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domenica 29 dicembre 2024

Austerlitz – W.G. Sebald

 


Austerlitz – W.G. Sebald
(trad. Ada Vigliani)
Adelphi editore (I ed. 2001)


Sul tentativo di penetrare l'oscurità in cui siamo immersi.

W.G. Sebald è probabilmente l'autore che più ha influenzato la generazione di scrittori attuale e Austerlitz il romanzo che l'ha innalzato fino al ruolo di personalità di culto nel panorama letterario del primo quarto del XXI secolo.
La trama si dipana a partire dall'incontro della voce narrante con Jacques Austerlitz, professore di storia dell'Architettura, in una sala d'attesa della stazione ferroviaria di Anversa nel 1967. Da lì nasce una frequentazione episodica, fatta di conversazioni che vertono sulla struttura di edifici e costruzioni, chiacchierate apparentemente casuali che si interrompono per riprendere all'incontro successivo in un altro luogo, ampliandosi e arricchendosi di digressioni come cerchi generati da un sasso che cade in uno stagno. È la prosa caratteristica di Sebald: una scrittura che procede per associazioni di idee, uno stile ellittico che mescola realtà e finzione, arricchendo la narrazione con inserti fotografici e superando il genere romanzo ibridandolo con la biografia, il racconto di viaggio, il saggio. Una prosa più attenta ai temi che allo sviluppo dei personaggi, che a volte finiscono per risultare un po' deboli.
Dalle riflessioni sull'arte le discussioni si allargano al rapporto tra spazio e tempo, al viaggio e al movimento. Argomenti che scivolano inesorabilmente uno nell'altro, spingendo il protagonista ad andare indietro con il pensiero, alla giovinezza prima e all'infanzia poi, in un viaggio alla ricerca del tempo perduto e delle sue origini.

Austerlitz è un libro che pone la lotta tra oblio e memoria al centro del dibattito letterario. Da una parte ci sono i meccanismi di difesa, i tentativi di rimozione che l'inconscio mette in atto per non cancellare il passato e proteggersi dalle sofferenze, dall'altra il bisogno di sapere chi siamo, la volontà di vedere il proprio percorso nella sua interezza, senza tralasciare alcun particolare, conoscere la propria storia per dare un senso all'esistenza, ricordare il passato per tenerlo vivo. E in mezzo c'è l'uomo immerso nel labirinto della storia, che si sforza di vivere l'istante, di raggiungere quel luogo fuori dal tempo da dove si abbraccia tutto con uno sguardo, il punto fermo del mondo che ruota, l'Ehrebung del Burnt Norton eliotiano.
"Mi sono sempre ribellato al potere del tempo escludendomi dai cosiddetti eventi temporali, nella speranza – come penso oggi, disse Austerlitz – che il tempo non passasse, non fosse passato, che mi si concedesse di risalirne in fretta il corso alle sue spalle, che là tutto fosse come prima o, per meglio dire, che tutti i punti temporali potessero esistere simultaneamente gli uni accanto agli altri, cioè che nulla di quanto racconta la storia sia vero, che quanto è avvenuto non sia ancora avvenuto, ma stia appunto accadendo nell’istante in cui noi ci pensiamo, il che naturalmente dischiude peraltro la desolante prospettiva di una miseria imperitura e di una sofferenza senza fine."

"A mio giudizio, disse Austerlitz, noi non comprendiamo le leggi che regolano il ritorno del passato, e tuttavia ho sempre più l’impressione che il tempo non esista affatto, ma esistano soltanto spazi differenti, incastrati gli uni negli altri, in base a una superiore stereometria, fra i quali i vivi e i morti possono entrare e uscire a seconda della loro disposizione d’animo, e quanto più ci penso, tanto più mi sembra che noi, noi che siamo ancora in vita, assumiamo agli occhi dei morti l’aspetto di esseri irreali e visibili solo in particolari condizioni atmosferiche e di luce. Per quanto mi è dato risalire indietro col pensiero, disse Austerlitz, mi son sempre sentito come privo di un posto nella realtà, come se non esistessi affatto."

sabato 16 luglio 2022

Secondo natura: un poema degli elementi – W. G. Sebald

  





L'esordio letterario di Sebald (1988) è un poema diviso in tre parti, centrate rispettivamente sul pittore medievale Grünewald, lo studioso di scienze naturali G. W. Seller che seguì Bering nell'impresa di trovare una nuova rotta verso l'America, e una terza parte autobiografica.
Ad un angosciato e solitario Grünewald, per il quale la presenza dell'uomo sulla terra è "insana" e la natura
ignara d’equilibri,
che cieca compie, l’uno dopo l’altro,
esperimenti rivi di costrutto
e, come insano bricoleur, ecco
distrugge quanto appena ha creato.
Sperimentare fino al limite postremo,
è l’unico suo scopo, germinare,
perpetuarsi e riprodursi,
anche in noi e attraverso di noi, e mediante
i congegni nati dalle nostre menti,
in un’unica accozzaglia,

Sebold affianca un alter ego di nome Mathis Nithart, pittore dai vestiti sgargianti e "mago dei giochi d'acqua" che ne costituisce il contraltare.
Duplice è anche la personalità del naturalista Steller, dibattuto tra l'impulso ad avventurarsi nella natura selvaggia e quello a "porre un limite al disordine del mondo".
Riflessioni simili sono quelle che animano la terza parte dell'opera, se da un lato Sebald scrive che il cervello
lavora inesausto su tracce, 
ancorché labili, di auto-organizzazione,
e talvolta ne risulta
un ordine, a tratti bello
e rappacificante, ma anche più crudele
del tempo passato, il tempo dell’ignoranza
più avanti afferma che
Le linee guida dei grandi
sistemi non si possono
armonizzare, troppo diffuso è l’atto
della violenza, ogni cosa sempre
l’inizio dell’altra
e viceversa.

Secondo natura è un testo interessante, che contiene alcune delle tracce che saranno sviluppate da Sebald in seguito: la forza distruttiva del mondo e lo sforzo dell'uomo di trovare un ordine e il ruolo del ricordo come un ponte gettato tra vivi e morti per costruire una mappa del passato e conservarne la memoria.

domenica 23 maggio 2021

Gli anelli di Saturno. Un pellegrinaggio in Inghilterra – W.G. Sebald



Nell'agosto del 1992 Sebald inizia un viaggio a piedi attraverso la contea del Suffolk, in Inghilterra, "con la speranza di sfuggire al vuoto che si stava diffondendo in me". È un viaggio colto lungo le strade della memoria, tra il disordine di ricordi, pensieri e associazioni di idee che dilatano i loro confini fino a creare un territorio a metà strada tra reale e letterario, uno spazio nel quale l'autore (e noi con lui) si perde.
"L’invisibilità e l’inafferrabilità di ciò che ci fa muovere, questo è rimasto un enigma, alla fin fine insondabile, anche per Thomas Browne che considerava il nostro mondo solo come l’ombra di un altro. Egli ha quindi sempre cercato, nelle sue riflessioni e nei suoi scritti, di considerare l’esistenza terrena, le cose a lui più vicine così come le sfere dell’universo, dal punto di vista di chi ne è al di fuori, anzi si potrebbe dire con lo sguardo del Creatore. E per attingere le vette, indispensabili da raggiungere a tale scopo, l’unico mezzo che gli si prospettava era quello di un pericoloso volo ad alta quota sulle ali del linguaggio."
Le cose passano, e noi camminiamo sulle macerie di mondi trascorsi e costruiti uno sull'altro come le mura di Troia. La storia è una storia dell'evoluzione e della distruzione, la memoria un velo attraverso il quale guardiamo il passato.
Troppe cose sono successe prima di noi e ciò vanifica la possibilità di riportarle in vita con il ricordo. E allora perché scriverne?
"a chi ce lo domandasse non sapremmo dire perché continuiamo a scrivere, se per abitudine o per ambizione, oppure perché non abbiamo imparato a fare altro, o per la meraviglia che ci prende davanti alla vita, o magari per amore della verità, per disperazione o indignazione, così come non sapremmo mai dire se scrivere accresca in noi la saggezza o la follia. E forse tutti noi perdiamo la visione d’insieme appunto perché intenti a costruire ciascuno la propria opera, ed è magari per questo che tendiamo poi a confondere la complessità crescente delle nostre costruzioni mentali con un progresso nella conoscenza, mentre nel contempo già intuiamo l’impossibilità di capire gli imponderabili che davvero determinano il corso della nostra esistenza."

"Scrivere – conclude Sebald – è l'unico modo che conosco per difendermi dai ricordi. Se restassero chiusi nella mia memoria, con il passar del tempo diventerebbero sempre più gravosi, al punto che finirei per crollare sotto il loro peso via via crescente. Per mesi, per anni, i ricordi dormono dentro di noi e vanno in silenzio lussureggiando, finché un evento irrilevante li ridesta ed essi ci rendono singolarmente ciechi per la vita. Quante volte ho dunque percepito i miei ricordi e la loro trasposizione sulla carta come una faccenda umiliante e, in fin dei conti, esecrabile! Eppure, che cosa saremmo mai senza il ricordo? Non saremmo in grado di mettere ordine nemmeno tra i pensieri più semplici, il cuore più ardente perderebbe la capacità di volgersi con simpatia a un altro, la nostra esistenza consisterebbe soltanto in una successione infinita di momenti privi di senso, e non vi sarebbe più traccia di un qualche passato. Che miseria, la nostra vita! Così piena di idee insensate, così vana da non sembrar altro, a un dipresso, che l’ombra delle chimere generate dalla nostra memoria. Sempre più terribile si manifesta in me la sensazione di un’infinita lontananza. ".

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https://diacritica.it/wp-content/uploads/10.-A.-Gaudio-Gli-anelli-di-Saturno-2020.pdf