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sabato 19 febbraio 2022

Cronorifugio – Georgi Gospodinov

 


Dando tempo al tempo

La memoria è materiale da maneggiare con attenzione e con Cronorifugio Gospodinov si dimostra all'altezza dei giganti che l'hanno preceduto, proponendoci un'interessante elaborazione del tema interpretata secondo i canoni del romanzo post-moderno, inserendo nella narrazione aspetti metaletterari, parti diaristiche, micro-racconti, disegni, riferimenti alla cultura pop e a quella "alta", il tutto espresso attraverso uno stile colloquiale e un perfetto equilibrio di ironia e malinconia che rappresentano il marchio di fabbrica dello scrittore bulgaro.
Gaustin, l'alter ego con cui l'autore ha già dialogato anche nelle opere precedenti, è una specie di ebreo errante, un Prometeo che cerca di strappare il velo del Tempo per ricreare il passato, e la sua idea di una clinica della memoria un ottimo stratagemma per parlare dei ricordi e riportare in superficie storie (poco importa se reali o inventate) che altrimenti sarebbero destinate all'oblio.
Una allegoria di un'epoca, la nostra, che sembra aver perso la memoria e per questo sembra rifugiarsi in un passato "di comodo": un rifugio sterile nel quale è bello accomodarsi per respirare ancora un po' i sapori dell'infanzia o quelli della giovinezza. Gospodinov, in un'ideale e sorprendente convergenza con Memoria della memoria di Marija Stepanova identifica perfettamente come la memoria sia un'arma a doppio taglio perché se non accompagnata dalla volontà di comprendere davvero il passato rischia di ridurlo a una palude nella quale la contemporaneità si rintana per non dover affrontare l'oggi e provare a costruire il domani.

sabato 5 novembre 2016

Georgi Gospodinov – …e altre storie


Anche nei racconti (che pure non mi sembrano la forma letteraria che più gli è congeniale) Gospodinov si conferma una delle voci più interessanti nel panorama letterario europeo contemporaneo.

“…e altre storie” è una raccolta in bilico tra reale e surreale, nella quale ritroviamo di frequente episodi dell’infanzia dell’autore che filtrati dalle esperienze successive finiscono per diventare qualcosa di diverso. Infanzia come regno della fantasia che genera possibilità infinite ed altrettanti mondi, ai quali si contrappone la realtà monolitica delle età successive, per definizione unica e immodificabile.

La capacità di inventare storie è la strada che Gospodinov ci indica per sfuggire al grigiore di una vita altrimenti destinata a correre sui binari delle certezze, ma lo scrittore non si ferma qui: l’ironia lieve che attraversa queste storie e che sembra voler togliere peso alle situazioni narrate è una specie di cavallo di Troia che nasconde al suo interno un disegno eversivo, visto che lo stesso autore non manca di farci notare come ormai nessuna storia può più essere inoffensiva (“La mosca nel pisciatoio”). Nella lotta contro la realtà la fantasia diventa un’arma in grado di  generare conseguenze imprevedibili: basta il saluto di una sconosciuta ad innescarla, forse perché siamo in qualche modo “predisposti”, in attesa dell’imprevisto, di qualcosa fuori dagli schemi in grado di modificare la routine (“Cristina che saluta tutti dal treno”).

Ma la fantasia può essere un’arma pericolosa anche per chi la usa, come in “Un regalo arrivato tardi”, quando un poveraccio crede di essere inquadrato dalla televisione e si sente costretto ad improvvisarsi intrattenitore per una notte intera, o come nel bellissimo “Peonie e pansè” che ci mette in guardia sul rischio di rimanere abbacinati dalla bellezza del sogno finendo per perdere di vista i tempi della vita o magari per auto-suggestionarsi come il vecchio di “Anima viva” che parla con i defunti del cimitero come se fossero vivi.

Storie per recuperare la capacità di volare, storie per ingannare il tempo, storie per difendersi dalla realtà… ne abbiamo bisogno, questo è il punto: sono belle di per sé, per il solo fatto di esistere, e pazienza se ad ascoltarle è qualcuno che non capisce la nostra lingua (come in “Una seconda storia”, uno dei racconti più interessanti della raccolta).

sabato 11 gennaio 2014

Georgi Gospodinov - Fisica della malinconia


Un libro decisamente originale per forma e contenuti. Un romanzo che è anche una raccolta di micro-racconti e una specie di diario autobiografico, con la narrazione che procede per flash, immagini e digressioni, tra salti temporali e continui passaggi dalla prima alla terza persona. 
Ce ne sarebbe abbastanza per disorientare il lettore e invece l'alchimia funziona alla perfezione, merito - come detto - anche dell'originalità della trama, che vede come protagonista un bambino che soffre di empatia patologica per cui tende a identificarsi con persone, animali e cose e vivere in prima persona le loro esperienze. E la prima delle figure che colpiranno l'attenzione del bambino è una specie di uomo-toro del circo, una sorta di Minotauro che darà il via al processo di immedesimazione del protagonista e al suo viaggio all'interno del labirinto della memoria per andare a prendere quello che giace dimenticato e riportarlo alla luce in modo da farlo rivivere ancora per un po'. 
Il mito del Minotauro è appunto l'altra idea forte alla base del romanzo, con tutte le chiavi di lettura che ciò comporta: il Minotauro che esprime bene la duplicità della nostra persona, quel misto di razionale e irrazionale che ci governa, figura che attrae e respinge, carnefice e al tempo stesso vittima innocente, simile a noi ma diverso perché esprime quell'animalità che cerchiamo di nascondere, noi siamo il Minotauro ma siamo anche Teseo, l'eroe solare che scende nel fondo del labirinto per uccidere il mostro e poi ritornare alla luce. 
Il labirinto della memoria, nel quale Gospodinov si avventura per andare a recuperare i ricordi serve anche a proteggere la nostra intimità ed è il luogo dove il protagonista si rifugerà nell'età adulta, quando, improvvisamente guarito dalla sindrome acuta empatico-somatica, cercherà di guardare le cose da una differente angolazione diventando mercante di storie, andando cioè in giro a comprare racconti delle vite degli altri come se fosse posseduto dal bisogno compulsivo di raccogliere quanti più racconti possibile per trasmetterli ai posteri. Storie di uomini e storie di animali, storie dove l'uomo non è più il centro dell'universo ma solo un elemento tra i tanti, storie tra sogno e memoria. 
Sforzo disperato e vano quello di accumulare ed inventariare tutto il possibile per poterlo trattenere ancora un po': quello che passa, passa sempre più veloce ed oggi diventa ieri sempre più rapidamente, questa è la considerazione che apre alla terza parte del romanzo, quella dell'autunno e della malinconia, la stagione dell'amarezza e della consapevolezza che il passato è passato e che se le cose non sono andate come avrebbero potuto andare ormai è troppo tardi per intervenire e non è possibile cambiarne il finale. Per quanto lo scrittore si affanni a cercare escamotages ed espedienti narrativi per prolungarne la vita, le cose, prima o poi, finiscono, questa è la realtà davanti alla quale siamo costretti a piegare il capo.