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sabato 22 ottobre 2016

Tommi Wieringa – Questi sono i nomi




Homo hominis lupus/homo hominis deus

Un Wieringa sorprendente, lontano anni luce dai fuochi d’artificio di Joe Speedboat, confeziona qui un gran un romanzo partendo da un tema di triste attualità, quello dei migranti. In Questi sono i nomi due sono le storie che si alternano fino ad incontrarsi e poi diventare una sola: le traversie di un gruppo di disperati che tentano (credono) di fuggire da un non precisato paese dell’Asia seguendo il miraggio di un vita migliore e la storia di Pontus Berg, commissario di polizia in un posto di frontiera, anche lui alla ricerca di qualcosa: la sua identità, capire chi è.
Interessante e originale è il parallelismo tra le peripezie dei migranti e quelle degli ebrei in fuga dall’Egitto, come a dirci che non c’è nulla di nuovo sotto il sole e che i problemi dell’uomo che scappa dall’uomo continuano ad essere gli stessi. Interessante è anche come Wieringa concentri l’attenzione sul fatto che i vari personaggi del racconto, al di là dei bisogni materiali, sentono forte la necessità di credere in qualcosa, di affidare a qualcuno (che sia una divinità o un portafortuna) il ruolo di guida per le loro vite. Interessanti sono poi le riflessioni sulle dinamiche comportamentali del gruppo, su come le difficoltà e l’influenza dell’ambiente ostile facciano regredire l’uomo a livelli subumani, quasi a ricordarci che i comportamenti animali sono una parte di noi che non vogliamo vedere e che fatichiamo a tenere a freno, le stesse dinamiche che, mutatis mutandis, ritroviamo anche nella descrizione delle società delle repubbliche asiatiche post-sovietiche, dove domina la legge del più forte ed imperano ingiustizia e clientelismo.

Questi sono i nomi è un libro sull’uomo, sulle sue domande che non trovano risposte e sulla partita a scacchi che gioca con la vita, scopo della quale, per dirla con le parole del rabbino Eder, “ sarebbe condurre l’avversario in una selva oscura, quella in cui due più due fa cinque, e il sentiero per uscirne è abbastanza largo solo per uno dei due”. 

sabato 1 agosto 2015

Tommy Wieringa – Joe Speedboat


In mezzo a fenomeni che costruiscono e decostruiscono il romanzo, post-moderni e realisti, minimalisti e realvisceralisti, strutturalisti e stilnovisti... ogni tanto c'è bisogno di una pausa: ogni tanto c'è bisogno anche dei Tommy Wieringa.
Una prosa “scoppiettante”, una penna che corre veloce, leggera, senza orpelli (sembra quasi di trovarsi in un romanzo nordamericano), Wieringa parla la lingua semplice e diretta degli adolescenti, secondo la lezione di Salinger declinata in una delle mille variazioni.
Un romanzo di formazione che racconta il mondo, la vita vista attraverso gli occhi di un ragazzino, la carica di energia e di idee di un adolescente costretto su una sedia a rotelle da uno spaventoso incidente, fatto che rende più forte, più carico di tensione, il suo tentativo di spiccare il volo.
Un romanzo “a colori”, la storia di una scombinata combriccola di ragazzini raccolti attorno a Joe Speedboat, il protagonista che vive nel presente e in eterno movimento, sempre alla ricerca di un altrove, di un'identità, della libertà
...niente mi sembrava più impossibile al cospetto di quella grande anima serena, […] Intendo dire, aveva solo quindici anni, allora, e davanti a sé un intero mondo di idee potenzialmente dirompenti, da realizzare con l'imperturbabilità di un riparatore di biciclette.
Non era tanto un ragazzo fuori dal comune, era una forza che si liberava. Sentivi il brivido dell'avventura, intorno a lui – c'era energia che prendeva forma nelle sue mani. […] Non avevo mai conosciuto nessuno per cui il passaggio dall'idea alla realizzazione fosse così ovvio, nessuno così poco condizionato dalla paura e dalle convenzioni. Osava pensare l'impossibile, senza accorgersi del rifiuto che non mancava di provocare alle sue spalle. Perché a molti Joe non piaceva, c'erano troppe cose incomprensibili in lui. La maggior parte elle persone è mediocre, in alcuni casi addirittura meschina, ma sono tutte molto sensibili alla più alta concentrazione di energia e di talento che si riscontra in chi è superiore alla media. Se non possono avere ciò che ti illumina, non puoi averlo neanche tu. Non hanno nessun talento per l'ammirazione, solo per la sudditanza e l'invidia. Sono ladri di luce.”
Una compagnia di giro fatta di figure indimenticabili: Fransje Hermans, Frans “il braccio”, il ragazzino paraplegico di cui abbiamo già detto, voce narrante e campione di braccio di ferro, Christof Maandag, l'ansioso e indeciso rampollo di una ricca famiglia del posto proprietaria dell'Asfalti Betlemme, Engel Eleved, angelo di nome e di fatto, PJ Eilander, “la puttana del secolo”, esotica afrikaaner completamente priva di coscienza. E poi ancora: la taccola Mercoledì, Regina e India Ratzinger, rispettivamente mamma e sorella di Joe, e l'egiziano, secondo marito di Regina e poi mille altri ancora.
Un caleidoscopio che ruota vorticosamente, un circo di personaggi che nella cittadina di Lomark da luogo a una serie di strampalate avventure, dalla costruzione da parte dei ragazzi di un aereo alla fuga in barca dell'egiziano, dalla carriera di campione di braccio di ferro di Fran alla Parigi-Dakar in escavatore di Joe. L'aereo, la barca l'escavatore...simboli, tanti simboli che incarnano la speranza associata alla volontà, il tentativo adolescenziale di dare realtà al sogno.
Se posso evidenziare un paio di pecche nel romanzo, direi che la prima è che con il progredire della trama Wieringa da l'impressione di faticare un po' a seguire tutti i protagonisti, per cui sceglie di concentrare l'attenzione solo sui principali per recuperare gli altri nel corso della storia, mentre la seconda è relativa al fatto che il passaggio generazionale dei ragazzi non mi sembra particolarmente approfondito come forse avrebbe meritato: Joe, soprattutto, è un personaggio che non “evolve”, probabilmente è una scelta voluta (“come avrebbe potuto diventare qualcosa, lui che era già qualcosa: era Joe, un prodotto finito, perfetto, della sua stessa immaginazione”), ma l'impressione che ho avuto è stata quella di uno sviluppo della trama non perfettamente omogeneo.