Racconto lungo, elegante e “di
scuola” dove a farla da padrone è la misura. Misura con la quale
Maugham dosa ingresso ed uscita di scena dei personaggi, misura con
la quale alterna descrizioni d'ambiente, dialoghi e riflessioni. Il
risultato finale è un romanzo dove tutto gira alla perfezione, una
trama che scorre sicura senza salti di ritmo.
Protagonista assoluto è il dottor
Saunders, tipico personaggio maughamiano che osserva la vita con
occhio cinico. Fatalista, partecipa delle cose del mondo senza
bisogni particolari da soddisfare, ma solo per il puro piacere di
farlo. Accanto a lui sfila un'umanità variegata, che invece lotta e
si sbatte per i motivi più disparati e proprio per questa incapacità
ad accettare le cose per come sono è destinata a soffrire.
C'è il capitano Nichols, figura
del furfante di basso profilo, che “deve” stare sempre un po'
oltre il limite della legalità perché solo dal malaffare trae la
sua ragione di vita, c'è Erik, l'idealista buono ed ingenuo
destinato a pagare a caro prezzo queste qualità, c'è Fred che
incarna l'ideale della gioventù, interessato solo a vivere il
momento ed a rincorrere il piacere, e poi c'è Louise, la bellezza,
figura solo apparentemente fragile e capricciosa, ma in realtà
determinata a vivere la sua vita e non quella che altri hanno scelto
per lei.
La morale? Ê lo stesso scrittore
a darci la chiave di lettura verso la fine della storia, senza che ci
si affanni a cercare interpretazioni, ed è una chiave perfettamente
coerente con lo stile del dottor Saunders/Maugham:
“La vita è breve, la natura
ostile, e l'uomo assurdo; ma, stranamente, le sventure hanno per lo
più i loro compensi e con un certo umorismo e una buona dose di
senso comune possiamo cavarcela discretamente in questa faccenda del
vivere, che dopo tutto ha ben poca importanza.”
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