Ecco perché ci è stato dato così tanto: per poter perdere quel piccolo unico nonnulla. Per ricordarcene, per rimpiangerlo. Per esserne consapevoli. E per recuperarlo col vivere. Ogni giorno. Ogni ora. A poco a poco.
E Petrovič è uno che quel piccolo nonnulla l'ha perso.
Scrittore fallito e custode d'appartamenti in un'obščaga (casalbergo), l'antieroe di questo romanzo nominato solo con il patronimico, è sostanzialmente un aghé, un underground, uno dei figli del sottosuolo che abitano la Mosca di fine Novecento, quella del passaggio dal Comunismo al Grande Vuoto.
L'aghé non crede a niente, non si impegna a fondo in nulla che possa essere duraturo, è un individualista che sfugge la massa e vive nella provvisorietà, e Petrovič incarna alla perfezione queste caratteristiche. Cinico, disincantato, diffidente, caustico ed indolente, è un personaggio senza ambizioni, un tipo i cui sentimenti non vanno al di là della compassione e che crede più nella bottiglia che negli uomini. Non riconosce alcun giudice all'infuori del suo Io e della Letteratura russa: non gli altri e neppure Dio. Anche l'assassinio di due uomini è per lui un fatto personale, qualcosa da giustificare con la propria coscienza e che ha a che fare solo con un (discutibile) senso dell'onore.
In mezzo al disfacimento di idee e valori che la Russia sta vivendo, l'Io è la zattera alla quale Petrovič si aggrappa per non andare a fondo, un guscio di noce che pur imbarcando acqua da tutte le parti rappresenta il suo unico possesso: da preservare e al tempo stesso imbrigliare e disciplinare perché non si prenda troppa autonomia. Nella sua grammatica dei sentimenti l'amore occupa un posto a parte e un nome ben preciso: Venedikt (Venja) Petrovič, fratello del protagonista del libro, artista e genio incompreso che il KGB ha provveduto ad internare sin da ragazzo in una psichuška (clinica psichiatrica) in maniera da spegnerne da subito la potenziale carica eversiva privandolo del suo Io. Venja vive così nel passato e nel disinteresse per quello che accade e rappresenta per un Petrovič saldamente ancorato al presente, la memoria.
Quello che manca a Petrovič, scrittore fallito, è proprio la parola: la capacità di dire, di parlare agli altri e che lo costringe a tenere il dolore dentro di sé, proprio come succede ai pazienti della clinica psichiatrica che vivono rinchiusi nei loro silenzi, proprio come è successo all'umanità che ha imparato "a vivere facendo a meno del Verbo, perché è rimasta priva della parola".
L'underground è il subconscio della società, secondo Petrovič e lui è un eroe del suo tempo, proprio come il Pečorin lermontiano lo fu del suo, e come Lovjannikov, un altro personaggio del libro, lo è dei tempi nuovi.
Petrovič e Lovjannikov, rappresentano così il confronto tra due epoche: la generazione "letteraria" degli anni Sessanta-Settanta e quella del business degli anni Novanta, epoca che per la Russia ha rappresentato il fallimento della transizione dal vecchio al nuovo, culminato con la restaurazione del potere di un tempo attraverso forme diverse.
Nuove gerarchie ma vecchie logiche, che Makanin descrive in maniera tanto precisa quanto impietosa, attraverso un campionario di figure emblematiche di varie realtà. Lo psichiatra Ivan Emel'janocič è ad esempio, un uomo "Franco. Onesto. E moderno, in linea con i tempi, di quelli che non nascondono niente.", eppure non mostra pentimenti per aver ordinato le iniezioni che hanno distrutto Venja, Lesja Dmitrievna raffigura invece tutti i voltagabbana, ex-brezneviani duri e puri pronti a saltare sul carro dei democratici nella speranza di salvaguardare i loro privilegi ed altrettanto pronti a scendervi quando la transizione non arriva a compimento. Un'analisi che non risparmia neppure gli intellettuali, incarnati dallo scrittore Zykov, un amico di Petrovič rappresentativo di tutti i prosivendoli, un tempo aghé ed ora organici al potere.
"La mediocrità dei sentimenti s'è trasformata sul piano storico in meschinità dell'anima" Questa è l'amara conclusione, "In fondo la modernità non è altro che una cornice (Un proscenio, come a teatro. Ed è sempre piacevole interpretare un ruolo alla moda)."
Underground è il libro simbolo di un'epoca, un'enciclopedia dell'anima russa figlia di quella di Arcybašev e sorella di quella di Erofeev.
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