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sabato 18 ottobre 2014

Ovunque potrebbe essere in un posto qualsiasi


Forse sono venuto dall'altipiano, o forse dalla pianura, non ricordo. Forse sono venuto dalla città, ma quale città e in quale paese mi sfugge del tutto. Forse sono venuto dalle propaggini  di una città da cui altri sono venuti, o forse di una da cui sono venuto solo io. Chi lo saprà mai? Chi stabilirà se è piovuto o se c'è stato il sole? Chi ricorderà? Si dice che qualcosa stia accadendo sul confine, ma nessuno sa su quale confine. Parlano di un hotel che si trova lì, dove non importa se ti sei dimenticato la valigia, ce ne sarà un'altra che ti aspetta, grande abbastanza, tutta per te.

[Mark Strand: "Quasi invisibile"]

sabato 26 luglio 2014

Mark Strand – Quasi invisibile


Mark Strand - per me il più grande dei poeti contemporanei - questa volta si presenta con una raccolta di brevi prose che ripercorrono con ispirazione e slancio immutati i temi classici della sua poetica, il tutto sottolineato da un stile apparentemente leggero, quasi colloquiale. 
L'oggetto della sua osservazione è la realtà, ma solo in apparenza. Se entriamo nel mondo del poeta ci accorgiamo che le cose non sono esattamente quello che sembrano e che i loro confini si fanno sempre più indefiniti man mano che ci avviciniamo per osservarli meglio: “Non c'è modo di dissipare la foschia in cui viviamo. Nessuno ha la minima idea di dove siamo”, scrive Strand in Nasconditi la faccia tra le mani e in Ovunque potrebbe essere un posto qualsiasi aggiunge che “si dice che qualcosa stia accadendo sul confine, ma nessuno sa quale confine”. Tutto è messo in discussione, le persone non sono quello che dicono di essere come il banchiere nel bordello delle cieche, che forse è un pastore, mentre la puttana forse è una ricca vedova. O forse no. 
Sono frammenti di realtà fotografati attraverso l'obiettivo del poeta che spinge le situazioni al limite, per vedere come si comportano ai confini dell'assurdo, cosa succede sulla linea dell'orizzonte, nel punto dove il mondo reale e quello fantastico si incontrano. Ê una poesia degli interstizi, degli “spazi intermedi [che] non sono né qui né lì, né dentro né fuori, di quella terra di nessuno, quel luogo meraviglioso, da contemplare come solo un dio potrebbe, la congiunzione luminosa di niente e tutto” (L'enigma dell'infinitesimale). 
La vita è fatta di istanti, attimi, filtrati e ingigantiti dal nostro sé che li vive “come se fossero veri”, un quotidiano costruire sul nulla cattedrali di parole che servono solo per mascherare il vuoto delle nostre vite perché, proprio come Gli studiosi dell'ineffabile, marciamo nel mondo alla ricerca di noi stessi senza renderci conto che è la polvere che alziamo quella che ci impedisce di vedere. 
Quella di Strand è poesia dell'attesa. Attesa che il niente accada (Il desiderio del ministro della Cultura viene esaudito), attesa di un futuro presunto (L'antica epoca della nostalgia), attesa di un'ondata di sentimento che arrivi improvvisamente e porti via il poeta (Gli studiosi dell'ineffabile), attesa delle donne sedute in riva al mare ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivato (La malinconia sepolta del poeta) e attesa godotiana che succeda qualcosa che però, forse, è già successo (Per non perdere il Grande Evento). 
Ma quella di Strand è anche poesia della ricerca impossibile di un'identità definita, con i troppi sé passati, presenti e futuri che finiscono per confondersi scolorando uno nell'altro. 
Ê poesia dell'assurdo e dei paradossi, quasi fossimo in un'incisione di Escher dove la logica, la consequenzialità delle cose è solo apparente. Così capita di incontrare un cuore vuoto che rientrato a casa da una giornataccia in ufficio vorrebbe svuotarsi del vuoto (Spossatezza al tramonto), ma come si fa a svuotarsi del vuoto? Come può un cuore vuoto obbedire agli ordini della mente? O ci si può imbattere in un uomo che riceve una lettera dal padre morto quarant'anni prima (Il misterioso arrivo di una lettera inconsueta), o in un tizio intento a fissare un libro di pagine vuote (Come una foglia portata dal vento), e anche in una scimmia parlante (L'assistente sociale e la scimmia). 
La poesia di Strand è anche (soprattutto?) poesia dell'assenza: c'è sempre qualcosa che rimane in fieri, che non si esprime, che genera una sorta di malinconia per qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato (Sogno di viaggio), una Malinconia ermetica per le cose che non sono esattamente quelle che credevamo, ma solo una “possibilità” tra le tante. 
La conclusione è che noi tutti siamo su un treno che attraversa una pianura interminabile, “nessuna città ne aspetta l'arrivo, nessuna ne piange la partenza”, senza sapere da dove siamo partiti né dove stiamo andando. Andare, questo è il nostro scopo (Nessuno conosce ciò che si conosce) e Strand guarda a questo viaggio alternando stupore e disincanto, riflessione e divertimento. Quello che fa è un uso particolarmente arguto dell'ironia, utilizzandola come una specie di palloncino al quel si aggrappa quando arriva sul bordo del precipizio e che gli permette di superare l'ostacolo, anzi, di volare sopra il baratro guardandolo dall'alto con occhio leggero. 
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Non sono un esperto di poesia, non ho solide basi né particolari competenze letterarie, probabilmente delle poesie che leggo ne comprendo solo alcune ed anche quelle poche solo in minima parte... eppure amo incondizionatamente la poesia di Strand. Perché? mi sono chiesto. Credo che la risposta l'abbia data proprio lui, in una conferenza alla John Cabot University del 2010: 
Quando tu scopri che una poesia sta parlando a te ci torni in continuazione, anche se non la capisci interamente. Anzi, forse è meglio che tu non la capisca interamente, perché c'è un nucleo in lei che rimane misterioso per sempre e ti provoca ad entrare, e più lei attira te dentro di sé e più tu scopri delle cose dentro te stesso, perché ti metti a chiederti: “Perché lo sto facendo, che parte di me viene messa in moto e reagisce a questa poesia in particolare?”. Quando una persona va in un museo e osserva i quadri deve chiedersi: “Perché sto guardando proprio questo?” E la risposta è che c'è qualcosa in te che sta risuonando esattamente con quel dipinto ed è un obbligo per chi guarda un quadro, per chi legge una poesia, interrogarsi su questo. Io non so quale parte sia nell'uomo, ma una parte piccolissima, indicibile, forse un'invenzione della mente, forse una mia invenzione... ma non può essere del tutto mia, perché quando io mi esprimo in questa maniera c'è qualcuno che lo capisce.

sabato 31 maggio 2014

Nasconditi la faccia tra le mani


Poiché abbiamo attraversato il fiume e il vento offre soltanto un torpido sdipanarsi di freddo cui ci siamo adattati con mansuetudine, senza più aspettarci altro oltre a ciò che ci è stato dato, e senza più chiederci com'è che siamo arrivati in questo luogo, non ci dispiace affatto che niente sia andato come avevamo sperato. Non c'è modo di dissipare la foschia in cui viviamo, non c'è modo di sapere che ci è stato inflitto un altro giorno. La neve silenziosa del pensiero si scioglie senza una sola possibilità di attecchire. Nessuno ha la minima idea di dove siamo. Le porte sull'assenza di luogo si moltiplicano e il presente è così distante, così profondamente distante. 

 [Mark Strand: “Quasi invisibile”]

sabato 7 dicembre 2013

La vita tranquilla


Sei alla finestra. 
C’è una nube di vetro a forma di cuore. 
I sospiri del vento sono caverne in ciò che dici. 
Sei il fantasma sull'albero lì fuori. 

La strada è muta. 
II tempo, come il domani, come la tua vita, 
è in parte qui, in parte sospeso in aria. 
Non puoi farci niente. 

La vita tranquilla non da preavvisi. 
Consuma i climi dello sconforto 
e compare, a piedi, non riconosciuta, senza offrire nulla, 
e tu sei lì.

[Mark Strand: "L'uomo che cammina un passo avanti al buio"]

domenica 12 agosto 2012

Specchio

Un salone bianco nel vivo di una festa 
e io stavo con amici 
sotto un grande specchio dalla cornice dorata 
leggermente inclinato in avanti 
sopra al caminetto. 
Bevevamo whisky 
e alcuni tra noi, non provando dolore, 
disquisivano 
su quale fosse l’esatta sfumatura di giallo 
che il sole cadente conferiva ai nostri bicchieri. 
Chiusi gli occhi solo per un poco 
poi alzai lo sguardo allo specchio: 
una donna vestita di verde 
stava appoggiata alla parete più lontana. 
Pareva assente, 
le dita di una mano giocavano nervose con la collana, 
e lei guardava fisso nello specchio 
non me, ma oltre di me, uno spazio 
che poteva essere colmato da qualcuno 
che ancora doveva arrivare, che in quell'istante 
forse iniziava il viaggio 
che l’avrebbe condotto da lei. 
Poi, d’improvviso, gli amici 
dissero che era ora di muoversi. 
Sono passati anni, 
e anche se ho scordato dove andammo e chi fossimo, 
ricordo ancora l’istante in cui alzai lo sguardo 
e vidi la donna guardare fisso oltre di me 
un luogo che potevo solo immaginare, 
e ogni volta provo una pena acuta, 
come se in quel momento uscissi 
dalle profondità dello specchio 
ed entrassi nel salone bianco, ansimante e ardente, 
soltanto per scoprire troppo tardi 
che lei lì non c’è.

[Mark Strand: "Uomo e cammello"]

sabato 4 agosto 2012

Tintarella di luna

L'azzurrognolo pallido
volto della casa
si alza su di me
come una parete di ghiaccio


e il remoto, 
solitario
verso di un gufo
vola verso di me.


Socchiudo gli occhi.


Sull'umida
oscurità del giardino
fiori oscillano
avanti e indietro
come palloncini.


Gli alberi solenni, 
ciascuno sepolto
in una nuvola di foglie, 
paiono persi nel sonno.


E' tardi.
Sdraiato sull'erba
a fumare,
mi sento a mio agio,
fingo che la fine
sarà così.


La luce della luna
mi cade sulla carne.
La brezza
è un bracciale al polso.


Vado alla deriva.
Rabbrividisco.
So che presto
arriverà il giorno
a lavare via la macchia
bianca della luna,


e che io camminerò
sotto il sole del mattino
invisibile
come chiunque altro.


[Mark Strand: "Motivi per muoverci"]

sabato 10 marzo 2012

Tutti i retroscena


Avrei preferito che tu non avessi ritenuto indispensabile
dirgli: "E' un incendio. E per di più non possiamo farci niente
perché - vedi? -siamo su questo treno".

Perché debba accadere così
non so bene, ma tu
mi siedi accanto
e ti fai gli affari tuoi,
quando d'un tratto vedo
un incendio oltre il vetro.

Ti sfioro con il gomito e dico:
"E' un incendio. E per di più
non possiamo farci niente
perché - vedi? - siamo su questo treno".
Mi lanci un'occhiata strana, 
come se avessi detto troppo.

Ma per quanto ne sai, può darsi
io abbia una passione per gli incendi,
e viaggi in treno per evitare
di doverli domare.
Può darsi che i treni
rinfocolino l'amore per gli incendi.

Potrei perfino sospettare
che tu sia un pompiere
in borghese. Ma insomma,
potrei anche sbagliarmi. Forse
sei il tipo a cui piace
un bell'incendio. Chissà!

Forse tu sei altrove,
e rifletti sul fatto che senza
un luogo dove andare non dovresti
prendere il treno. E io,
vedendo il mio volto nel vetro,
magari sull'incendio ho mentito.

[Mark Strand: "L'uomo che cammina un passo avanti al buio"]

sabato 18 febbraio 2012

Frammento di tempesta

Dall'ombra delle cupole nella città delle cupole,
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile, 
è entrato in camera tua e s'è fatto la strada fino al bracciolo 
della poltrona dove tu, alzando lo sguardo 
dal libro, lo scorgesti nell'attimo in cui si posava. Tutto 
qui. Null'altro che un solenne destarsi 
alla brevità, al sollevarsi e cadere dell'attenzione, 
rapido, un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null'altro 
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta, 
dissoltosi davanti ai tuoi occhi possa tornare, 
che qualcuno negli anni a venire, seduto come adesso sei tu, possa dire:
"E' ora. L'aria è pronta. C'è uno spiraglio nel cielo."


[Mark Strand: "L'inizio di una sedia"]

lunedì 26 dicembre 2011

L'idea



Anche per noi esisteva un desiderio di possedere
qualcosa oltre al mondo a noi noto, oltre noi stessi,
oltre quanto sapevamo immaginare, qualcosa in cui
nondimeno potessimo riconoscerci; e questo desiderio
veniva sempre di sfuggita, nella luce che svaniva, e
in un freddo tale che il ghiaccio sui laghi della valle
si spaccava e si rovesciava, e la neve soffiata dal vento
copriva tutta la terra che riuscivamo a vedere,
e le scene del passato, quando riaffioravano,
non apparivano più come una volta, ma spettrali
e bianche fra false curve e cancellature celate;
e neppure una volta sentimmo di essere prossimi
finché il vento notturno non disse: "Perché farlo,
specialmente adesso? Tornate da dove venite";
e allora apparve, con le finestre accese, piccola,
lontana tra gli anfratti di ghiaccio, una baita;
e ci fermammo lì davanti, stupefatti dal suo essere
lì, e ci saremmo fatti avanti ad aprire la porta,
e saremmo entrati nel lucore a scaldarci, lì,
se non fosse che era nostra proprio non essendo
nostra, e che doveva restare vuota. Quella era l'idea.


[Mark Strand: "L'uomo che cammina un passo avanti al buio"]

domenica 10 maggio 2009

Respiro

Quando li vedi
di' loro che io ci sono ancora,
che mi reggo su una gamba mentre l'altra sogna,
che solo così si può fare,

che le bugie che dico loro sono diverse
da quelle che dico a me stesso,
che con lo stare sia qui che oltre
mi sto facendo orizzonte,

che come il sole si leva e cala io conosco il mio posto,
che è il respiro a salvarmi, che persino le sillabe forzate del declino sono respiro,
che se il corpo è bara è anche madia di respiro,

che il respiro è uno specchio offuscato da parole,
che solo il respiro sopravvive al grido d'aiuto
quando penetra l'orecchio dell'estraneo
e permane ben oltre la scomparsa della parola,

che il respiro è di nuovo l'inizio, che da esso
si stacca ogni resistenza, come il significato si stacca
dalla vita, o il buio si stacca dalla luce,
che il respiro è ciò che do a loro quando mando saluti affettuosi.

[Mark Strand: "Il futuro non è più quello di una volta"]

venerdì 24 ottobre 2008

Preservare la compiutezza delle cose




In un prato

io sono l’assenza

del prato.

E’

sempre così.

Ovunque sia

sono ciò che manca.

Quando cammino

fendo l’aria

e sempre

l’aria rifluisce

a colmare gli spazi

in cui è stato il mio corpo.

Tutti abbiamo motivi

per muoverci.

Io mi muovo

per preservare la compiutezza delle cose.


[M. Strand: L’inizio di una sedia]