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sabato 11 luglio 2020

Libro – José Luis Peixoto



Ciò che è veramente stato non è necessariamente ciò che è accaduto. È qualcosa di molto più importante, è la verità. Sì, lo so già, ma che cos'è la verità? Si, lo so già, non lo so.

Un'opera diversa rispetto alla precedente produzione letteraria di Peixoto e che nasce da un bisogno dell'autore che qui utilizza la letteratura come strumento per fare i conti con la sua storia personale e con quella di una generazione di portoghesi, emigrata in buona parte in Francia nel periodo compreso tra gli anni '50 e la Rivoluzione dei Garofani.
Peixoto ci racconta la storia di Ilídio e anche quella degli altri personaggi sempre in bilico tra realtà e fantasia, perché ognuna delle figure di questo libro porta con sé una storia che merita di essere ascoltata: da quella di Galopim a quella di Lubelía, da quella di Cosme a quella di Adelaide…
La trama in realtà è piuttosto esile: c'è un ragazzino abbandonato dalla madre con un libro in mano che si innamora di una coetanea che viene però mandata dalla zia in Francia. Il ragazzo parte per Parigi alla ricerca dell'amata e quando la trova scopre che le cose sono cambiate (e mi fermo qui per non rovinare il piacere della lettura).
È proprio il libro che Ilídio stringe tra le braccia all'inizio del racconto il fulcro della storia, non tanto per quello che contiene (non sappiamo di cosa parli) quanto per ciò che rappresenta: il libro è il ricordo della madre ma anche l'oggetto che allontanerà il protagonista da Adelaide, il libro ha un ruolo così importante che Libro sarà il nome che Adelaide darà al figlio.
Libro è un romanzo sulla ricerca delle radici individuali e nazionali, sul perdersi e sul ritrovarsi, sviluppato seguendo il consueto doppio binario poetico e realistico che caratterizza la prosa di Peixoto e che qui sembra smorzare in parte il carico lirico rispetto alle opere precedenti.
Un'opera ambiziosa e importante che, incomprensibilmente, si perde con qualche passaggio a vuoto (la donna-lupo) e soprattutto per una trentina di pagine verso la fine quando rincorre un post-moderno e un meta-letterario fuori luogo, ma è un peccato che a Peixoto si perdona volentieri.

sabato 27 giugno 2020

Nessuno sguardo – José Luis Peixoto



Leggo molto. Ogni volta che inizio un libro fatico un po' ad avvicinarmi a un nuovo stile, al ritmo e alla struttura della trama. Non sempre è facile prendere rapidamente le misure allo scrittore che ho davanti e spesso devo tornare più volte su pagine già lette per riuscire ad entrare nella storia.
Peixoto, da questo punto di vista, è una lettura particolarmente impegnativa. E stimolante, perché spesso le due caratteristiche vanno a braccetto. Nessuno sguardo è un testo paradigmatico della scrittura dell'autore portoghese: una storia che sembra scolpita nella pietra, ambientata nelle campagne dell'Alentejo, in un mondo dove il ritmo delle giornate è scandito dal lavoro, dalla fatica e dalla violenza che fanno da sfondo alle vicende di due generazioni di pastori. Detta così sembrerebbe la classica saga familiare, con intrighi, amori e tradimenti, e in effetti queste componenti ci sono tutte, se non fosse che Peixoto sceglie di trascendere da subito lo scenario rurale nel quale ha disposto le sue pedine per spostare il racconto sul piano di un realismo magico di stampo saramaghiano.
I richiami biblici dei quali è costellata la trama sono così trasfigurati e ci troviamo ad assistere a scene di vita contadina alle quali partecipano ultracentenari, gemelli uniti per un dito, il diavolo, un gigante, una prostituta cieca, un'arca dalla quale fuoriesce una voce e un cane che sa in anticipo quello che succederà… Se a questo aggiungiamo che si tratta di un romanzo polifonico con sfasamento dei punti di vista e dei piani temporali, ricco di metafore, ripetizioni, pensieri che si accavallano e caratterizzato da un timbro che cambia da potente a soffuso, da apocalittico a malinconico, ce ne sarebbe a sufficienza per mandare fuori giri la macchina narrativa.
E invece il meccanismo funziona alla perfezione. Grazie alla prosa poetica con la quale Peixoto interpreta un romanzo che si regge su una comunicazione visiva più che sulla parola. Le immagini che l'autore disegna sulla pagina sono così caratterizzate da una potenza evocativa che le fa "crescere" in maniera da offrire al lettore la possibilità di interpretarle in maniera personale e costruire così il suo romanzo. Fondamentale da questo punto di vista diventa la figura dello scrittore che vive nella casa senza finestre e che rappresenta l'autore del libro, incaricato di raccontare quello che i protagonisti del libro vivono senza in realtà vedere davvero.
Nenhum olhar, nessuno sguardo, appunto. Perché i personaggi trascinano le loro vite senza comunicare davvero, senza condivisione. Tra loro c'è troppo spazio e così non trovano le parole per dirsi le cose, per dichiarare i loro sentimenti: guardano ma non vedono.
Nessuno sguardo è un'epica tragica e commovente dominata dalla solitudine, dal silenzio e dall'inevitabilità di un destino condannato a ripetersi nel tempo ed al quale è vano provare a sottrarsi. Speranza è una parola della quale si è perso il significato e l'uomo è condannato ad espiare la sua colpa vivendo, ritagliandosi come unico spazio la possibilità di sognare.

sabato 25 aprile 2020

Una casa nel buio – José Luís Peixoto



L'amore è la solitudine, l'amore è tutto ciò che esiste.

Romanzo cardine di uno degli autori più importanti della "generazione del '90" portoghese, Una casa nel buio è un'opera sorprendente che pone Peixoto in diretta continuità con Saramago e Lobo Antunes, giganti dei quali mostra di aver compreso e rielaborato in maniera personale la lezione.
Una storia sospesa in uno spazio senza tempo abitato da personaggi improbabili: un ragazzo che scrive, la madre che vive incurante di quello che succede intorno a lei, la schiava Miriam, il principe di Calicatri che conosce ogni cosa e il signor violinista. A questi, dopo la comparsa sulla scena di misteriosi e crudeli invasioni, si aggiungeranno il visconte di Dedodida e nessuno, un uomo mutilato di occhi, orecchie, naso e lingua.
Realismo magico, forse, ma temo che ogni classificazione possa risultare riduttiva per un romanzo così ricco di metafore, allegorie e simboli che possono portare il lettore in mille direzioni diverse. Penso al siliquastro, l'albero di Giuda sotto al quale il ragazzo sognava da piccolo, la stessa pianta alla quale si impiccò il bisnonno del protagonista e sotto la quale nacque il nonno. Penso al pozzo e alla statua che sono nel giardino della casa dove è ambientata la scena, alla moltitudine di gatti che ne riempiono le stanze, alla montagna che si staglia sullo sfondo…
Una casa nel buio è un'opera originale anche dal punto di vista stilistico, caratterizzata da una scrittura definita "scarna e barocca", con frasi brevi ma ricche di enfatizzazioni e soprattutto reiterazioni che danno alla prosa un ritmo quasi ipnotico, nel tentativo di costruire una lingua personale come se quella classica non avesse tutti gli strumenti necessari per permettere all'autore di trasferire al lettore quello che ha dentro (come spesso succede quando gli scrittori provano a far veicolare alla parola sentimenti ed emozioni).
Sentimenti, emozioni ed anche illusioni. Come l'amore del ragazzo per una donna che vive dentro di lui, o quello della madre per la musica e quello del principe di Calicatri per la conoscenza. Sentimenti spazzati via dall'ingresso sulla scena di una violenza la cui forza risulta amplificata da una narrazione che in questo caso privilegia il registro cronachistico, limitandosi ad una descrizione essenziale priva della minima partecipazione emotiva da parte dei personaggi, quasi a sottolinearne l'inevitabilità. La successiva epidemia di peste che scoppierà nel paese servirà poi a ribadire che tutto ciò che desideriamo è impossibile, recidendo anche i germogli di umanità che timidamente stavano sbocciando tra i figli degli invasori.
Come Questa terra ora crudele anche Una casa nel buio è un'opera delicata e crudele, ma anche poetica, visionaria, surreale ed oscura, un cannocchiale e insieme un microscopio che Peixoto punta sul mondo e sui suoi abitanti. È una riflessione sulla scrittura, sull'uomo e sulla società ma anche sul tempo che trasforma ogni cosa e soprattutto (questa mi sembra la vera cifra della poetica dello scrittore di Galveias) sull'amore e sulla felicità e contemporaneamente sulla solitudine e sul dolore nel tentativo, tutto letterario, di riuscire a conciliare gli opposti.

sabato 18 aprile 2020

Questa terra ora crudele – José Luís Peixoto



Nel 2000 un allora sconosciuto José Luís Peixoto pubblicava a sue spese questo libriccino, Morreste-me (Mi sei morto), un'elegia in memoria del padre appena scomparso.
L'impossibilità di accettare una perdita così grande, di vedere la vita continuare a scorrere intorno a sé e insieme l'orgoglio di volersi dimostrare all'altezza delle aspettative del padre. Il richiamo alla terra (crudele), il contrasto di luce/buio, vita/morte, movimento/staticità.
Un libro delicato e violento, una scrittura fatta di frasi brevi e ricca di reiterazioni, che porta la prosa al limite con la poesia. La parola per Peixoto riveste (anche) un ruolo consolatorio, tocca cose e momenti della vita familiare dello scrittore e così facendo le richiama in vita, in maniera simile a quanto accade nei romanzi di Lobo Antunes.
Scrittore da seguire con attenzione.