Dopo le liste di Guardian, New York Times, LitHub, seguite a ruota da quelle di siti, blogger e critici (non ultimo Berardinelli) a centinaia, anche il nostro gruppo ha deciso di cimentarsi in questa impresa. Il confronto tra gusti letterari, sensibilità e competenze dei redattori di LVW&F ha evidenziato una sostanziale univocità di vedute, dalla quale è nato l'elenco che vi proponiamo. Si tratta, inutile dirlo, di scelte opinabili, basate sull'esperienza di lettori e non di specialisti del settore; giudizi che hanno il valore di un gioco e destinati a cambiare nel tempo perché, come diceva Woody Allen, "alle volte mi vengono in mente delle cose con cui non sono affatto d'accordo".
n. 25
Terminus radioso – Antoine Volodine (2014)
Una distopia post-apocalittica ambientata in uno spazio-tempo abitato da burattini sospesi tra la vita e la morte. Esistenze senza più senso si trascinano in un non-luogo aggrappate a ricordi che scivolano via, mentre la natura violentata dalle mani dell'uomo cova paziente il momento della vendetta.
Il post-esotismo volodiniano al suo meglio.
n.24
La coscienza di Andrew – E. L. Doctorow (2014)
A 84 anni Doctorow sorprende con un'opera che si propone di innovare il romanzo: mescolando realtà e immaginazione, La coscienza di Andrew riflette in maniera lucida e appassionata su meccanismi e limiti della mente, con il protagonista elevato a metafora dell'uomo occidentale.
n.23
Zona – Mathias Ènard (2008)
L'ultima missione di una spia in viaggio in treno da Milano a Roma è un flusso di coscienza che parla di guerra, con la zona in questione che finisce per dilatarsi da spazio geografico (il Mediterraneo: dai Balcani al Medio Oriente) a mentale. Un'Iliade moderna, la guerra come destino, stigma, vizio del quale l'uomo non riesce a fare a meno. Un libro che è la perfetta rappresentazione della liquidità di un'epoca in cui fiction e vita reale sembrano sfumare una nell'altra.
n.22
Trilogia della guerra – Agustín Fernández Mallo (2018)
Tre storie collegate tra loro, incentrate sulla guerra e il male che rappresenta. Memoria contro oblio, capacità di inventare mondi paralleli e proposta di un nuovo umanesimo centrato sull'estetica della spazzatura (e che ritaglia un ruolo centrale all'idea della morte), sono le principali linee tematiche in cui si articola questo ricco romanzo postmoderno.
n.21
Paradiso e Inferno – Jón Kalman Stefánsson (2010)
Un libro sulla forza, la bellezza ma anche i limiti della parola, alla quale è affidato il compito di salvare il mondo. Tra luce e buio, l'autore si affida a un tono lirico mai lezioso per raccontare una storia dal respiro dei grandi romanzi d'altri tempi.
n.20
Il romanzo luminoso – Mario Levrero (2005)
Un monumento al fallimento, come l'ha definito lo stesso autore. La storia di un Oblomov moderno, impegnato in un prologo di quasi 500 pagine a rinviare l'appuntamento con la scrittura, mentre in realtà è intento a liberarsi dei lacci che ne frenano l'accesso alla dimensione del sublime che costituisce la seconda parte del racconto e che di pagine ne conta poco più di un centinaio. Romanzo del desiderio contro romanzo del dovere, ennesima perla della letteratura sudamericana.
n.19
I libri di Jakub – Olga Tokarczuk (2014)
La storia di un falso messia e della sua capacità di manipolare le masse. Una pluralità di voci per un grande affresco pseudo-storico perché, nelle parole dell'autrice, “la finzione è in qualche modo più forte della realtà, e i suoi personaggi più veri di quelli vivi. Questo è il grande segreto della letteratura”.
n.18
Memoria della memoria – Marija Stepanova (2017)
Opera a metà tra saggio e romanzo caratterizzata da una sovrapposizione di piani narrativi e un intertesto ricchissimo. Si parla di memoria, dei suoi materiali, dei meccanismi e di come si articola a livello familiare e storico. Un'opera che rappresenta il tentativo di affrontare e superare la fissazione del mondo letterario russo per il passato, specchio di una crisi ideologica caratterizzata dal rifiuto di confrontarsi con il presente e di pianificare una prospettiva per il domani.
n.17
Il tempo materiale – Giorgio Vasta (2008)
L'Italia degli anni di piombo vista attraverso gli occhi di tre undicenni che ci propongono una lettura emotiva del Settantotto, anno che celebra la cesura tra due epoche. Lo scontro tra l'ironia, con cui i mezzi di comunicazione cercano di esorcizzare gli avvenimenti dell'epoca (e che in seguito verrà elevata a sistema), e il trauma che quegli avvenimenti rappresentano. Un uso sublime del linguaggio, "l'alfamuto", un codice di comunicazione attraverso il quale i ragazzini utilizzano i simboli della cultura di massa dell'epoca rileggendoli in funzione dei loro scopi, utilizzo delle forme cambiando i contenuti simile per certi aspetti a quello che facevano Schifano, Angeli, Festa, Rotella, gli artisti della pop-art.
n.16
Nessuno sguardo – José Luís Peixoto (2001)
Scene di vita rurale nella campagna dell'Alentejo, interpretate e trasfigurate da una delle penne più originali della letteratura portoghese contemporanea. Un romanzo polifonico e surreale raccontato con una prosa poetica particolarmente convincente. Un'epica tragica e commovente dominata dall'inevitabilità di un destino crudele che lascia all'uomo come unica via di fuga il sogno.
n.15
Lo stato delle cose – Richard Ford (2008)
Un romanzo sul mestiere di vivere, sul tentativo di costruirsi un sistema che permetta di andare avanti tenendo insieme i pezzi del passato e quelli del presente. Frank Bascombe, protagonista di diversi romanzi dell'autore statunitense, si trova qui alla prova della mezza età, fotografato nel tentativo di “mettere a posto lo cose”.
Hemingway diceva che la cosa più difficile che ci sia al mondo è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani. Con questo romanzo, Richard Ford c'è riuscito perfettamente.
n.14
Dai cancelli d'acciaio – Gabriele Frasca (2011)
Una discesa vertiginosa verso gli Inferi individuali e collettivi. Il male, il tradimento, il complottismo, il dualismo corpo/anima, il crollo delle ideologie, la comunicazione, il mondo virtuale, la realtà intesa come un sogno solitario ad occhi aperti… Un grande romanzo visionario, un fiume impetuoso ricco di affluenti, metafora sublime il nostro presente.
n.13
Fisica della malinconia – Georgi Gospodinov (2011)
Con Fisica della malinconia Gospodinov prosegue nel tentativo di innovare la forma romanzo, attraverso una narrazione per frammenti che mescola lirico e prosaico, pluralità dei punti di vista, cultura alta e popolare, che trascinano il lettore in una sorta di labirinto della memoria. Tra sottotrame a decine, emerge una grande riflessione sul trascorrere del tempo e la malinconia per l'impossibilità dell'uomo di cambiare il finale della storia.
n.12
Dublinesque – Enrique Vila-Matas (2010)
Libro di libri, romanzo psicologico, esistenziale, apocalittico, post-moderno e anti-realista, che unisce Joyce e Beckett (l'alfa e l'omega del secolo trascorso) con Vilém Vok. Samuel Riba è l'antieroe malinconico di una trama che tiene insieme vero e falso e ci sfida a trasformarci in "lettori attivi", per dimostrarci all'altezza dei libri che leggiamo.
n.11
Museo animale – Carlos Fonseca (2017)
Opera che incarna alla perfezione l'idea di romanzo moderno: storie nelle storie, una narrazione centrifuga che si dipano attraverso mille sentieri diverso. Si parla di camuffamento e fake news, del ruolo dell'arte e della storia, di bellezza e distruzione, della ricerca di identità e delle ossessioni. Qui si parla, come in tutti in grandi romanzi, della vita. Qui si costruiscono mondi.
n.10
Capelvenere – Mikhail Shishkin (2005)
Shishkin è una delle penne più interessanti della letteratura russa contemporanea. La trama di questo libro, articolata in tre storie intrecciate tra loro, parte dalla guerra per sviluppare riflessioni su ricordi, ricerca della bellezza, della felicità e soprattutto – tema ricorrente nei romanzi dell'autore – sull'importanza della parola e del potere della narrazione. Interessante tentativo di travalicare il postmoderno verso una forma che potremmo definire postrealismo.
n.9
Poena Damni – Dimitris Lyacos (2018)
Opera che riscrive le regole della letteratura ibridando i generi (qualcuno ha parlato di surfiction). Una sintassi piegata alle esigenze della scrittura, con l'eliminazione di aggettivi e avverbi e l'inserimento di spazi bianchi, cesure improvvise, frasi che sembrano scontrarsi, pensieri che si accavallano, salti di ritmo e di argomento. Tema del libro è la fuga dell'uomo attraverso un mondo disgregato, ridotto in macerie e che non si lascia comprendere, il tentativo di sopravvivere alla morte cercando la salvezza in uno spazio-tempo indefinito.
n.8
Arcipelago dell'insonnia – António Lobo Antunes (2008)
La classica scrittura del maestro portoghese che, lavorando per immagini, frammenti e ricordi interrotti, ricostruisce la storia di una famiglia. Un romanzo polifonico abitato da "personaggi senza cornice" che vivono fuori dal tempo, con vivi e morti sospesi nella medesima dimensione. Un libro sulla parola che tiene viva la memoria, lavorando come una bacchetta magica che nomina oggetti, persone, animali, gesti, odori, facendoli rivivere nel ricordo.
n.7
Déjà vu – Tom McCarthy (2007)
Tom McCarthy è l’avanguardia e Déjà-vu un’opera vertiginosa sulla memoria come unico luogo dove l’uomo riesce a essere autentico, ma anche sui falsi ricordi che ci rammentano quanto a volte essa possa essere fallace. Non solo interiorizzazione, ma anche il tentativo di portare il ricordo nella realtà, con una rilettura attualizzata di Proust. E poi il denaro come demone tentatore, il solipsismo, l'arte l'inganno delle parole e la tensione dell'uomo verso l'assoluto.
n.6
L'altro nome. Settologia I-II – Jon Fosse (2019)
La storia di Asle, che dipinge per allontanare il dolore e provare ad avvicinarsi alla quiete interiore annullandosi nel vuoto del silenzio. Una scrittura rarefatta e ipnotica per un grandioso monologo sul senso della vita e della morte, sul tentativo di descrivere come vanno le cose, sulla presenza e sull'assenza di Dio.
n.5
Il ritorno del barone Wenckheim – László Krasznahorkai (2016)
Krasznahorkai è il cantore dell'Apocalisse, non quella che potrebbe arrivare ma questa che stiamo vivendo. Con la classica prosa ampia e magmatica, l'autore ungherese racconta l'uomo descrivendone i comportamenti senza spiegare le cause. Il risultato è una danza tragica sulle macerie della nostra società: incomunicabilità, solitudine, assenza di principi morali, il grande Vuoto verso il quale stiamo correndo.
n.4
Austerlitz – W.G. Sebald (2001)
Il romanzo che più di ogni altro ha influenzato la nuova generazione di scrittori. Sebald è un flâneur moderno che grazie a un uso originale della parola e dello sguardo rimette al centro della narrazione la memoria e il disagio dell'uomo del nostro tempo. Capolavoro assoluto.
n.3
2666 – Roberto Bolaño (2004)
Il libro che apre il XXI secolo con la violenza e la stessa forza immaginifica con cui Infinte Jest aveva chiuso il XX. Un romanzo incompiuto in cinque parti, che dialogano e si disperdono in mille rivoli. La ricerca di uno scrittore scomparso nel nulla, con il mistero che si infittisce progressivamente: vita e morte intrecciate nel grande deserto della casualità.
n.2
Abbacinante. Il corpo – Mircea Cărtărescu (2002)
Un viaggio vertiginoso dove surreale, poetico, postmoderno e meta-narrazione si intrecciano, dove il reale si confonde con la finzione e il ricordo con la fantasia. Una specie di esperimento, nel quale l'autore prende l'emotività e la potenza di sognatore di un bambino e la manda a sbattere a tutta velocità contro la capacità di razionalizzare dell'adulto, provando a descrivere cosa scaturisce da questo impatto. Un folle tentativo di decrittare il mondo, di forzare la vita per trovare un'uscita dalla scatola nella quale siamo costretti, una porta che ci permetta di entrare e uscire dal mondo a nostro piacimento.
“Un libro illeggibile, che non dice nulla, non vuole nulla e non significa nulla”, per usare le parole di Cărtărescu.
n.1
Stella Maris – Cormac McCarthy (2022)
L'ultimo regalo di McCarthy è un romanzo destrutturato e ridotto ai soli dialoghi, un testo concettuale che si concentra sull'idea pura. Fin dove la ragione può assisterci e offrirci risposte? La matematica, stella polare della protagonista, si dimostra nelle pagine del libro una fede fallace e il linguaggio, una forza devastante. Chi può salvare allora un mondo che sta andando alla deriva? Probabilmente niente e nessuno: nemmeno l'arte, la musica, perché "il mondo non ha creato un solo essere vivente che non intenda distruggere". L'amara conclusione di Alicia Western è che "la nostra esistenza del mondo sia sostanzialmente un proteggersi dallo sgradevole dato di fatto che il mondo non sa che siamo qui" e che l'immaginario sia preferibile al reale.