Testimonianze inattendibili – Vladislav Otrošenko
(trad. Elisa Mario Caramitti)
Voland editore (I ed.1997)
Un testo delizioso. È sufficiente scavare sotto la superficie di quello che a una lettura superficiale potrebbe sembrare poco più di un gioco, per scoprire l'opera raffinata di uno scrittore di razza, il perfetto congegno letterario di una delle firme più interessanti della letteratura russa contemporanea.
Un libro (kniga) – spiega lo stesso Otrošenko in un'intervista a eSamizdat – che non è un romanzo (roman), ma una raccolta di tre racconti (povesti, diversi nella struttura da russkazi e novele) collegati fra loro e scritti in periodi diversi, tre storie che si muovono sul terreno minato nel quale si incrociano realtà, fantasia e mito.
Quello che travolge il lettore è un universo rutilante, una girandola di personaggi e situazioni improbabili: un editore (forse) inesistente, il proprietario di un negozio francese di fotografia, una fantomatica spedizione di un numero imprecisato di reggimenti cosacchi in India finita sull'Himalaya solo per spaventare gli inglesi. In mezzo a una folla di generali, atamani, ufficiali dell'esercito e archivisti, scopriamo l'esistenza e il ruolo quasi metafisico del tamburmaggiore che odiava i viaggi, raccontata in contemporanea alla storia di suo padre che si incrocia con quella del regno del Bhutan e poi facciamo la conoscenza dell'improbabile arte degli jalonneurs e altro ancora… Una serie di fuochi d'artificio senza soluzione di continuità, un caleidoscopio che affascina e diverte ma che rischia di farci classificare sbrigativamente l'autore tra gli epigoni di Gogol' e Borges (e mettiamoci anche Pavić) e morta lì.
Attenzione, però, perché siamo al cospetto di uno scrittore di razza che merita un'analisi più attenta, Otrošenko è uno di quelli, come Vila-Matas e Fresán, che non scrivono letteratura di consumo ma richiedono l'impegno del pubblico. I povesti di Testimonianze inattendibili non sono sterili esercizi di stile, ma il tentativo di trovare una via personale alla narrazione: sono racconti con il doppio fondo, perché la conclusione di ognuno di essi, la verità che ci viene proposta, mostra delle crepe un secondo dopo essere caduta sulla pagina, aprendo il terreno all'interpretazione del lettore. La realtà non esiste, il tempo non esiste, o meglio "non ci sono né passato né futuro, ma soltanto in unico, indivisibile ed eterno Presente. Tutto è come è, tutto è per sempre.". E per completare il quadro, neppure lo spazio esiste, come evidenziano gli jalonneurs con la pantomima con cui disorientano i nemici sul campo di battaglia. L'unica cosa che esiste è la "mutevole e possente immaginazione" dell'Onnipotente. Una specie di infinite jest dal qual non si salva nemmeno la letteratura: i vari testi che non sembrano avere rapporti tra loro, non sono altro che "frammenti scompaginati di un solo e unico Testo, davvero coerente e omnicomprensivo. L'indipendenza dell'uno dall'altro è un illusione, e la loro ricchezza di contenuti ingannevole, poiché ciascuno, preso separatamente, rappresenta un confuso episodio, ina proposizione incompleta e talvolta soltanto un grandioso morfema o un divino segno d'interpunzione, e non racchiude in sé neppure un'infinitesimale inezia di quello stupefacente significato che trarrà origine dalla loro completa fusione in un Testo definitivamente rivelato e autenticamente compiuto." Vladislav Otrošenko, circoletto rosso su questo nome.
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