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sabato 5 novembre 2011

Madrid, 1930 circa

Trionfa oggi sopra tutta l'area continentale una forma d'omogeneità (...). Dovunque è sorto l'uomo massa (...): un tipo d'uomo fatto di fretta, montato su null'altro che su alcune esigue e povere astrazioni e che, per ciò stesso, è identico da un capo dell'Europa all'altro. A lui si deve il triste aspetto di asfissiante monotonia che va assumendo la vita in tutto il continente. Quest'uomo massa è l'uomo previamente svuotato della sua propria storia, senza passato nelle viscere (...). Più che un uomo è soltanto una carcassa d'uomo costituito di meri idolafori; manca di un "dentro", di una intimità sua, inesorabile e inalienabile, di un io che non si possa revocare. Di qui il fatto che è sempre disponibile per fingere di essere qualsiasi cosa. Ha solo appetiti, crede che ha solo diritti e non crede che ha obbligazioni (...).

Così come stiamo procedendo, con progressiva diminuzione della "varietà di situazioni", ci dirigiamo direttamente verso il Basso Impero. Anche quello fu un tempo di masse e di paurosa omogeneità.

[José Ortega y Gasset: "La ribellione delle masse"]

sabato 7 novembre 2009

Il linguaggio (ostacolo alto)


Definiamo il linguaggio come il mezzo che ci serve per manifestare i nostri pensieri.
[...] La cosa più pericolosa di questa definizione è l'atteggiamento ottimistico con cui siamo soliti ascoltarla. Perchè ella stessa non ci assicura che mediante il linguaggio possiamo manifestare, con sufficiente adeguatezza, tutti i nostri pensieri. Non si compromette fino a tal punto, però tanto meno ci fa vedere limpidamente la verità rigorosa: che essendo impossibile all'uomo intendersi con i suoi simili, perchè è condannato a radicale solitudine, egli si sforza estenuamente di mettersi in contatto con il prossimo. Di questi sforzi il linguaggio è quello che riesce talvolta a dichiarare con maggior approssimazione alcune cose tra quelle che ci passano dentro. Niente più. Però, ordinariamente, non usiamo queste riserve. Al contrario, quando l'uomo si mette a parlare lo fa perchè crede che si accinge a dire quanto pensa. Ebbene, questo è quel che è illusorio. Il linguaggio non offre fino a tanto. Dice, più o meno, una parte di quel che pensiamo e pone un ostacolo insormontabile alla trasfusione del resto. Serve abbastanza bene per enunciati e prove matematiche; già a parlar di fisica comincia a farsi equivoco ed insufficiente. Però a mano a mano che la conversazione si occupa di temi più importanti di questi, più umani, più "reali", va aumentando la sua imprecisione, la sua torpidità e confusione. Docili al pregiudizio inveterato secondo cui parlando ci intendiamo, diciamo e ascoltiamo con tanta buona fede che finiamo molte volte per fraintenderci molto più che, se fossimo muti, cercassimo di indovinarci.

[Josè Ortega y Gasset: "La ribellione delle masse"]