita tutta l'attenzione che richiede. Si deve resistere perché è lo stesso Kiš, sempre il Homo Poeticus, a invogliarci a tener desta l'attenzione e proseguire nella lettura:

«Personalmente preferisco che il mio romanzo, Clessidra, venga letto da un centinaio di veri lettori piuttosto che da alcune migliaia di persone alle quali è piaciuto lo sceneggiato televisivo e che, giocando a carte, sorseggiando un caffè e chiacchierando, davanti a un bicchiere o a un piatto, sono costrette a vedere i mio lavoro sullo schermo, mentre preferirebbero guardarsi uno spaghetti-western o uno dei cosiddetti serial "umoristici", per riposarsi e svagarsi, come si suol dire…»

Un libro di frammenti, una storia che si fa durante il percorso, una narrazione che procede cambiando in continuazione la messa a fuoco, avvicinando e allontanando la cinepresa, con particolari minimi che improvvisamente diventano protagonisti e poi, altrettanto rapidamente, sfumano rendendo difficile la comprensione dell'immagine.
I fili che Kiš muove sono difficili da seguire, creano collegamenti sotterranei e imprevedibili tra gli oggetti e le persone, si fanno e disfano in continuazione tessendo uno strano legame tra causalità e casualità, ma sono perfettamente funzionali a rappresentare non solo l'idea di romanzo dell'autore ma anche la sua idea di mondo. Attraverso Eduard Sam, Kiš ci parla dell'uomo, della complessità dell'esistenza, delle sfaccettature dell'anima e delle difficoltà della vita che possono essere rappresentate solo attraverso frammenti, evitando le scorciatoie di una sintesi semplicistica quanto fallace perché i frammenti della vita di Eduard Sam sono i pezzi di una personalità complessa e contradditoria, che è quella del protagonista ma anche la nostra.

Links
https://culturificio.org/frammenti-disomogenei-su-clessidra-di-danilo-kis/

domenica 28 febbraio 2021

Dizionario dei Chazari - Milorad Pavić


La verità nessun uomo la conosce, né mai potrà conoscere le cose che io dico a parole sugli dei e sul tutto. La parola può forse avvicinarsi alla realtà, ma non conoscerla: il massimo traguardo è l'opinione.
[Senofane]

Libro definito il primo romanzo del XXI secolo, il Dizionario dei Chazari è l'opera immensa di un autore, almeno da noi, misconosciuto. Pavić costruisce intorno a pochi e incerti dati storici una sorprendente opera di fantasia che mescola romanzo, dizionario, saggio, agiografia e che nasconde sotto allegoria una riflessione sul popolo serbo. Le tre parti che la compongono, libro rosso, verde e giallo, rappresentano i rispettivi punti di vista cristiano, islamico ed ebraico sull'adesione dei chazari alla loro religione (anche se in realtà non sapremo mai a quale delle tre fedi si convertirono). Si tratta di tre parti autonome, scritte come voci di un'enciclopedia (che - tra l'altro - rappresentava il libro ideale di un altro grande slavo, Danilo Kiš) e che possono essere lette in mille modi diversi secondo un procedimento caro a Cortázar.
Sin dalle note introduttive l'autore provoca il lettore richiamandolo a un ruolo attivo, perché quello che ha davanti è un libro "aperto", «e quando lo si chiude si può continuare a scriverlo», un libro pericoloso, nel quale perdersi, dove tutto è metafora di qualcos'altro, un libro prezioso perché fatto della stessa materia dei sogni e «il sogno è il giardino del diavolo e tutti i sogni del mondo sono già stati sognati molto tempo fa. Oggi essi vengono offerti in cambio di una realtà logora e consunta, e come le monete di metallo che vengono scambiate con le lettere di credito, e viceversa, passano da una mano all'altra…»
Sì signori, qui si entra in un labirinto borgesiano di specchi, con i sogni che riflettono, amplificano e distorcono la realtà. Qui si entra in un mondo di "doppi", che mescola tradizione, leggenda, religione, superstizione ed esoterismo, un mondo nel quale il falso storico diventa vero nella finzione letteraria e personaggi inventati si muovono fianco a fianco con altri realmente esistiti ma che non hanno mai detto o fatto quello che Pavić racconta. Vero e falso che vanno a braccetto, come nella vita e come (soprattutto) nella letteratura perché il Dizionario dei Chazari è grande letteratura, un piacere intellettuale, un dialogo tra scrittore e lettore nel quale il sogno dello scrittore diventa la realtà del lettore, proprio come succede a due dei personaggi del libro.
Un raffinatissimo libro-mondo che contiene dentro un po' di tutto: dal rapporto scrittore/lettore alle riflessioni sul tempo e sulla memoria, al rapporto verità/menzogna con la conclusione di come gli sforzi dell'uomo di approdare alla conquista della verità siano destinati al fallimento perché non esiste una verità ultima, definitiva, né sulla conversione dei Chazari né su tutto il resto e ci si dovrà sempre accontentare di verità parziali, punti di vista.
Un libro enorme, che lascia un'unica certezza, quella che «il lettore che torna dall'alto mare dei suoi sentimenti non è più quello che poco prima in alto mare si era avviato».

Il kagan […] paragonò il lavoro sterile dei cacciatori di sogni al topo magro di quel racconto greco che entrò facilmente attraverso un buco nel granaio, ma dopo aver mangiato non riusciva a tornare indietro per lo stomaco troppo pieno: «Non puoi uscire sazio dal granaio, ma soltanto affamato, come vi sei entrato. Così anche un mangiatore di sogni, affamato, passa con facilità nella fessura sottile tra sogno e realtà, ma dopo avervi cacciato la preda e raccolto la frutta, sazio di sogni, non può più tornare, perché ne puoi uscire soltanto com'eri quando vi sei entrato. Così lui deve abbandonare a sua preda oppure rimanere per sempre nei sogni. Non si rende utile in nessuno dei due casi…»

Links
https://scaruffi.com/writers/pavic.html
https://medium.com/@yashurin/book-review-dictionary-of-the-khazars-a-lexicon-novel-by-milorad-pavic-dee127447f6d
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/06/03/il-cacciatore-di-sogni.html
https://ilmanifesto.it/milorad-pavic-prismi-dalla-dissoluzione-di-un-falso-storico/

domenica 20 dicembre 2020

Giardino, cenere – Danilo Kiš



Giardino, cenere è il miglior libro dell'Europa postbellica per I. Brodskij e il secondo volume di una trilogia ideale che comprende Dolori precoci e Clessidra, «tre sguardi – si legge in Homo poeticus – tre approcci alla stessa realtà, al centro della quale si trova Eduard Sam, E.S., lo scomparso, figura centrale di un mondo anch'esso scomparso. Il mondo dell'Europa centrale.»
Un romanzo dal sapore proustiano ma anche schulziano, una narrazione lirica dell'infanzia nella quale realtà e illusione si mescolano nella dimensione letteraria e trovano voce nel racconto del piccolo Andreas Sam che ci parla della sua famiglia e soprattutto del suo strano padre e della sua opera ancora più strana, un "Orario delle comunicazioni tramviarie, navali, ferroviarie e aeree, un libro-mondo in continua trasformazione («Era una Bibbia sacrale, apocrifa, nella quale si rinnovava il miracolo della Genesi, ma nella quale erano corrette tutte le ingiustizie divine e l’impotenza dell’uomo»).
Eduard Sam incarna la figura dell'ebreo errante, un fallito che spinge la famiglia a seguirlo nelle sue peregrinazioni,  un pazzo che vive in un delirio di idee assurde e sogni irrealizzabili, votato a «un'indefinita rivolta contro la società e l'ordine del mondo», un uomo convinto che il suo ruolo sia quello di adempiere al proprio destino in modo da realizzare così il proprio personale riscatto e anche quello di riscattare attraverso il suo sacrificio l'intera umanità.
Kiš ci restituisce alla perfezione il punto di vista del ragazzino, lo stupore e la curiosità dei suoi occhi che guardano e interpretano la realtà e lo fa attraverso un linguaggio dai toni soffusi, ricco di descrizioni, particolari e sensazioni. È una prosa lirica che esprime alla perfezione la malinconia per il trascorrere inesorabile del tempo, per un'epoca – quella dell'infanzia – dalla quale il protagonista sta per uscire ma anche per un mondo che volge al declino.
Giardino, cenere è un libro sulla mitologia infantile e sul mistero del tempo di rara eleganza formale ma anche un'opera ricca di contenuti e riflessioni di indubbio spessore.

«Ci sono uomini» continuò mio padre «che sono nati per fare l’infelicità propria e altrui, vittime di macchinazioni celesti che non possiamo comprendere, cavie della meccanica celeste, ribelli ai quali è assegnata la parte di ribelli, ma che sono nati, per la crudele logica della commedia celeste, con le ali tagliate. Titani senza la forza dei titani, piccoli titanucci gracili che di grande hanno ricevuto solo una dose eccessiva di sensibilità nella quale la loro futile forza si scioglie come in alcol. Essi seguono la loro stella, la loro sensibilità malata, portati da progetti e da propositi titanici, e si infrangono come onde sugli scogli della banalità quotidiana. Ma la cosa più crudele riservata loro è la lucidità, la coscienza dei propri limiti, la dolorosa facoltà di distanziarsi. Io vedo me stesso nella parte impostami dai cieli e dal destino, consapevole di essa ad ogni istante, ma al tempo stesso assolutamente incapace di oppormi ad essa con la forza della logica e della volontà... Per fortuna, come ho detto, questa mia parte volge al termine...»

sabato 5 dicembre 2020

Una tomba per Boris Davidovič – Danilo Kiš




«Credo che la letteratura debba correggere la storia: la Storia è generalità mentre la letteratura è concretezza. La Storia è numero, la letteratura è individualità»

 Partendo da questo assunto, Kiš mescola fiction e faction in un libro composto da sette racconti che costituiscono sette romanzi brevi, nel senso che ognuno di essi narra la biografia di un personaggio diverso ma che sono anche sette capitoli di una stessa storia (come indicato nel titolo), quella del fanatismo e delle sue conseguenze nefaste. 
Lo scopo di quest'opera – lo spiega l'autore stesso in quella straordinaria summa del suo pensiero che è Homo poeticus – è ragionare sull'epoca staliniana mescolando prove documentali e false fonti in modo da conferire più solidità alla narrazione e contemporaneamente dimostrare la superiorità della letteratura sulla realtà.
Lo stalinismo diventa così una scrofa che divora la propria prole e ideologismo, colpa, tradimento, rapporto vittima/carnefice sono i temi sui quali Kiš punta l'attenzione  ampliando il campo della riflessione alla multiforme natura dell'uomo, senza trascurarne dubbi, limiti e soprattutto contraddizioni.
Una tomba per Boris Davidovič  è un libro molto interessante anche stilisticamente: dall'uso borgesiano dei falsi documenti di cui si è detto, all'utilizzo di diversi piani narrativi all'interno dei singoli racconti, all'alternanza di descrizioni d'ambiente e narrazione che ricorda Pil'njak. 
Opera di indubbio spessore di uno degli intellettuali europei più importanti del secondo Novecento.