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sabato 23 gennaio 2021

Racconti completi – Haroldo Conti


«La vita di un uomo è un misero copione, una manciata di tristezze che riempiono poche righe. Ma a volte, così come ci sono anni interi di una lunga e fitta oscurità, un minuto della vita di un uomo è una luce accecante.»


Raccolta eterogenea di racconti con al centro l'epica del fiume, della campagna, dei grandi spazi aperti, storie costruite intorno a personaggi che un giorno arrivano e poi ripartono lasciando dietro di sé una scia di lacrime e sangue, ricordi che tornano a vivere per un momento per poi essere risucchiati nell'oblio.
Uomo e natura, in una simbiosi contrastata ma ineludibile. I protagonisti dei racconti di Conti finiscono per accordare il loro ritmo a quello del grande fiume e a quello delle stagioni. Sono per lo più vagabondi, uomini disillusi e solitari, mossi da un'ansia che gli impedisce di rimanere fermi in un luogo ma li spinge a muoversi alla ricerca di qualcosa a cui non sanno dare forma e sostanza. Professionisti della sconfitta che nascondono dietro alla maschera del silenzio e a un cinismo di facciata le mille cicatrici del cuore, scarti di un mondo abituato ad abbandonare al suo destino chi non sa più stare al passo.
Uomo e natura – si è detto – ma anche uomo e uomo, in un equilibrio regolato dalla legge del più forte, perché nella lotta per non andare a fondo tutto è lecito e non ci sono spazi per la poesia.
Eppure la penna di Conti ha note liriche ed è abilissima nel disegnare figure come il gallo Britos ("che è molto più anziano di quanto non sembri, anche se in realtà non sembra avere nessuna età e potrebbe essere vecchio quanto il mondo"), individui che sembrano usciti da un album di fotografie in bianco e nero e raccontano di un mondo passato. Personaggi come Ramón Pampín o come "il matto Seretti" che "passava la metà del tempo ad aggiustare il tetto, costruito con lamiere di seconda chiodatura, e alla fine aveva deciso di rimanerci sopra perché da lì si vedeva tutto in un altro modo". Personaggi come il signor Pelice "con le sue scarpette di vitello, la sua giacca di gabardine nera e il suo panama grezzo", il pirotecnico più rinomato della zona che scriveva lettere d'amore alla signorina Haidée ma che invece di spedirle preferiva usarle per imbottire i razzi dei botti.
Personaggi di un mondo, quello creato dalla penna di Conti, che non esiste più. Un mondo però più vero, più ingenuo ma più onesto di quello attuale.

sabato 28 marzo 2020

Sudeste – Haroldo Conti


L'uomo e il fiume

Sudeste è la storia del Boga, tagliatore di giunchi sul delta del Paranà che alla morte del vecchio che lavorava con lui decide di abbandonare la capanna nella quale vive ed inizia a vagabondare sul grande fiume, mosso dall'"ansia che spinge l'uomo verso l'orizzonte".
Un viaggio senza uno scopo preciso, per sopravvivere ma soprattutto perché il legame con quel corso d'acqua è una catena che il Boga non sa e non vuole sciogliere. Un viaggio che non prevede nessun punto di arrivo perché alla foce del Paranà "le distanze si dilatano e il traguardo si allontana insieme a te".
Come un Suttree ante litteram, l'uomo scivola lentamente dentro al suo destino. Quello del Boga è un modo consapevole di andare alla deriva, sentendosi parte del fiume e indifferente a tutto il resto. "Il fiume è splendido e l'uomo se ne sente misteriosamente attratto. Questo è tutto ciò che può dire". Un girovagare da un posto all'altro con la prua diretta verso nord, lottando con il vento di Sudeste che sferza il corpo ed i pensieri. Vivere nella pancia del fiume come unica aspirazione, sentirsi accolto da quella Natura, farne parte lasciando che le cose vadano come devono andare.
In Sudeste ci sono Boga, il fiume e il vento. E poi ci sono gli altri: figure di contorno, abbozzi di un'umanità che Conti tratteggia con contorni volutamente sfumati, persone senza passato e dal futuro quantomeno incerto. Il Bastos, Il Colorado Chico, il Lungo… ma soprattutto un omino "che sembra il Cabecita" con il suo cane Capi e un paio di brutti ceffi, uno senza nome e l'altro chiamato "Chino" ma conosciuto anche come "la Bionda", due delinquenti che con le loro malefatte cambieranno il corso della vita del Boga che si lascerà cadere dentro alla situazione senza far nulla per tirarsene fuori.
"Era come uno spettatore. Vedeva trafficare se stesso e gli altri come da una distanza incredibile e affaticante. L'aveva trascinato il fiume. L'estate. Un giorno o l'altro sarebbe finito tutto. Con un piccolo sforzo avrebbe potuto tirarsene fuori. Ma non era capace di fare uno sforzo, piccolo o grande. In qualche modo le cose si erano ingarbugliate e lui era rimasto lì."

Sudeste è un libro lento come il corso del fiume che descrive, un libro di silenzi, pensieri, descrizioni e pochi dialoghi. Un grande romanzo sul legame tra l'uomo e la natura, legame che Conti è ben attento a dipingere in maniera tutt'altro che idilliaca. Il Boga 'appartiene' alla natura, ed in nome di questa appartenenza accetta fatiche e sofferenze in cambio di quei pochi istanti di felicità che nascono dal sentirsi in armonia con il fiume ("A partire da quel momento, sulla spiaggia deserta, cucinando i pesci, poteva considerarsi un vagabondo. Non fu proprio questo ciò che pensò, ma improvvisamente si sentì invadere da una strana serenità, una placidità mai provata, e qualcosa di simile a una sorridente allegria. Finalmente si trovava nella situazione che aveva sempre desiderato."

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