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sabato 3 giugno 2017

Yasmina Reza – Babilonia



Il mestiere di scrivere

Libro dedicato, come Felici e felici, allo studio delle dinamiche di coppia, a cui si affiancano l’amicizia, la memoria, la fotografia e il ruolo degli oggetti nelle nostre vite. Come nel libro precedente, anche qui è l’alta borghesia (questa volta over-60) l’oggetto dell’indagine della scrittrice franco-iraniana, una borghesia della quale vengono messi alla berlina comportamenti, pensieri, tic e preferenze sessuali. Qualche esempio.
A proposito del matrimonio:
“Al Centro Studi sulla proprietà intellettuale di Strasburgo avevo un’amica, una ragazza un po’ schiva. Un giorno ha sposato un tizio taciturno e poco attraente. Mi ha detto, lui è solo, io sono sola. Trent’anni dopo l’ho incontrata sul Thalys, costruiva mongolfiere per parchi di divertimenti, stava ancora con lui e avevano avuto tre figli. Per la coppia Gumbiner-Manoscrivi il finale è meno piacevole, ma nonostante le infinite variazioni il motivo non è forse sempre lo stesso?”
 Sullo stile di vita:
“Ho buttato giù uno Xanax e sono andata a farmi bella con un nuovo trattamento anti-età consigliato da Gwyneth Paltrow. […] Di recente su internet ho ordinato il balsamo per labbra preferito di Cate Blanchett, con la scusa che tutte le australiane chic ce l’hanno nella borsetta.”
“Dai una botta di giovinezza all’esistenza. La donna dev’essere allegra. A differenza dell’uomo, a cui sono concessi lo spleen e la malinconia. A partire da una certa età, una donna è condannata al buonumore. Se tieni il broncio a vent’anni è sexy, se tieni il broncio a sessanta è una rottura di palle.”
 Sui rapporti familiari:
“Dieci giorni fa è morta mia madre. Non la vedevo spesso, nella mia vita non cambia molto, salvo che prima da qualche parte sulla terra c’era mia madre.”
“Con mio marito ci sto bene. Ci conosciamo a memoria. Io gli rimprovero il suo amore senza riserve. Non mi mette in pericolo. Non mi esalta. Mi ama anche brutta, il che non è affatto rassicurante. Tra noi non c’è nessuna elettricità – ce n’è mai stata?”
 Sul modo di pensare:
“ho lanciato il tema dei concetti vuoti. Ne abbiamo trovati una valanga, e tra questi è curiosamente spuntato quello di tolleranza.”
“Non sopporto più la parola raccoglimento. E neanche il concetto. Da quando il mondo corre verso un caos indescrivibile è diventata la grande moda. Politici e cittadini (ancora una parola ingegnosamente vacua) passano il tempo a raccogliersi. Preferivo prima, quando la testa del nemico veniva portata in punta di lancia. Nemmeno la virtù è seria.”
Insomma: un romanzo nel quale la società intera sembra uscire con le ossa rotte dal confronto con la penna al vetriolo della Reza, il tutto raccontato con uno stile formalmente ineccepibile, tanto che Babilonia mi è sembrato il libro scritto meglio tra quelli che ho letto di questa scrittrice.
Eppure c’è qualcosa tra queste pagine che mi è suonato stonato, che non mi ha convinto: è il modo di giudicare facendo intendere di non voler giudicare, che mi sembra una maniera di mettere le mani avanti (del tipo: “io mi limito a fotografare la realtà, non è colpa mia se le cose sono così…”), di tirare il sasso nascondendo la mano, qualcosa che ha a che fare con quel modo radical chic di guardare agli altri quasi con compatimento, con un sottinteso di superiorità nei loro confronti. Probabilmente (sicuramente) è solo una mia impressione, dovuta al fatto che la Reza sembra battere parecchio sullo stesso tasto, ma un po’ mi disturba.

sabato 8 febbraio 2014

Yasmina Reza - Felici i felici


Scene di vita della borghesia parigina alla ricerca della felicità. 
Sono le coppie le protagoniste di questo libro: coppie di coniugi, di amanti, di amici, coppie più o meno giovani che dialogano senza comunicare. Ognuno dei protagonisti sembra chiuso nel suo mondo, incapace o non interessato a capire veramente il prossimo e il primo episodio del libro dice già tutto. 
Il litigio di una coppia all'interno di un supermercato: l'origine delle divergenze che nasce da un episodio marginale, l'irrigidimento dei contendenti che pur sapendo che la lite può facilmente essere ricomposta preferiscono rimanere sulle loro posizioni, l'inevitabile escalation e poi lo scontro che termina con l'affermazione di uno sull'altro. Affermazione parziale, vittoria di Pirro in una guerra ancora tutta da combattere, in attesa di scrivere un nuovo capitolo dello scontro. Ed a chiosa dell'episodio una riflessione riferita ad una frase del figlio della coppia, “il segreto è ridurre al minimo le pretese di felicità”, che potrebbe anche essere il manifesto dell'intero romanzo. 
Le cose non sembrano andare meglio neppure per le coppie di amanti: in un mondo dominato dall'egoismo, dovo tutti perseguono esclusivamente la ricerca del proprio piacere, è inevitabile che ognuno chieda alla relazione qualcosa di diverso, qualcosa che l'altro non può dargli, perché ognuno ha un'idea diversa di felicità. E lo stesso vale per le coppie di anziani, che pure hanno condiviso una vita: “due persone vivono fianco a fianco e ogni giorno la loro immaginazione li allontana in modo sempre più definitivo”, dice uno di loro. 
Non posso affrontare una discussione seria con mia moglie. Farsi capire è una cosa impossibile. Non esiste. Soprattutto fra marito e moglie, basta una frase per essere messi sotto accusa” dice ad un certo punto uno dei protagonisti. Forse è vero o forse è solo una scusa per non provarci neppure, forse sono proprio i protagonisti del libro che scelgono deliberatamente di non affrontare discussioni serie, di vivere in superficie, senza mettersi in discussione (viene in mente la società liquida di Z. Bauman). In un contesto di questo tipo è logico che tutto sia “fraintendimento e torpore” e che si possa affermare “quello che voglio veramente non si può verbalizzare”. 
In "Felici i felici" Yasmina Reza delinea con la consueta scrittura in punta di penna una galleria di personaggi immaturi, annoiati, volubili, che funzionano solo quando riescono a prendere le cose alla leggera e che non provano il minimo interesse per le sorti degli altri. Superficiali che scambiano il piacere per la felicità, magari dicendosi che “per essere felici ci vuole un talento”, ennesima scusa per evitare di mettersi in discussione.

mercoledì 24 giugno 2009

Luoghi e luoghi


Un giorno non esistevo, un giorno, non esisterò. Tra questi due istanti di indifferenza del mondo, mi sforzo di esistere. E' una modalità ondeggiante, agitata da turbini, disorientata.
Tra queste due assenze, andiamo dove ci conducono i nostri passi, calpestiamo il mondo e i suoi luoghi.
Ci sono luoghi e luoghi. Quelli belli, quelli famosi o molto brutti in fin dei conti ci lasciano indifferenti. Al massimo interessano il nostro versante culturale, il più mediocre. I luoghi veri, quelli che ci generano, quelli che catturano la memoria, sono quelli che ci hanno visto fuori di noi stessi, che hanno ospitato il nostro eccesso, l'ammissione o il terrore dei nostri desideri, tutti quelli che furono il letto di un capovolgimento.

[Yasmina Reza: "Al di sopra delle cose"]