sabato 24 agosto 2013

L'ubicazione del bene – Giorgio Falco


Con questo libro Falco dimostra di essere uno scrittore coraggioso. Non è semplice, soprattutto in Italia, confrontarsi con la misura del racconto: saper aprire e chiudere l'obiettivo della macchina fotografica, accennare i grossi temi ed approfondire particolari minimi, far intuire senza dire... E poi il tema: raccontare l'attualità comporta il rischio di scivolare nei luoghi comuni, nel dire cose scontate. Bene, per quel che mi riguarda, con “l'ubicazione del bene” Folco ha superato brillantemente la prova, costruendo una raccolta di racconti equilibrata, efficace e dolorosa.
Sono storie di gente che prova a cambiare la propria vita ritagliandosi un'autonomia lavorativa, con il risultato di finire schiacciata dal peso della realtà, storie di solitudini, di calma apparente dietro la quale si consumano drammi domestici. Storie dove i rapporti umani nascono dal bisogno di frequentarsi per via dei figli, non dalla voglia di condividere, vite che si incontrano e si uniscono quasi per caso per poi dividersi senza un motivo. Gli uomini e le donne che abitano questi racconti sono contemporaneamente vittime e colpevoli per quello che succede, non è quasi mai possibile tracciare linee nette di divisione, sono uomini e donne sostanzialmente egoisti, che non vogliono o non riescono ad interessarsi all'altro perché nessuno si sforza veramente di capire, ma si limita a semplificare le situazioni per poter tornare a concentrarsi sui propri bisogni. Nessuna possibilità di conciliazione o di incontro perché le persone parlano lingue diverse.
Le storie che Folco, novello Yeats, racconta fanno tanto più male perché sono vere, perché sono le storie che costruiscono la nostra quotidianità e nessuno può chiamarsi fuori.

Esclusi i presenti, s'intende.

domenica 18 agosto 2013

Scrittura di qualità

che cos'è una scrittura di qualità? Ebbene, è quello che è sempre stata: saper ficcare la testa nel buio, saper saltare nel vuoto, sapere che la letteratura è fondamentalmente un mestiere pericoloso. Correre sull'orlo del precipizio: da una parte l’abisso senza fondo e dall'altro i volti amati, i volti amati che sorridono, e i libri, e gli amici, e la tavola. E accettare quest’evidenza anche se certe volte ti pesa più della pietra tombale che copre i resti di tutti gli scrittori morti. La letteratura, come direbbe una cantante andalusa, è un pericolo.

[Roberto Bolaño: "Tra parentesi"]


venerdì 16 agosto 2013

Troppa felicità - Alice Munro



Ancora una bella raccolta di racconti della Munro, questa volta incentrati sul "dopo". La scrittrice canadese sembra qui interessata a raccontarci emozioni e  comportamenti delle persone dopo che è successo un evento.
Come al solito nei racconti della Munro le storie girano spesso intorno a qualcosa che non viene chiarito, che ci lascia il dubbio su come siano andate veramente le cose in quel frangente, ma qui l'attenzione è rivolta soprattutto a raccontare non tanto il fatto accaduto quanto piuttosto le sue conseguenze, come le persone hanno reagito ad un imprevisto cambio di direzione nelle loro vite.
L'unica perplessità riguarda l'ultimo racconto, quello che da il titolo alla raccolta, e che mi sembra un po' un corpo estraneo rispetto agli altri. Ma probabilmente sono io che non ho saputo cogliere il collegamento con il resto della raccolta.

sabato 10 agosto 2013

Acque morte - Somerset Maugham


Racconto lungo, elegante e “di scuola” dove a farla da padrone è la misura. Misura con la quale Maugham dosa ingresso ed uscita di scena dei personaggi, misura con la quale alterna descrizioni d'ambiente, dialoghi e riflessioni. Il risultato finale è un romanzo dove tutto gira alla perfezione, una trama che scorre sicura senza salti di ritmo.
Protagonista assoluto è il dottor Saunders, tipico personaggio maughamiano che osserva la vita con occhio cinico. Fatalista, partecipa delle cose del mondo senza bisogni particolari da soddisfare, ma solo per il puro piacere di farlo. Accanto a lui sfila un'umanità variegata, che invece lotta e si sbatte per i motivi più disparati e proprio per questa incapacità ad accettare le cose per come sono è destinata a soffrire.
C'è il capitano Nichols, figura del furfante di basso profilo, che “deve” stare sempre un po' oltre il limite della legalità perché solo dal malaffare trae la sua ragione di vita, c'è Erik, l'idealista buono ed ingenuo destinato a pagare a caro prezzo queste qualità, c'è Fred che incarna l'ideale della gioventù, interessato solo a vivere il momento ed a rincorrere il piacere, e poi c'è Louise, la bellezza, figura solo apparentemente fragile e capricciosa, ma in realtà determinata a vivere la sua vita e non quella che altri hanno scelto per lei.
La morale? Ê lo stesso scrittore a darci la chiave di lettura verso la fine della storia, senza che ci si affanni a cercare interpretazioni, ed è una chiave perfettamente coerente con lo stile del dottor Saunders/Maugham:

La vita è breve, la natura ostile, e l'uomo assurdo; ma, stranamente, le sventure hanno per lo più i loro compensi e con un certo umorismo e una buona dose di senso comune possiamo cavarcela discretamente in questa faccenda del vivere, che dopo tutto ha ben poca importanza.”