sabato 28 maggio 2022

Zona – Mathias Énard



«A volte ci sono istanti sospesi, tra due momenti, nell'aria, nell'eternità, una danza spalla contro spalla, il movimento di una mano, la scia di una barca, l'umanità alla ricerca della felicità, e poi tutto ricade, tutto ricade»

Un viaggio in treno tra Milano e Roma. L'ultimo viaggio di Francis Servain Mirković alias Yvan Deroy, un combattente e poi una spia e un trafficante che ha preso parte in maniera diretta o indiretta alle ultime guerre combattute nella zona compresa tra i Balcani e il Medioriente. La Zona: uno spazio geografico ma anche ideale, "la zona grigia, quelle delle ombre e dei manipolatori".
Un viaggio a ritroso tra le guerre che hanno insanguinato il Mediterraneo, dai tempi di Omero ai giorni nostri. Le guerre, la guerra. Tutte diverse e tutte uguali, con il loro carico di orrori e di inutilità. La guerra come destino, stigma, vizio del quale l'uomo non riesce a fare a meno.
Un racconto che è un lungo monologo, un viaggio nella memoria di un uomo figlio del suo tempo, che ha fatto quello che ha fatto spinto dalla sete di denaro, sesso, potere, "la santa Trinità del case officer".
L'inevitabilità sembra essere la cifra del romanzo, una descrizione di fatti, misfatti e bestialità ai quali il protagonista ha partecipato e per i quali non sembra provare particolare pentimento, al punto da commuoversi solo per le vicende del libro che sta leggendo, perfetta rappresentazione della liquidità di un'epoca in cui fiction e vita reale sembrano sfumare una nell'altra. "Mi inoltravo nella Zona senza passione ma senza disgusto, con una curiosità crescente per gli intrighi degli dèi irati" – dice Francis Mirković, come se il fatto di essere una pedina di un gioco che si ripete da sempre fosse sufficiente ad assolverlo dai suoi peccati, perché oggi come ieri – sembra dire Énard – siamo alla mercé dei capricci di Zeus, di Era e di Ares, perché ogni guerra è la guerra di Troia che si ripete.
Se la trama di Zona scorre per mano all'Iliade, lo stile è invece derivato direttamente da Sebald, con riferimenti e casualità (le "strizzatine d'occhio della storia", le definisce Énard), incroci che richiamano altri avvenimenti e costruiscono un percorso narrativo che mescola vicende accadute in tempi diversi.
Zona è una danza macabra, un girotondo intorno alla morte e all'inutilità per cui si muore, perché alla fine di ogni guerra arriverà sempre la ramazza del Tempo a cancellare il ricordi dei morti e i motivi per cui si sono sacrificati.

domenica 8 maggio 2022

Teorie della comprensione profonda delle cose – Alfredo Palomba

 


«Alla fine si fallisce tutti. Siamo fisiologicamente destinati al fallimento»

Un aspirante poeta accecato dall'invidia e dal rancore per i successi dell'ex-amico, un blogger "estremo" e disturbato, un donchisciotte mezzo tossico che si improvvisa cavaliere errante, un trentacinquenne con problemi relazionali che finirà a fare il combattente islamista, un piccolo genio dodicenne (topos letterario un po' abusato), questa è la variopinta compagnia di giro che anima le pagine del libro di Palomba, un'opera che si aggira dalle parti del postmoderno e che – a mio avviso – alterna buone idee ad altre meno buone.
Ottimo il titolo, ottima l'idea di base che regge la trama e lo sviluppo della stessa attraverso il racconto di come ognuno dei protagonisti non riesca a rapportarsi con il mondo se non attraverso un filtro che finisce per interpretare la realtà in maniera personale costringendoli, di fatto, a vivere all'interno di una bolla.
Quello che non mi convince è invece il mancato sviluppo dei caratteri: non c'è evoluzione dei personaggi e la storia sembra svilupparsi in modo orizzontale con rari approfondimenti (che peraltro, quando presenti, risultano anche interessanti). Sembra che l'autore voglia dimostrare di saper fare tante cose, forse troppe, con il rischio che non tutto risulta allo stesso livello: eccellente, ad esempio, e ben inserita nel contesto la parte dove viene citato Athanasius Kircher (una tecnica che mescola la finzione con aneddoti storici e che mi ricorda quella di Énard), ma francamente sciatto e al limite del ridicolo il capitolo nel quale Toni e l'editore discutono al tavolino del bar di Paesone.
Ecco, forse è proprio la chiave ironica verso cui vira il romanzo la cosa che mi ha convinto di meno, come se Palomba stesso ad un certo punto scegliesse la strada più semplice, decidendo di non prendersi troppo sul serio, di non crederci fino in fondo.

domenica 24 aprile 2022

Dolori precoci – Danilo Kiš



Libro che apre la cosiddetta "trilogia dell'infanzia" e definito dallo stesso autore come "schizzi di un block notes, naturalmente a colori", Dolori precoci proietta una luce lirica sul passato, trasformando in bozzetti delicati e malinconici i ricordi di un mondo trascorso e sepolto dagli anni.
Momenti della giovinezza, ma anche gesti, colori, sapori… che per qualche motivo sono rimasti impigliati nella rete della memoria e ora si fanno metafora e diventano musica.
Dolori precoci è un libro che parla dello stupore del bambino al cospetto della prepotente bellezza della Natura e insieme della sua caducità. Un libro sulla vita e sull'infanzia perduta, un'epoca in cui tutto è ancora possibile, un interregno nel quale la realtà confina con la fantasia e i due territori si mescolano.




sabato 9 aprile 2022

Rogozov – Mauro Maraschi


 

«Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti» (Cit.)


Con Ruggero Gargano, il protagonista di Rogozov, Mareschi tratteggia perfettamente la figura dell'antieroe contemporaneo. Ne fotografa lo smarrimento, le contraddizioni tra pensiero e azione, l'accettazione di ideologie estemporanee. Ne segue il percorso tortuoso, la parabola sghemba alla ricerca di punti di riferimento impossibili da trovare nella "liquidità" della società moderna. 
Un individuo ormai scisso in due, quanto scollato dalla realtà, questo è Gargano.
«Non tutti si possono salvare» ha detto. «Alcuni partono male, fin da subito, per cui non troveranno mai un equilibrio che non hanno mai avuto. Altri invece magari partono bene, ma poi gli succede qualcosa, […] la loro vita deraglia, cercano di sistemare le cose ma è on ogni caso la inutile, stanno sbagliando di nuovo, e da quel momento tutto quello che fanno non è mai un'azione in sé ma sempre un tentativo di riparare a un errore, un errore che è la conseguenza di un errore che è la conseguenza di un altro errore, e così via, all'infinito."
Gargano è uno strano individuo che abbina capacità di analisi e incapacità di passare dalla teoria alla pratica. Uno sconfitto abitato da un'aggressività che fatica a tenere a freno, una tensione auto-distruttiva che finirà per esplodere.
Una figura ingombrante, che finisce per trascendere il libro che la contiene e assumere una vita propria, dando l'impressione di andare oltre le intenzioni dell'autore, di scavalcare il recinto nel quale era stato confinato, come un Don Chisciotte del terzo millennio.
Rogozov è un'ottima opera prima, non priva di qualche difetto: la scrittura è forse troppo semplice, ho trovato eccessivo il tentativo di eliminare il più possibile aggettivi e avverbi per dare ritmo alla trama, così come troppo schematica mi è sembrata la costruzione dei singoli capitoli. Peccati veniali, che nulla tolgono alla grandezza di Ruggero Gargano.
«La vita è una sequenza di errori, e anche quando ci sembra di aver fatto la cosa giusta in realtà si è trattato di un errore fortunato».



sabato 2 aprile 2022

Non è mezzanotte chi vuole – António Lobo Antunes



«a che serve il passato, non siamo sicuri se sia esistito o se ci abbiano fornito immagini che immagazziniamo nella speranza di ottenere quel che si chiama vita»

Un altro grande romanzo polifonico, un altro nodo dell'ordito che Lobo Antunes tesse instancabilmente da oltre quarant'anni, un'altra opera che chiama il lettore a dialogare con lo scrittore per superare la realtà e andare per mano in un altrove nel quale fatti, sogni, memoria e suggestioni hanno pari dignità.
Una trama essenziale: una donna che torna nella casa al mare di quando era bambina, un fine settimana che è una resa dei conti con passato e presente. Non è mezzanotte chi vuole è una lunga ellissi, un soliloquio che mescola i piani temporali, un vento caldo che avvolge i ricordi.
Nominare lo cose, richiamare i gesti antichi, raccontare i fatti per farli rivivere.
Le storie di Lobo Antunes hanno lo stesso sapore del sangue delle ferite che ti provocavi da bambino, lo stesso dolore dolce, il gusto struggente della malinconia.
Una scrittura ipnotica, che tiene insieme tutto e contemporaneamente si espande in mille direzioni. Le ripetizioni, continue, sono come la risacca del mare, onde lunghe che carezzano la riva sussurrando parole che subito cancellano per ripetere un attimo dopo. Un flusso, una musica, andare e venire che imita il ritmo della vita, provando a riprodurre i meccanismi con cui la nostra mente associa pensieri, fantasie e ricordi elevando il romanzo a unico metro in grado di misurare la verità.