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sabato 23 ottobre 2021

Ebdòmero – Giorgio de Chirico



La letteratura come pittura con altri mezzi

Ebdòmero è un originalissimo libro fatto di immagini, nel quale il grande artista depone per un attimo il pennello per continuare a dipingere con le parole. Un monologo in bilico tra il ballo in maschera e la fuga, una passeggiata tra i quadri di una pinacoteca che è anche un'autobiografia sotto mentite spoglie dell'autore.

Sogni, ricordi, fantasie… immagini che mettendolo sulla carta danno realtà al mondo interiore di de Chirico e ci offrono il privilegio di entrare in contato più stretto con l'Arte del Maestro. Ebdòmero è uno spazio sospeso fuori dal tempo, un romanzo nel quale la trama non si sviluppa per collegamenti logici ma attraverso associazioni di idee, contrasti e analogie. Ad ogni passo dell'autore corrisponda un salto nel vuoto per il lettore, che deve stare attento ad afferrare al volo la liana che gli permetta di volare sopra l'apparenza.
Il protagonista è una via di mezzo tra Ulisse e Gesù, una specie di misantropo, in bilico tra ricordo del passato e voglia di scoperta, che lungo il cammino non manca di dispensare consigli ai suoi discepoli:

«perciò io vi dico, amici miei: metodizzatevi, non sprecate le vostre forze, quando avete trovato un segno, voltatelo e rivoltatelo da tutti i lati; guardatelo di faccia e di profilo, di tre quarti e di scorcio; fatelo sparire ed osservate quale forma piglia al suo posto i ricordo del suo aspetto.»

Un cammino accompagnato dalla nostalgia del passato e dal senso di solitudine, circondato da intellettuali «impotenti e stizziti che ignoravano l'ironia e il vero talento», individui nei quali «sentiva qualcosa di legati; sentiva che un nodo impediva loro di muovere liberamente le braccia e le gambe, di correre, di arrampicarsi, di saltare, di nuotare e di tuffarsi, di raccontare qualcosa con spirito, di scrivere e di dipingere, per dirla in poche parole di capire e di creare», attorniato da ostinati «cercatori metafisicizzanti», scettici che non riescono a vedere quello che vede lui «e pretendevano che i centauri non fossero mai esistiti».

 





domenica 22 dicembre 2013

Quando cade il velo


"La Cacania era il primo paese, nell’attuale periodo d’evoluzione, al quale Iddio avesse tolto il credito, il piacere di vivere, la fiducia in se stesso. 
 Era un paese intelligente e albergava persone colte; come tutte le persone colte in tutti i luoghi della terra, costoro s’agitavano in una spaventosa confusione di rumori, velocità, innovazioni, controversie, e tutto il resto che fa parte del paesaggio ottico e acustico della nostra vita, senza poter giungere a uno stato d’animo ben definito; come tutti gli altri, anch'essi leggevano e sentivano ogni giorno qualche dozzina di notizie che li facevano orripilare, ed eran pronti a mettersi in moto, a intervenire, ma non ci arrivavano mai, perché, un momento dopo, l’eccitamento era già scacciato da un nuovo eccitamento; come tutti gli altri, anch'essi si sentivano circondati da delitti, ammazzamenti, passioni, spirito di sacrificio, grandezza, che in qualche modo avvenivano nel groppo formato intorno a loro; ma non potevano accedere a queste avventure perché erano imprigionati in un ufficio o in una professione; e quando verso sera tornavan liberi, la loro tensione, di cui non sapevano più che cosa fare, esplodeva in divertimenti che non procuravan loro nessun divertimento. 
Essi non avevano più il dono del credito né quello dell’inganno. Non sapevano più dove andasse a finire il loro sorriso, il loro sospiro, il loro pensiero. Perché avevano sorriso e pensato? Le loro opinioni erano casuali, le loro inclinazioni esistevano da un pezzo, in qualche modo tutto era già nell’aria, come uno schema in cui si entra, e nulla essi potevano fare o non fare di vero cuore perché non c’era una legge della loro unità. In tal modo l’uomo colto era colui il quale sentiva la presenza di una colpa che aumentava sempre più e che egli non avrebbe mai più potuto cancellare; era l’uomo che vedeva la bancarotta inevitabile, e accusava il secolo in cui era costretto a vivere, benché ci vivesse volentieri come qualunque altro; oppure si gettava con il coraggio di chi non ha niente da perdere su ogni idea che gli promettesse un cambiamento. […] 
Così succedeva in tutto il mondo, ma quando Dio tolse il credito alla Cacania fece qualcosa di speciale, cioè lasciò capire a popoli interi le difficili condizioni della civiltà. […] L’uomo ignora normalmente di doversi credere più di quello che è per poter essere quello che è; ma in qualche modo deve pur sospettarlo e talvolta può anche subitamente sentire la privazione. Allora qualcosa d’impalpabile gli manca. 
Non era accaduto proprio nulla in Cacania, ma quel nulla era a un tratto inquietante."  

[Robert Musil: "L'Uomo senza qualità]