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sabato 30 novembre 2013

Canzone dell'onda e della riva


Il suono dell'onda che si gonfia lontano
riempie lo spazio e si dilata nel tempo.
Canto suadente che sale e che scende
voce muta che culla il pensiero
musica che racconta storie di ieri.

Silenzio,
solo il suono dell’onda.

Sulle terrazze ordinate di filari spogli
i muri a secco ricamano morbide curve
che si allungano digradando fino alla costa.
Corpo sinuoso di donna che dorme,
nuda sposa che attende sognando

Silenzio,
solo l’attesa dell’innamorata.

L’onda selvaggia inizia il suo viaggio
allunga le spire stringendo verso riva
per portare all’amata tremule gemme di luce.
Sempre più vicina la costa
attende impaziente l'ineludibile abbraccio.

Silenzio,
solo il canto dell’innamorato.

Lieve scivola l’onda verso la sponda,
si accosta piano e l’accarezza leggera
la circuisce maliziosa, la sfiora e poi la tocca
la prende e poi la lascia in un gioco di sguardi,
dove rimbalzano gioia e sofferenza.

Silenzio.

Una spada luminosa allunga i suoi raggi
Una lingua di fuoco sorprende i due amanti.

Anche il sole benedice quel bacio.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]


sabato 20 ottobre 2012

Liturgia pagana


Accade
che mentre cammino costruendo mondi
apra gli occhi e si accenda il mare.

Dubito
che questa volta sarà come le altre.

Temo
che il sangue non si scioglierà
che il metallo non diventerà oro
che il ramo nella mano del bambino non si farà spada.

Perché non c’è spiegazione a quello che accade quando incontro il mare,
nessuna certezza che la magia si ripeta ogni volta.

Invece succede.
Anche questa volta,
come le altre volte è stato.
Succede
che mi senta capito senza far scorrere parole
accolto nella casa del padre
senza dover fabbricare giustificazioni.

Qui dove si parla una lingua che non ha bisogno di parole
qui dove le cose esistono di per sé
senza il bisogno dell’uomo che le giustifichi.

Qui al punto fermo dove la danza ha inizio.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

domenica 23 settembre 2012

La caduta



Sono caduto su un mare di specchi
Tra sorrisi di circostanza
Ed attenzione agli schizzi
Tra strette di mano sudate
E lingue affilate come lame.
Una caduta rovinosa
Con vetri in frantumi
Che riflettevano all’infinito
La mia immagine deformata.
Una caduta fragorosa
Come non avrei voluto
In mezzo a una folla
Prima attonita e poi seccata.
Spruzzi in ogni canto
Acqua e fango sulle vesti.
Inutili le scuse e le frasi di rito
La colpa ad altri o al fato
Le promesse di riparare al danno procurato
Le assicurazioni che in futuro mai
E più attenzione in caso che.
Sono caduto in mare un giorno
Ed al risveglio non ricordavo di avere sognato
Quando mi sono alzato
Non ero neppure bagnato.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

domenica 5 agosto 2012

Davanti alla siepe


Il sentiero che termina in uno spiazzo,
la siepe e sotto il mare.

Un pomeriggio al rallentatore
che non si decide a morire
e un sole pallido che indugia
carezzando le scaglie
del drago d’argento.

Il vecchio giorno
abbandona lento la scena
mentre io assisto all'ultimo atto
in piedi davanti alla siepe

appoggiato ai miei sogni
attento a non cadere.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

sabato 14 luglio 2012

Dalla grotta Byron


E’ una selva di pini
che agita le chiome
dentro diga.
Il Libeccio un pastore 
che guida le onde
nella gola sotto San Pietro.

Un spruzzo si leva più alto,

poi ricade con fragore
sulla roccia piatta.
Poi un altro, e un altro ancora.

Ma non quello.


Quello è passato, 

perduto per sempre.

Coltivo il ricordo,

lo annaffio ogni mattino
con il miele del rimpianto.
Colleziono oggetti
che nessuno cerca più,
mi balocco con pensieri
più leggeri dell’aria.
Quello spruzzo è stato ieri,
o mille anni fa.
Quando me ne accorgo
sono già oltre,
dall'altra parte dello specchio.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]


sabato 16 giugno 2012

Risacca



Carezza il bagnasciuga
nell'ora più stanca,
come gatto indolente
che si stira
annusando l’aria leggera.

Blandisce l’arenile,
leviga pietre millenarie,
movimento antico
muto parlare
a cuori in ascolto.


E mentre l’ultimo raggio
si spegne all'orizzonte
risuona nel vento una musica dolce,
preludio al vespro.

Poi calerà il sipario.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

domenica 27 maggio 2012

Dimissioni dalla lotta




Sono piovuto su un mare d’argento
un giorno di brezza leggera.
Intorno a me persone in maschera
nuotavano da millenni
rincorrendo bolle di sapone
che un vento capriccioso
spingeva un po’ più in là.
Il cielo era vestito dalle voci
di gente che chiedeva,
ma il suono del mare
copriva le risposte.
La riva era un miraggio
che si dissolveva
quando credevi
di averlo raggiunto.

Ho provato a seguirli,
ho rincorso oggetti e idee
cambiando più volte direzione.
Ho cercato rifugio
nelle profondità marine
per nascondermi dagli altri.
Ma ogni volta che il fondo
sembrava a portata di mano
mi spingeva via
ed io tornavo a galla
deluso e senza fiato.

Per soddisfare la sete dei miei sogni
non ho trovato nient'altro
che un contagocce consumato.
Stanco di girare in tondo
e di vagare senza meta
ho ammainato le vele
e mi sono arreso.
Sdraiato sul dorso
ho smesso di nuotare.

Dimesso dalla lotta
mi sono lasciato portare.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

domenica 5 febbraio 2012

Primo Gennaio



Scivola silenziosa sull'acqua immobile
una barca che passa - lontano
sfiora i flutti, suscita sogni,
si lascia alle spalle scie di spuma bianca.

Velo di sposa che striscia verso l’altare,
strappo nella carne che il mare ricuce.

Sono la barca che esce dall'ombra,
figliol prodigo che torna alla casa paterna.

Allento le cime, poi spiego le vele,
annuso l'aria e tendo le orecchie
attratto dall'incanto delle mie sirene.

Non importa che nulla accada,
finché posso immaginare che tutto accadrà.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

domenica 30 ottobre 2011

Tra due attimi


Subito dopo che l’onda si alzasse sulle punte per sfidare il mondo
ma subito prima che esplodesse in mille pezzi a frantumare                                                                                                    [lo specchio.
E’ allora che è successo.

Subito dopo che il gabbiano planasse morbido sulla nera roccia
ma subito prima che riaprisse le ali mirando al cuore del cielo.

C’è stato un momento
in cui mi sono affacciato
sul bordo del pozzo a guardare il fondo
per lasciarmi travolgere dalla vertigine.
Una crepa nel tempo,
uno spazio stretto e profondo,
un raggio di sole
filtrato per un attimo ad illuminare il buio della stanza
prima di restituire ogni cosa al suo sonno.

E’ stato allora che è successo,
in quell'istante tra il prima e il dopo
in quella piega del tempo dove nascono le cose:
una nuova onda, il volo del gabbiano,
un nuovo pensiero.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

domenica 11 settembre 2011

Lerici


Dire degli alberi che scodinzolano in rada
in bilico tra la voglia di strappare il guinzaglio
per rincorrersi ancora volta sull’azzurro del prato
e il dubbio che l’ultima corsa sia stata quella trascorsa
è dire di questi giorni sospesi
tra sogni appassiti e cose da fare.
Giorni di gente seduta ai tavolini dei bar
e già un po’ lontana,
gente che si guarda guardare
con occhi che non vedono più.
Valigie si chiudono
e mani si separano
sotto il sole stanco di giorni che sfuggono
e che nessuno cerca di fermare,
che non si può, o non si vuole,
che è già tempo di andare.
Giorni d’attesa,
di persone in fila ad aspettare,
giorni di cassetti vuoti
e di pensieri antichi,
di nuvole che passano incerte
e di macchine che accendono i motori
e partono
e vanno via.
Il prossimo anno, forse , torneranno.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

sabato 20 agosto 2011

Agosto

Agosto muta in Settembre
bruciando le pagine
e consumando i giorni.
L’estate pigra e lasciva
tradisce le attese,
scivola via indolente.
La luce prima esplode
poi si nasconde dietro le tende,
confonde il vero
inganna i sensi,
la vita breve delle foglie.
Il tempo sembra non passare
poi finisce all'improvviso,
senza avvertire.
Sembra quasi che...
e invece no.

L’estate,
che non mantiene le promesse.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

sabato 9 luglio 2011

Azzurro e possibilità

Alle volte sogno,
e la brezza nervosa che si alza da prua è il segno.
Scorrono veloci le cime nelle mani forti
si spiegano le vele come petali che si schiudono al sole.
Estate. Profumo di azzurro e possibilità.

Alle volte sogno,
e quando le altre barche ritirano la testa dentro al carapace
io mi alzo sulle punte per sfidare il mare nero
e gonfio l’ego come rana che ha smarrito la coscienza del sé.

Alle volte sogno,
ma questa è la vita
e qui io galleggio.

Ignota la rotta.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

mercoledì 15 giugno 2011

Sulla Litoranea, tramonto



E di nuovo ritorno dov’ero
di nuovo sono dove sono già stato
dove sono rimasto anche quand’ero lontano,
a quei tramonti
a quel che resta di quei giorni,
vino sul fondo del bicchiere.
polvere nei cassetti della stanza.
Di nuovo ritorno spettatore
ed assisto all'antico rito
che si ripete sempre uguale
al calare delle ombre,
quando il vecchio sole
butta giù l’ultimo bicchiere
e poi si congeda con passo strascicato
dopo aver spento il mozzicone
nell'azzurro del piatto
sul tavolo, lì davanti.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

mercoledì 26 agosto 2009

La solita vecchia storia

La schiena sulla roccia e la roccia sopra al mare
immobile come insetto che sentendosi osservato
trattiene il gesto per ingannare l’occhio,
accordi il tuo respiro alla risacca
e chiudi gli occhi e vedi.


Vedi il tuo corpo disteso e un altro te che osserva
sei dentro il quadro e fuori
ovunque e in nessun dove.


La solita vecchia storia,
di te sul punto di
e di lasciarti andare
che invece torni indietro e ti nascondi
dietro i “se” e i “ma”, “forse” e “domani”.


La solita vecchia storia
di te che ti avvicini e ti allontani
di te che in parte vivi
e in parte aspetti.


[Lars W. Vencelowe: "Mater Mare"]

sabato 13 giugno 2009

Dichiarazione di intenti

Non sono il nuotatore avvezzo al mare
che slancia con foga il braccio sopra l’onda
o il bambino attratto dall'ebbrezza
di abbandonarsi a schizzi e giochi d’acqua.
Io preferisco restarmene in disparte
e se mi avvicino è solo per guardare,
io sono di quella specie che predilige l’ideale
e lascia l’oggetto a chi lo vuole.
Col tempo ho affinato i miei strumenti
col tempo ho imparato a sublimare:
ascoltare il silenzio, il muto parlare
spogliarsi del peso del reale
scoprendo che senza è più facile volare.

[Lars W. Vencelowe: "Mater Mare"]

venerdì 24 aprile 2009

Campiglia

Una strada stretta fra le case, divisa a metà tra ombra e sole. Scalini di sasso, ciuffi d’erba del mezzo. Nell'aria il profumo del pranzo della Domenica, ricordi di altri pranzi, di altre Domeniche… Un pesco in fiore scaccia indietro l’inverno. Un uomo che sale, il ronzio di un’ape. Un contadino carezza un tralcio di vite. Il mare, là in fondo. La foschia del mattino ha cancellato la riga dell’orizzonte, cielo e mare si mescolano e le vele sembrano galleggiare nel vuoto come in un quadro di Chagall. Scendendo la strada si fa viottolo, e poi sentiero, i campi coltivati lasciano il posto a piane abbandonate. Due farfalle si corteggiano incrociando il volo, il fruscio di una lucertola, il frinire delle cicale. Voci di un mondo interrotto dalla mia presenza. Capisci che la strada che stai calpestando non deve condurti per forza da qualche parte, è lei, la strada, che importa. Come la percorri, quello che incontri durante.

[Lars W. Vencelowe: "Mater Mare"]

domenica 22 marzo 2009

Quel che resta


Alghe, legni spezzati e corde rotte
oggetti a fine corsa
quel che resta di un pasto,
e poi vetri, pezzi di plastica, ferri arrugginiti
cose con un passato ma senza domani
gli avanzi che il mare ha sputato in faccia all'arenile.


Quel che resta è un campo di battaglia
un corpo sfregiato da mille cicatrici
che il mare carezza con mano leggera -
docile, come fiera ormai sazia


e la notte di tregenda
sembra tanto tempo fa -
irreale, come il sole che ora incendia
un cielo sfolgorante.


[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

sabato 21 febbraio 2009

Litoranea


Una macchina ferma dietro la curva.
Un uomo e una donna, le loro voci.
Le parole di lui, tagli nel silenzio.
Il riso di lei, profumo di fresco.

Comparse che recitano la vita, indifferenti al palco.
Pesci rossi che si corteggiano, ignari del vetro.

L'uomo ha una macchina fotografica
la donna è in posa
come statua davanti al mare.
Lui si avvicina e si allontana, cerca la messa a fuoco,
lei si aggiusta i capelli, lotta con il vento,
bella come Venere che esce dalle acque.
Fotografie,
una dietro l'altra.
Timbri sul passaporto
nodi al fazzoletto per non dimenticare.

Osservo non visto la scena:
l'uomo che sceglie la luce migliore, che regola l'esposizione,
che calcola il dettaglio e poi scatta un'altra foto.
L'uomo che rincorre la sua idea del mare,
farfalla che sfugge ogni volta
dalle maglie - troppo larghe - della rete.

Il vento di tramontana ha spazzato in un canto le nuvole,
il cielo si veste di un celeste sfacciato,
splendente come la tovaglia buona,
tirata fuori per l'occasione.

L'uomo e la donna passano,
e scattano foto.
Trofei, da esibire al ritorno,
domani, quando oggi sarà stato tanto tempo fa.

[Lars W. Vencelowe: "Mater mare"]

venerdì 2 gennaio 2009



Un album da disegno
perduto o lasciato
Volta le pagine la mano del vento
come quel giorno le pagine del Libro
come quel giorno la talare ai porporati


Un tentativo di barca, per il bambino che disegna
voglia di volare, per l'Uomo Che Sogna

E' macchia che imbratta la tela
è piroscafo, e gozzo, e vela
è punto interrogativo che galleggia nel vuoto
è sogno
è ricordo
è vita che scorre e pensiero che resta
è voglia di esserci e bisogno di annullarsi
è metafora e luogo comune
è archetipo
è anelito di libertà
è qualcosa che sfugge
è altro ancora


[Lars W. Vencelowe: "Mater Mare"]