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mercoledì 1 agosto 2018

Assonanze

 L’onda


Blandisce,
forse lenisce.
Poi scivola  
lieve.
Lascia una scia
ed esce di scena


[Xenia Dubinina: "Assonanze"]

domenica 27 aprile 2014

IV


sono massi pesanti come piume
corde che stringono e sciolgono
orme che il piede scrive e l'acqua cancella
chiodi che lacerano le carni
ferite che il tempo lenisce
specchi che riflettono mentendo
porte che aprono porte che aprono porte..

                                        sono solo parole.

[Xenia Dubinina: "Dialoghi afasici"]

mercoledì 15 agosto 2012

III



Il suono di un passo che esplode nell'aria
si dilata nell'eco di passi diversi.
Un ponte di corde giace sospeso,
tra il cielo che incombe e la terra matrigna.
Il freddo sferza la roccia,
due nuvole vanno alla deriva.
Le mani stringono forte la corda,
i piedi osano, obbedendo ad un bisogno.
Ogni centimetro è un'isola da cui ripartire,
ogni passo allontana ed avvicina,
ogni parola avvicina ed allontana.

[Xenia Dubinina: "Dialoghi afasici"]

domenica 29 aprile 2012

II


Una mattina di maggio, poca gente sul molo.
C'è una partenza da celebrare, un pensiero da consegnare.
Un sole pigro saluta le promesse del giorno,
voci di marinai scivolano sulla banchina.
Ogni cosa è in ordine,
tutto sembra chiaro e definito,
ciò che si vede è ciò che è,
non ci sono segni da decifrare.
La mano di un bambino scrive sull'acqua,
le mie mani affidano ad altre mani un pacchetto di parole:
poche sillabe, impossibili da equivocare.

Si levano le ancore, il viaggio sarà breve.
Dal mio porto al tuo, un braccio di mare compreso in uno sguardo,
dal mio porto al tuo, c'è un pensiero da consegnare.
Si gonfiano le vele, 
la nave scivola sull'acqua 
e mentre va tutto cambia
e la nave non è più la stessa nave.

Si va per il Mare della Relazione, che porta fuori dal sé,
che unisce e che divide,
che mescola le carte e diluisce le certezze.
Le parole si confondono, si svuotano e poi si riempiono
e quello che prima era certo ora è solo possibile.

All'arrivo è trascorso poco tempo dalla partenza, eppure è notte fonda.
Una luna sussiegosa risplende 
troppo lontano per accendere il mare nero.
Il pacchetto di parole passa attraverso mani
che lo consegnano nelle tue.
Quando lo apri scopri che contiene un pensiero
che è quel che è,
non quel che avrebbe dovuto essere.

Ma questo tu non lo sai e non lo saprai mai
e neppure io,
che te l'ho inviato.

[Xenia Dubinina: "Dialoghi afasici"]

domenica 19 febbraio 2012

I



Sì, le avevo detto.
Sì, le avrò detto un milione di volte.
Ho sempre cercato di accontentarla. Sembrava felice.

Sì, mi diceva.
Ma io non sapevo mai cosa pensasse davvero.
Sì, dicevano le parole. Ma gli occhi... quelli scivolavano via: né accesi, né spenti.

Eppure io c'ero sempre per lei:
a versare parole suoi suoi silenzi,
a colorare le parti del foglio che rimanevano bianche,
Ad aprire le finestre per dare luce al buio,
ad annodare i fili che si erano rotti.
A nascondere le ombre nel fondo dei cassetti.

Sì, lui c'era sempre.
Ad aprire le finestre per far entrare la vita e lasciar uscire i sogni.
A ricucire la tela, a riparare, ad ordinare.
Sì, lui era bravo ad aggiustare le cose,
quello che non sapeva fare era accendere la luce.

Non capisco perché è successo, è questo che mi fa più male.

Non capiva, è questo.

[Xenia Dubinina: "Dialoghi afasici"]

sabato 14 agosto 2010

Strani incontri: Xenia Dubinina



Petrozavodsk, Carelia. Una sera qualunque di un febbraio di tre anni fa.
La neve che cade generosa e il freddo che ci avvolge tra le sue spire non appena le porte dell'hotel Severnaya si chiudono alle nostre spalle, sono motivi sufficienti per spegnere ogni curiosità e spingerci ad entrare nel primo ristorante che ci troviamo davanti.
Succede che gli unici posti liberi nel Karelskaya Gornitsa siano quelli ad un tavolo che ospita già
un cliente. E' una signora bionda, sulla cinquantina, china a scrivere su un taccuino. Xenia Dubinina, dirà in un inglese scolastico come il nostro, dopo esserci presentati.

Xenia è un'impiegata del ministero della Tutela e Curatela, ma soprattutto una scrittrice.
Capelli biondi ed occhi azzurri che guizzano curiosi dietro un paio di occhiali, parla lentamente, quasi a scegliere con attenzione le parole più adatte. E' appassionata di jazz nordico (mi cita Tord Gustavsen e Lars Winther, Rasmus H Thomsen e James Uhart) ma il suo sguardo si accende soprattutto quando parla di poesia. Tra i suoi preferiti ci sono Stephen Dunn e Leonard Jacob, ma mi sorprende anche per la conoscenza del nostro Federico Federici. Mi parla di Elena Andreevna Schwartz, Zynaida Sherbakova, Natalja Tuttuyeva, Peter Semenov e Ivan Savin, nomi che mi appunto più per curiosità che per convinzione. Difficile che un domani la loro notorietà possa spingersi molto al di là dei confini di questa regione. E' il suo taccuino ad incuriosirmi, le dico, e così finiamo per parlare un pò di quello che sta scrivendo, una silloge sulla difficoltà di comunicare.
Come diceva Watzlavick è impossibile non comunicare - dice - ma è altrettanto vero che è anche impossibile comunicare "bene", tutto parte da lì. Il linguaggio non è sufficiente, non riesce ad esprimere completamente quello che vogliamo comunicare, si presta a troppi equivoci, ad essere frainteso. Spesso quello che intendiamo noi non è quello che gli altri capiscono.
E' una visione un pò triste - azzardo.
Non saprei, - risponde Xenia - dipende da come si guardano le cose. Forse è solo stimolante. Se è impossibile far capire agli altri quello che vediamo, e quello che sentiamo, usando il linguaggio tradizionale, si tratterà di cercare altre forme di comunicazione.
Come la musica? - le chiedo.
Già, ma non solo. Come la pittura, la scultura... l'arte in genere. E la poesia.
Ma la poesia usa il linguaggio! - faccio osservare alla mia amica.
Solo in apparenza. - mi corregge - La poesia va oltre il linguaggio. E' anche metafora, usa le parole in maniera diversa, le libera, le fa diventare altro. Per me è il modo migliore di comunicare. Ecco, la poesia è come un fiume carsico.

Succede poi che i casi della vita ci portino di nuovo a Petrozavodsk.
La volta successiva incontriamo Xenia al Kaffe Haus vicino al Severnaya, dove ci racconta i progressi del suo lavoro (ora la silloge ha anche un titolo, Dialoghi afasici). La volta dopo siamo ospiti in un ristorante tipico che affaccia sul lago Onega, con un incredibile gruppo canoro di cinque ragazzi che cantano a cappella e sembrano appena usciti da "Happy days" a far da sfondo surreale alla nostra conversazione.
Ora posso dire che Xenia è un'amica, ci sentiamo abbastanza spesso, e seguiamo da lontano la sua avventura letteraria.

sabato 20 febbraio 2010

VI



Mi hanno detto: quello che dici, devi dirlo con il cuore
Ma anche: quello che dici oggi, domani potrebbe non essere più vero
E poi: non è importante quello che dici, ma come lo dici
Mi ripetevano: quando dici qualcosa,devi anche essere in grado di dimostrarla                                                                           
Prima di parlare pensa alle conseguenze che potrebbero avere le tue parole                                                                                          E' tutto nelle pause, più che nelle frasi
No, è tutto nello sguardo più che nelle parole
Quello che dici è un conto, poi bisogna considerare quello che capiscono gli altri
A volte si capisce più da un'espressione del volto che da tante parole
Non avere paura di dire quello che pensi
Pensaci bene prima di dire qualcosa
Quello che dici è importante, ma a volte conta di più quello che 
non dici.                                                                                             

[Xenia Dubinina: “Dialoghi afasici”]