sabato 15 marzo 2025

Testimonianze inattendibili – Vladislav Otrošenko


Testimonianze inattendibili – Vladislav Otrošenko
(trad. Elisa Mario Caramitti)
Voland editore (I ed.1997)

Un testo delizioso. È sufficiente scavare sotto la superficie di quello che a una lettura superficiale potrebbe sembrare poco più di un gioco, per scoprire l'opera raffinata di uno scrittore di razza, il perfetto congegno letterario di una delle firme più interessanti della letteratura russa contemporanea.
Un libro (kniga) – spiega lo stesso Otrošenko in un'intervista a eSamizdat – che non è un romanzo (roman), ma una raccolta di tre racconti (povesti, diversi nella struttura da russkazi e novele) collegati fra loro e scritti in periodi diversi, tre storie che si muovono sul terreno minato nel quale si incrociano realtà, fantasia e mito.
Quello che travolge il lettore è un universo rutilante, una girandola di personaggi e situazioni improbabili: un editore (forse) inesistente, il proprietario di un negozio francese di fotografia, una fantomatica spedizione di un numero imprecisato di reggimenti cosacchi in India finita sull'Himalaya solo per spaventare gli inglesi. In mezzo a una folla di generali, atamani, ufficiali dell'esercito e archivisti, scopriamo l'esistenza e il ruolo quasi metafisico del tamburmaggiore che odiava i viaggi, raccontata in contemporanea alla storia di suo padre che si incrocia con quella del regno del Bhutan e poi facciamo la conoscenza dell'improbabile arte degli jalonneurs e altro ancora… Una serie di fuochi d'artificio senza soluzione di continuità, un caleidoscopio che affascina e diverte ma che rischia di farci classificare sbrigativamente l'autore tra gli epigoni di Gogol' e Borges (e mettiamoci anche Pavić) e morta lì.
Attenzione, però, perché siamo al cospetto di uno scrittore di razza che merita un'analisi più attenta, Otrošenko è uno di quelli, come Vila-Matas e Fresán, che non scrivono letteratura di consumo ma richiedono l'impegno del pubblico. I povesti di Testimonianze inattendibili non sono sterili esercizi di stile, ma il tentativo di trovare una via personale alla narrazione: sono racconti con il doppio fondo, perché la conclusione di ognuno di essi, la verità che ci viene proposta, mostra delle crepe un secondo dopo essere caduta sulla pagina, aprendo il terreno all'interpretazione del lettore. La realtà non esiste, il tempo non esiste, o meglio "non ci sono né passato né futuro, ma soltanto in unico, indivisibile ed eterno Presente. Tutto è come è, tutto è per sempre.". E per completare il quadro, neppure lo spazio esiste, come evidenziano gli jalonneurs con la pantomima con cui disorientano i nemici sul campo di battaglia. L'unica cosa che esiste è la "mutevole e possente immaginazione" dell'Onnipotente. Una specie di infinite jest dal qual non si salva nemmeno la letteratura: i vari testi che non sembrano avere rapporti tra loro, non sono altro che "frammenti scompaginati di un solo e unico Testo, davvero coerente e omnicomprensivo. L'indipendenza dell'uno dall'altro è un illusione, e la loro ricchezza di contenuti ingannevole, poiché ciascuno, preso separatamente, rappresenta un confuso episodio, ina proposizione incompleta e talvolta soltanto un grandioso morfema o un divino segno d'interpunzione, e non racchiude in sé neppure un'infinitesimale inezia di quello stupefacente significato che trarrà origine dalla loro completa fusione in un Testo definitivamente rivelato e autenticamente compiuto." Vladislav Otrošenko, circoletto rosso su questo nome.

sabato 8 marzo 2025

La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra – Alejandra Kamiya

 


La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra – Alejandra Kamiya
(trad. Elisa Tramontin)
La Nuova Frontiera editore (I ed. 2023)

Una raccolta di racconti che testimonia l'indiscutibile capacità dell'autrice argentina di padroneggiare questo genere letterario. Quella di Kamiya è una voce facilmente riconoscibile, anche per via della prosa poetica con cui interpreta le pagine. Una scrittura accattivante, una buona gestione del ritmo e dei tempi della narrazione, dell'uso del colpo di scena, del non detto, della sospensione, dell'incursione del surreale nella quotidianità… eppure.
Già, c'è qualcosa che non convince fino in fondo. Si tratta di racconti ben costruiti ma che mancano di anima, di profondità, rimangono in superficie senza addentare la pagina, suscitano emozioni che però l'autrice tiene a freno con mano sicura, come se non volesse scoprirsi più di tanto. L'impressione è che Kamiya stia esplorando le possibilità del romanzo senza trovare davvero la propria strada: ci sono racconti che dialogano tra loro e che richiamano, molto alla lontana, la struttura di Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson, alternati ad altri che vanno in direzione diverse, tentativi di narrazione al condizionale, animali parlanti, irruzione dell'onirico nel reale, il fantastico…
Peccato, perché la scrittura è di livello ma forse si gioverebbe della scelta di un registro preciso (e il surreale mi pare quello più congeniale all'autrice), di una strada da percorrere con più decisione e più in profondità. Invece La pazienza dell'acqua sopra ogni pietra a volte a volte sembra essere un esercizio di stile, storie su filo di un calligrafismo fine a se stesso, bei racconti che si dimenticano con facilità.

sabato 1 marzo 2025

Spam – Rafael Spregelburd



Spam – Rafael Spregelburd
(trad. Manuela Cherubini)
Cue Press editore (I ed. 2015)



Un'opera teatrale che racconta un mese della vita di un uomo che ha perso la memoria. I trentun capitoli che destrutturano la narrazione non seguendo l'ordine cronologico sono già una dichiarazione d'intenti: il tempo, uno dei cardini su cui si regge la nostra esistenza, è andato in frantumi, l'uomo e la società stanno andando in frantumi.
Troviamo Mario Monti (nomen omen), protagonista del testo, in una stanza d'albergo con uno smoking usato, scatole piene di bambole e un laptop, un bizzarro armamentario partendo dal quale cerca di ricostruire la sua storia. "Viaggio senza valigia. Senza passato. Però ho la connessione. È quel che ho." Parole chiare, una metafora potente della contemporaneità e dello smarrimento di identità. La falsa illusione di demandare alla cronologia del computer il ruolo della memoria personale: davvero lì dentro c'è tutto quello che siamo, spazzatura compresa (e viene in mente il Delillo di Underwood)?
La scrittura semplice e il tono apparentemente giocoso e leggero, creano un corto circuito con la drammaticità degli avvenimenti che fanno da sfondo alla vana ricerca del protagonista di mettere ordine nella sua vita. Con ironia amara (e ci sarebbe da discutere anche sul ruolo negativo giocato dal ricorso all'ironia da parte della contemporaneità, Giorgio Vasta docet), Spregelburd descrive l'irruzione del virtuale nelle nostre vite, sottolineando come internet sia diventato lo standard su cui sono conformate e come questo standard abbia modificato la comunicazione. La promessa di semplificazione con cui era stata accolta la nuova tecnologia si è rivelata un cavallo di Troia che ha portato dentro la società solo disordine e complessità. È un mondo sconosciuto, che non permette più al protagonista di Spam di orientarsi e nel suo tentativo di mantenersi a galla Mario Monti precipita sempre più nelle sabbie mobili di una quotidianità che mescolando reale e virtuale, lo ha reso invisibile in entrambi i mondi.
Le parole mentono ma gli oggetti da soli non ci permettono di orientarci nella notte.

sabato 22 febbraio 2025

Corpi idrici – Gerald Murnane



Corpi idrici – Gerald Murnane
(trad. Elena Malanga)
La nave di Teseo editore (I ed. 2018)

I racconti compresi in questa raccolta rappresentano un ottimo punto di partenza per avvicinarsi alla scrittura di Murnane. Non è semplice prendere le misure all'autore australiano perché dietro la facciata di convenzionalità si nasconde un battitore libero, un viaggiatore solitario nello spazio del postmoderno (inteso in senso molto lato), un po' come lo è stata Clarice Lispector nell'ambito del modernismo. Mi riferisco unicamente all'atteggiamento nei confronti della pagina bianca, a come entrambi decidano di costruirsi da soli gli strumenti necessari ad affrontare l'impresa e va da sé che si tratta di strumenti diversi e che le analogie tra i due autori finiscano qui.
Quelli di Corpi idrici, sono racconti costruiti su trame esili e che non vanno da nessuna parte: i temi sono il ricordo, le corse di cavalli, il rapporto contradditorio con la religione, i sensi di colpa, le inibizioni adolescenziali che i personaggi si trascinano ben oltre quell'età e poco altro. Si tratta di storie caratterizzate da un rigore formale e una precisione dei dettagli che l'autore spinge all'eccesso, appesantendo la narrazione con continui riferimenti spazio-temporali al punto che l'ossessività sembra essere l'aspetto dominante della scrittura. Anche la postura della voce narrante contribuisce al senso di straniamento: si tratta di una terza persona che dice quello che i protagonisti fanno o pensano, tenendo così il lettore lontano dall'azione. Tutto ciò, unito all'assenza dei nomi propri, comporta un depotenziamento della partecipazione emotiva del lettore che non riesce a identificarsi con i personaggi.
Perché questa scelta? Perché quello che interessa all'autore, non è raccontare una bella storia, ma mostrare come immagini e sentimenti si possano trasformare in parole, come la scrittura trasformi il mondo invisibile in mondo visibile.
Si è detto da qualche parte che i racconti di Murnane sono simile alle scatole di Joseph Cornell e mi sembra un paragone corretto: attraverso le storie lo scrittore australiano ci fa entrare nel suo laboratorio di scrittura e ci mostra come tutto parta da un'immagine, dalla descrizione di dettagli che fanno da amplificatore per la narrazione creando una rete, un ordine tra fatti, persone, immagini e pensieri, una mappa spazio-temporale che ingloba realtà e fantasia formando altre immagini collegate fra loro.
Ecco la scrittura di Murnane: non i fatti ma l'atmosfera, non l'azione ma quello che nasce dall'immagine.



domenica 26 gennaio 2025

Montevideo – Enrique Vila-Matas


Montevideo – Enrique Vila-Matas
(trad. Elena Liverani)
Feltrinelli editore (I ed. 2022)


Libro di libri. E di scrittori. Perché ne compaiono a decine nelle pagine di Montevideo, in una girandola che stordisce il lettore costretto a rincorrere l'autore tra Parigi, Barcellona, Lisbona e Montevideo, finendo sempre con il fiato corto perché quando gli sembra di averlo raggiunto scopre che il narratore ha spostato l'orizzonte un po' più in là.
Libro di libri. E di tesi. Vila-Matas, in bilico tra il rigore dello studioso che esplora le possibilità del postmoderno e il piacere del cultore di divertimenti sofisticati, galleggia tra l'essere il più borgesiano degli scrittori contemporanei e il più erudito dei giocolieri di parole. Si parla, come sempre nella bibliografia dell'autore catalano, di scrittura e letteratura; di quest'ultima ci regala un catalogo di cinque tendenze, categorie attraverso le quali salta nel corso della trama, come se cercasse una strada personale alla narrazione, reinventando continuamente la forma romanzo e aggiungendo da questo punto di vista un ulteriore tassello alla ricerca sviluppata nelle opere precedenti.
Libro di idee. Una mare magnum di idee che si rincorrono, aprono porte su camere sconosciute oppure si arrestano davanti a un vicolo cieco. Idee che non cercano la coerenza ma traggono linfa dall'ambiguità nella quale si generano e volano alla ricerca di un luogo dove far dialogare realtà e fantasia, presenza e assenza, un luogo simile alla stanza tutta per sé di Virgina Woolf: la porta come via di fuga, passaggio verso un'altra dimensione, speranza di salvezza.

Curioso che tra tutti i riferimenti a Cortázar dei quali è disseminato Montevideo, sia quello a Componibile 62 – che compare quasi per caso – il più rilevante. Anche nel romanzo dello scrittore argentino infatti, ritroviamo la ricerca di un varco, un passaggio verso una zona ideale, un spazio di libertà che assomiglia molto a quella zona di ambiguità, quel regno di possibilità verso cui tende la ricerca di Vila-Matas.