venerdì 1 novembre 2024

25 libri x 25 anni: i migliori romanzi del XXI secolo

Dopo le liste di  Guardian, New York Times, LitHub, seguite a ruota da quelle di siti, blogger e critici (non ultimo Berardinelli) a centinaia, anche il nostro gruppo ha deciso di cimentarsi in questa impresa.
Il confronto tra gusti letterari, sensibilità e competenze dei redattori di LVW&F ha evidenziato una sostanziale univocità di vedute, dalla quale è nato l'elenco che vi proponiamo. Si tratta, inutile dirlo, di scelte opinabili, basate sull'esperienza di lettori e non di specialisti del settore; giudizi che hanno il valore di un gioco e destinati a cambiare nel tempo perché, come diceva Woody Allen, "alle volte mi vengono in mente delle cose con cui non sono affatto d'accordo".




n. 25

 Terminus radioso – Antoine Volodine (2014)

Una distopia post-apocalittica ambientata in uno spazio-tempo abitato da burattini sospesi tra la vita e la morte. Esistenze senza più senso si trascinano in un non-luogo aggrappate a ricordi che scivolano via, mentre la natura violentata dalle mani dell'uomo cova paziente il momento della vendetta. 
Il post-esotismo volodiniano al suo meglio.




n.24

La coscienza di Andrew – E. L. Doctorow (2014)

A 84 anni Doctorow sorprende con un'opera che si propone di innovare il romanzo: mescolando realtà e immaginazione, La coscienza di Andrew riflette in maniera lucida e appassionata su meccanismi e limiti della mente, con il protagonista elevato a metafora dell'uomo occidentale.




n.23

Zona – Mathias Ènard (2008)

L'ultima missione di una spia in viaggio in treno da Milano a Roma è un flusso di coscienza che parla di guerra, con la zona in questione che finisce per dilatarsi da spazio geografico (il Mediterraneo: dai Balcani al Medio Oriente) a mentale. Un'Iliade moderna, la guerra come destino, stigma, vizio del quale l'uomo non riesce a fare a meno. Un libro che è la perfetta rappresentazione della liquidità di un'epoca in cui fiction e vita reale sembrano sfumare una nell'altra.




n.22

Trilogia della guerra – Agustín Fernández Mallo (2018)

Tre storie collegate tra loro, incentrate sulla guerra e il male che rappresenta. Memoria contro oblio, capacità di inventare mondi paralleli e proposta di un nuovo umanesimo centrato sull'estetica della spazzatura (e che ritaglia un ruolo centrale all'idea della morte), sono le principali linee tematiche in cui si articola questo ricco romanzo postmoderno.




n.21

Paradiso e Inferno – Jón Kalman Stefánsson (2010)

Un libro sulla forza, la bellezza ma anche i limiti della parola, alla quale è affidato il compito di salvare il mondo. Tra luce e buio, l'autore si affida a un tono lirico mai lezioso per raccontare una storia dal respiro dei grandi romanzi d'altri tempi.




n.20
Il romanzo luminoso – Mario Levrero (2005)

Un monumento al fallimento, come l'ha definito lo stesso autore. La storia di un Oblomov moderno, impegnato in un prologo di quasi 500 pagine a rinviare l'appuntamento con la scrittura, mentre in realtà è intento a liberarsi dei lacci che ne frenano l'accesso alla dimensione del sublime che costituisce la seconda parte del racconto e che di pagine ne conta poco più di un centinaio. Romanzo del desiderio contro romanzo del dovere, ennesima perla della letteratura sudamericana.




n.19

 I libri di Jakub – Olga Tokarczuk (2014)

La storia di un falso messia e della sua capacità di manipolare le masse. Una pluralità di voci per un grande affresco pseudo-storico perché, nelle parole dell'autrice, “la finzione è in qualche modo più forte della realtà, e i suoi personaggi più veri di quelli vivi. Questo è il grande segreto della letteratura”.



n.18

 Memoria della memoria – Marija Stepanova (2017)

Opera a metà tra saggio e romanzo caratterizzata da una sovrapposizione di piani narrativi e un intertesto ricchissimo. Si parla di memoria, dei suoi materiali, dei meccanismi e di come si articola a livello familiare e storico. Un'opera che rappresenta il tentativo di affrontare e superare la fissazione del mondo letterario russo per il passato, specchio di una crisi ideologica caratterizzata dal rifiuto di confrontarsi con il presente e di pianificare una prospettiva per il domani.



n.17

Il tempo materiale – Giorgio Vasta (2008)

L'Italia degli anni di piombo vista attraverso gli occhi di tre undicenni che ci propongono una lettura emotiva del Settantotto, anno che celebra la cesura tra due epoche. Lo scontro tra l'ironia, con cui i mezzi di comunicazione cercano di esorcizzare gli avvenimenti dell'epoca (e che in seguito verrà elevata a sistema), e il trauma che quegli avvenimenti rappresentano. Un uso sublime del linguaggio, "l'alfamuto", un codice di comunicazione attraverso il quale i ragazzini utilizzano i simboli della cultura di massa dell'epoca rileggendoli in funzione dei loro scopi, utilizzo delle forme cambiando i contenuti simile per certi aspetti a quello che facevano Schifano, Angeli, Festa, Rotella, gli artisti della pop-art.



n.16

Nessuno sguardo – José Luís Peixoto (2001)

Scene di vita rurale nella campagna dell'Alentejo, interpretate e trasfigurate da una delle penne più originali della letteratura portoghese contemporanea. Un romanzo polifonico e surreale raccontato con una prosa poetica particolarmente convincente. Un'epica tragica e commovente dominata dall'inevitabilità di un destino crudele che lascia all'uomo come unica via di fuga il sogno.



n.15

Lo stato delle cose – Richard Ford (2008)

Un romanzo sul mestiere di vivere, sul tentativo di costruirsi un sistema che permetta di andare avanti tenendo insieme i pezzi del passato e quelli del presente. Frank Bascombe, protagonista di diversi romanzi dell'autore statunitense, si trova qui alla prova della mezza età, fotografato nel tentativo di “mettere a posto lo cose”.
Hemingway diceva che la cosa più difficile che ci sia al mondo è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani. Con questo romanzo, Richard Ford c'è riuscito perfettamente.



n.14

Dai cancelli d'acciaio – Gabriele Frasca (2011)

Una discesa vertiginosa verso gli Inferi individuali e collettivi. Il male, il tradimento, il complottismo, il dualismo corpo/anima, il crollo delle ideologie, la comunicazione, il mondo virtuale, la realtà intesa come un sogno solitario ad occhi aperti… Un grande romanzo visionario, un fiume impetuoso ricco di affluenti, metafora sublime il nostro presente.




n.13

 Fisica della malinconia – Georgi Gospodinov (2011)

Con Fisica della malinconia Gospodinov prosegue nel tentativo di innovare la forma romanzo, attraverso una narrazione per frammenti che mescola lirico e prosaico, pluralità dei punti di vista, cultura alta e popolare, che trascinano il lettore in una sorta di labirinto della memoria. Tra sottotrame a decine, emerge una grande riflessione sul trascorrere del tempo e la malinconia per l'impossibilità dell'uomo di cambiare il finale della storia.




n.12

Dublinesque – Enrique Vila-Matas  (2010)

Libro di libri, romanzo psicologico, esistenziale, apocalittico, post-moderno e anti-realista, che unisce Joyce e Beckett (l'alfa e l'omega del secolo trascorso) con Vilém Vok. Samuel Riba è l'antieroe malinconico di una trama che tiene insieme vero e falso e ci sfida a trasformarci in "lettori attivi", per dimostrarci all'altezza dei libri che leggiamo.




n.11

Museo animale – Carlos Fonseca (2017)

Opera che incarna alla perfezione l'idea di romanzo moderno: storie nelle storie, una narrazione centrifuga che si dipano attraverso mille sentieri diverso. Si parla di camuffamento e fake news, del ruolo dell'arte e della storia, di bellezza e distruzione, della ricerca di identità e delle ossessioni. Qui si parla, come in tutti in grandi romanzi, della vita. Qui si costruiscono mondi.



n.10

Capelvenere –  Mikhail Shishkin (2005)

Shishkin è una delle penne più interessanti della letteratura russa contemporanea. La trama di questo libro, articolata in tre storie intrecciate tra loro, parte dalla guerra per sviluppare riflessioni su ricordi, ricerca della bellezza, della felicità e soprattutto – tema ricorrente nei romanzi dell'autore – sull'importanza della parola e del potere della narrazione. Interessante tentativo di travalicare il postmoderno verso una forma che potremmo definire postrealismo.




n.9

 Poena Damni – Dimitris Lyacos (2018)

Opera che riscrive le regole della letteratura ibridando i generi (qualcuno ha parlato di surfiction). Una sintassi piegata alle esigenze della scrittura, con l'eliminazione di aggettivi e avverbi e l'inserimento di spazi bianchi, cesure improvvise, frasi che sembrano scontrarsi, pensieri che si accavallano, salti di ritmo e di argomento. Tema del libro è la fuga dell'uomo attraverso un mondo disgregato, ridotto in macerie e che non si lascia comprendere, il tentativo di sopravvivere alla morte cercando la salvezza in uno spazio-tempo indefinito.




n.8

Arcipelago dell'insonnia – António Lobo Antunes (2008)

La classica scrittura del maestro portoghese che, lavorando per immagini, frammenti e ricordi interrotti, ricostruisce la storia di una famiglia. Un romanzo polifonico abitato da "personaggi senza cornice" che vivono fuori dal tempo, con vivi e morti sospesi nella medesima dimensione. Un libro sulla parola che tiene viva la memoria, lavorando come una bacchetta magica che nomina oggetti, persone, animali, gesti, odori, facendoli rivivere nel ricordo.




n.7

Déjà vu – Tom McCarthy (2007)

Tom McCarthy è l’avanguardia e Déjà-vu un’opera vertiginosa sulla memoria come unico luogo dove l’uomo riesce a essere autentico, ma anche sui falsi ricordi che ci rammentano quanto a volte essa possa essere fallace. Non solo interiorizzazione, ma anche il tentativo di portare il ricordo nella realtà, con una rilettura attualizzata di Proust. E poi il denaro come demone tentatore, il solipsismo, l'arte l'inganno delle parole e la tensione dell'uomo verso l'assoluto.



n.6

 L'altro nome. Settologia I-II – Jon Fosse (2019)

La storia di Asle, che dipinge per allontanare il dolore e provare ad avvicinarsi alla quiete interiore annullandosi nel vuoto del silenzio. Una scrittura rarefatta e ipnotica per un grandioso monologo sul senso della vita e della morte, sul tentativo di descrivere come vanno le cose, sulla presenza e sull'assenza di Dio.




n.5

Il ritorno del barone Wenckheim – László Krasznahorkai (2016)

Krasznahorkai è il cantore dell'Apocalisse, non quella che potrebbe arrivare ma questa che stiamo vivendo. Con la classica prosa ampia e magmatica, l'autore ungherese racconta l'uomo descrivendone i comportamenti senza spiegare le cause. Il risultato è una danza tragica sulle macerie della nostra società: incomunicabilità, solitudine, assenza di principi morali, il grande Vuoto verso il quale stiamo correndo.




n.4

Austerlitz  –  W.G. Sebald (2001)

Il romanzo che più di ogni altro ha influenzato la nuova generazione di scrittori. Sebald è un flâneur moderno che grazie a un uso originale della parola e dello sguardo rimette al centro della narrazione la memoria e il disagio dell'uomo del nostro tempo. Capolavoro assoluto.




n.3

  2666 – Roberto Bolaño (2004)

Il libro che apre il XXI secolo con la violenza e la stessa forza immaginifica con cui Infinte Jest aveva chiuso il XX. Un romanzo incompiuto in cinque parti, che dialogano e si disperdono in mille rivoli. La ricerca di uno scrittore scomparso nel nulla, con il mistero che si infittisce progressivamente: vita e morte intrecciate nel grande deserto della casualità.




n.2

Abbacinante. Il corpo – Mircea Cărtărescu (2002)

Un viaggio vertiginoso dove surreale, poetico, postmoderno e meta-narrazione si intrecciano, dove il reale si confonde con la finzione e il ricordo con la fantasia. Una specie di esperimento, nel quale l'autore prende l'emotività e la potenza di sognatore di un bambino e la manda a sbattere a tutta velocità contro la capacità di razionalizzare dell'adulto, provando a descrivere cosa scaturisce da questo impatto. Un folle tentativo di decrittare il mondo, di forzare la vita per trovare un'uscita dalla scatola nella quale siamo costretti, una porta che ci permetta di entrare e uscire dal mondo a nostro piacimento.
“Un libro illeggibile, che non dice nulla, non vuole nulla e non significa nulla”, per usare le parole di Cărtărescu.



n.1

Stella Maris – Cormac McCarthy (2022)

L'ultimo regalo di McCarthy è un romanzo destrutturato e ridotto ai soli dialoghi, un testo concettuale che si concentra sull'idea pura. Fin dove la ragione può assisterci e offrirci risposte? La matematica, stella polare della protagonista, si dimostra nelle pagine del libro una fede fallace e il linguaggio, una forza devastante. Chi può salvare allora un mondo che sta andando alla deriva? Probabilmente niente e nessuno: nemmeno l'arte, la musica, perché "il mondo non ha creato un solo essere vivente che non intenda distruggere". L'amara conclusione di Alicia Western è che "la nostra esistenza del mondo sia sostanzialmente un proteggersi dallo sgradevole dato di fatto che il mondo non sa che siamo qui" e che l'immaginario sia preferibile al reale.


domenica 27 ottobre 2024

Clarice Lispector – La città assediata



Clarice Lispector – La città assediata
(trad. Roberto Francavilla, Elena Manzato)
Adelphi (I ed. 1949)


Ancora un libro di Clarice Lispector. Ancora una lettura difficile e importante, seppure dalla trama assai esile. La storia di Lucrécia, una ragazza priva di ingegno che negli anni Venti del Novecento vive a São Geraldo, un sobborgo immaginario, guardando con occhio obliquo la vita e il mondo attorno a sé e sognando un matrimonio che la porti via da lì per raggiungere la grande città. Lucrécia realizzerà il suo progetto, ma solo per un breve tempo. Un viaggio di andata e ritorno, che la riporterà da dove è partita, al suo luogo di osservazione su una periferia che si sta trasformando.
Tutto qui. Un romanzo modernista per temi e scrittura (l'urbanizzazione, la storia d'amore, la ricerca di nuove forme di espressione, il focus sulla soggettività e le modalità percettive…) che fa da cornice alle riflessioni dell'autrice, capaci – come sempre succede nelle opere di Lispector – di disorientare e insieme incuriosire il lettore, condotto per mano sul ciglio dell'abisso senza però riuscire a vedere cosa c'è sul fondo.
Romanzo difficile e importante, si diceva, perché getta le basi di una "teoria della conoscenza" che qui appare ancora frammentaria per non dire contraddittoria, che verrà affinata nei romanzi successivi fino al suo completo (e vertiginoso) raggiungimento nella Passione secondo G.H. Teoria della conoscenza come strumento che la scrittrice brasiliana utilizzerà poi per scandagliare le profondità dell'anima e nell'indagine sull'istante e sul linguaggio, temi che costituiscono il centro della sua ricerca letteraria.
Tornando a La città assediata, la scelta di una protagonista che non brilla per capacità intellettive, è finalizzata a ridurre l'importanza della ragione nel suo modo di approcciarsi al mondo, facendo sì che privilegi una conoscenza istintiva, che passa attraverso lo sguardo (non a caso ricorre spesso il paragone tra la protagonista e il cavallo). È come se l'autrice cercasse di eliminare nella sua ricerca tutti i rumori di fondo, le riflessioni, i ragionamenti, i fili logici che rischierebbero di attorcigliare il gomitolo che cerca di sbrigliare, di rendere torbida quell'acqua che vorrebbe fosse cristallina.
Reale, per Lucrécia è ciò che vede e vedere è il modo di dare forma alla realtà ("in lei e in un cavallo l'impressione era l'espressione"), imitare le cose è l'unico modo per conoscerle ma la difficoltà è proprio penetrare la vera natura delle cose, la stessa difficoltà del pittore che dipingendo un oggetto deve riuscire a riprodurne l'essenza. "La cosa veramente fondamentale era non comprendere. Nemmeno la propria gioia," Sì, perché l''atto del comprendere implica un passaggio in più, un ruolo attivo del soggetto che applica la sua immaginazione all'oggetto finendo per trasformarlo in qualcosa di diverso da quello che è: "la sua paura era di andar oltre ciò che vedeva", la paura di pensare perché "pensare sarebbe stato soltanto inventare".

sabato 28 settembre 2024

Enrique Vila-Matas – Dublinesque


Enrique Vila-Matas – Dublinesque
(trad. Elena Liverani)
Feltrinelli (I ed. 2010)

La letteratura non è morta.

La storia di Samuel Riba, editore in crisi, che vive l'approssimarsi dei sessant'anni come la fine della sua carriera professionale e insieme di un'epoca. Un matrimonio in crisi, l'incapacità di recidere il cordone ombelicale che lo lega ancora ai vecchi genitori, poca a nessuna vita sociale da quando ha smesso di bere, questi sono gli aspetti principali di un disagio esistenziale che lo attira in un territorio, quello della solitudine, per il quale prova paura e attrazione in egual misura.
Riba è un uomo malinconico, che come il personaggio di un film di Cronenberg "vaga confuso e perplesso per una vita che non comprende" e cerca rifugio nella vita immaginata dei suoi libri, un uomo che non ha mai compreso la natura dell'entusiasmo e che nell'isolamento elabora le sue strampalate e affascinanti teorie. Come quella del "romanzo futuro", che pone La riva delle Sirti a paradigma della letteratura a venire, prima di gettarla in un cestino dell'albergo lionese dove l'aveva partorita, celebrandone metaforicamente il funerale.
Già, il funerale. Il punto verso il quale convergono tutti i suoi pensieri. L'idea di celebrare il funerale della "Galassia Gutenberg: la morte del libro cartaceo, la morte di un certo tipo di cultura, la morte di un mondo. Un funerale da celebrarsi insieme a un gruppo di amici a Dublino per il Bloomsday, secondo i dettami di un sogno quanto mai vivido fatto in ospedale.

Dublinesque è un libro eccezionale: libro di libri, romanzo psicologico, esistenziale, apocalittico, anti-realista…, un libro che unisce Joyce e Beckett (l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine) con Vilém Vok, in una trama che tiene insieme vero e falso in un post-moderno declinato alla spagnola che non risulta per nulla artificioso. Samuel Riba è uno splendido anti-eroe moderno, un personaggio contraddittorio che saprà morire – letterariamente – e rinascere, per "riavvicinarsi al mondo che non può essere quello del cataclisma finale", agli inconvenienti di una vita che risulterà in grado di cambiarlo consentendogli di "vivere un nuovo momento nel centro del mondo". Vila-Matas è uno scrittore esigente, che ci sfida apertamente chiedendoci di uscire dalla palude del conformismo per trasformarci in "lettori attivi", di dimostrarci all'altezza del libri che leggiamo, di non fermarci all'apparenza e di scavare tra le pagine, come dice in un'intervista.
"Il lettore attivo partecipa al libro, lo completa e aiuta lo scrittore con la propria intelligenza, contribuisce in maniera concreta alla buona riuscita del libro stesso. Perché ci mette dentro il proprio sapere e la propria esperienza. Entra in contatto, e spesso anche in contrasto diretto con l'autore, con l'opera che ha scelto di avere tra le mani."

domenica 25 agosto 2024

Can Xue –La Strada di fango giallo

 


Can Xue –La Strada di fango giallo
(trad. Maria Rita Masci)
Utopia 2024 (I ed. 1987)

"Al margine della città si trovava una strada di fango giallo, la ricordo molto bene. Eppure tutti sostengono che non sia mai esistita."

Due righe sono sufficienti a Can Xue per introdurci nella storia e insieme farci comprendere che questa non sarà una passeggiata.
La strada di fango giallo è un Nessundove che forse non esiste, un espediente letterario nel quale vive una comunità straniata sospesa tra sonno e veglia, che cerca di comprendere una realtà che non è alla sua portata. Ogni accadimento è interpretato come se fosse il sogno di qualcosa, ma non si sa cosa. L'apparizione di Wang Ziguang, ad esempio: immagine, persona, luce, o forse fuoco fatuo. Un ideale, il segno che "d'ora in avanti la nostra vita subirà un grande cambiamento". Ma "nessuno può affermare con certezza che Wang Ziguang esista davvero, che si chiami così e che sia venuto".
Un mondo che ha perso i punti di riferimento, abitato da personaggi quasi beckettiani, che vivono su uno sfondo marcescente senza comunicare, monadi che seguono supposizioni personali, sordi alla voce degli altri, che a pensieri confusi fanno seguire azioni incoerenti, fino ad imitare i comportamenti della massa senza una ragione che apparente. Affiora l'idea di una cospirazione per sovvertire l'ordine, ma quale ordine? Quale idea?
Un'umanità di gattini ciechi, privi di punti di riferimento, che ricorda sinistramente i tempi della pandemia: stessa incapacità di comprendere e quindi affrontare la situazione. Incubi e fantasie prive di senso hanno sostituito pensieri e ragionamenti, manca una logica, mancano i collegamenti. Un buco nel muro diventa il pretesto per scatenare congetture infinite e sconclusionate, così che ai personaggi non restano altro che azioni folle e parole prive di senso che traducono in suono il vuoto esistenziale di chi le pronuncia.
I personaggi del romanzo vivono in un impasse infinito, in un'enorme distopia: tutto è inutile, nulla ha speranza e l'umanità sprofonda lentamente nella buca che ha costruito mentre la Natura, l'altro caposaldo al quale Can Xue appoggia la sua idea di scrittura, subisce la violenza dell'uomo, fino a quando non si ribella attraverso le malattie e il cambiamento climatico, fino a riprendersi il suo posto. Questa a mio avviso è la cifra del romanzo.

Non è semplice avvicinarsi a questa scrittrice, perché non parla alla mente ma all'anima del lettore. La sua è una scrittura che non segue sentieri tracciati da altri ma sembra muoversi come una danza, un dipinto in movimento, e ci dice che un'altra letteratura è possibile.

sabato 10 agosto 2024

Orhan Pamuk – Il museo dell'innocenza

 


Orhan Pamuk – Il museo dell'innocenza
(trad. Barbara La Rosa Salim)
Einaudi 2009, I ed. 2008


Psicopatologia dell'ossessione amorosa.

Lettura interessante, anche se alla fine si ha l'impressione che quello che c'era da dire sull'argomento l'abbia detto una scrittrice vissuta molti anni prima e pochi chilometri più a sud di Pamuk.

A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.

E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.