sabato 28 settembre 2024

Enrique Vila-Matas – Dublinesque


Enrique Vila-Matas – Dublinesque
(trad. Elena Liverani)
Feltrinelli (I ed. 2010)

La letteratura non è morta.

La storia di Samuel Riba, editore in crisi, che vive l'approssimarsi dei sessant'anni come la fine della sua carriera professionale e insieme di un'epoca. Un matrimonio in crisi, l'incapacità di recidere il cordone ombelicale che lo lega ancora ai vecchi genitori, poca a nessuna vita sociale da quando ha smesso di bere, questi sono gli aspetti principali di un disagio esistenziale che lo attira in un territorio, quello della solitudine, per il quale prova paura e attrazione in egual misura.
Riba è un uomo malinconico, che come il personaggio di un film di Cronenberg "vaga confuso e perplesso per una vita che non comprende" e cerca rifugio nella vita immaginata dei suoi libri, un uomo che non ha mai compreso la natura dell'entusiasmo e che nell'isolamento elabora le sue strampalate e affascinanti teorie. Come quella del "romanzo futuro", che pone La riva delle Sirti a paradigma della letteratura a venire, prima di gettarla in un cestino dell'albergo lionese dove l'aveva partorita, celebrandone metaforicamente il funerale.
Già, il funerale. Il punto verso il quale convergono tutti i suoi pensieri. L'idea di celebrare il funerale della "Galassia Gutenberg: la morte del libro cartaceo, la morte di un certo tipo di cultura, la morte di un mondo. Un funerale da celebrarsi insieme a un gruppo di amici a Dublino per il Bloomsday, secondo i dettami di un sogno quanto mai vivido fatto in ospedale.

Dublinesque è un libro eccezionale: libro di libri, romanzo psicologico, esistenziale, apocalittico, anti-realista…, un libro che unisce Joyce e Beckett (l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine) con Vilém Vok, in una trama che tiene insieme vero e falso in un post-moderno declinato alla spagnola che non risulta per nulla artificioso. Samuel Riba è uno splendido anti-eroe moderno, un personaggio contraddittorio che saprà morire – letterariamente – e rinascere, per "riavvicinarsi al mondo che non può essere quello del cataclisma finale", agli inconvenienti di una vita che risulterà in grado di cambiarlo consentendogli di "vivere un nuovo momento nel centro del mondo". Vila-Matas è uno scrittore esigente, che ci sfida apertamente chiedendoci di uscire dalla palude del conformismo per trasformarci in "lettori attivi", di dimostrarci all'altezza del libri che leggiamo, di non fermarci all'apparenza e di scavare tra le pagine, come dice in un'intervista.
"Il lettore attivo partecipa al libro, lo completa e aiuta lo scrittore con la propria intelligenza, contribuisce in maniera concreta alla buona riuscita del libro stesso. Perché ci mette dentro il proprio sapere e la propria esperienza. Entra in contatto, e spesso anche in contrasto diretto con l'autore, con l'opera che ha scelto di avere tra le mani."

domenica 25 agosto 2024

Can Xue –La Strada di fango giallo

 


Can Xue –La Strada di fango giallo
(trad. Maria Rita Masci)
Utopia 2024 (I ed. 1987)

"Al margine della città si trovava una strada di fango giallo, la ricordo molto bene. Eppure tutti sostengono che non sia mai esistita."

Due righe sono sufficienti a Can Xue per introdurci nella storia e insieme farci comprendere che questa non sarà una passeggiata.
La strada di fango giallo è un Nessundove che forse non esiste, un espediente letterario nel quale vive una comunità straniata sospesa tra sonno e veglia, che cerca di comprendere una realtà che non è alla sua portata. Ogni accadimento è interpretato come se fosse il sogno di qualcosa, ma non si sa cosa. L'apparizione di Wang Ziguang, ad esempio: immagine, persona, luce, o forse fuoco fatuo. Un ideale, il segno che "d'ora in avanti la nostra vita subirà un grande cambiamento". Ma "nessuno può affermare con certezza che Wang Ziguang esista davvero, che si chiami così e che sia venuto".
Un mondo che ha perso i punti di riferimento, abitato da personaggi quasi beckettiani, che vivono su uno sfondo marcescente senza comunicare, monadi che seguono supposizioni personali, sordi alla voce degli altri, che a pensieri confusi fanno seguire azioni incoerenti, fino ad imitare i comportamenti della massa senza una ragione che apparente. Affiora l'idea di una cospirazione per sovvertire l'ordine, ma quale ordine? Quale idea?
Un'umanità di gattini ciechi, privi di punti di riferimento, che ricorda sinistramente i tempi della pandemia: stessa incapacità di comprendere e quindi affrontare la situazione. Incubi e fantasie prive di senso hanno sostituito pensieri e ragionamenti, manca una logica, mancano i collegamenti. Un buco nel muro diventa il pretesto per scatenare congetture infinite e sconclusionate, così che ai personaggi non restano altro che azioni folle e parole prive di senso che traducono in suono il vuoto esistenziale di chi le pronuncia.
I personaggi del romanzo vivono in un impasse infinito, in un'enorme distopia: tutto è inutile, nulla ha speranza e l'umanità sprofonda lentamente nella buca che ha costruito mentre la Natura, l'altro caposaldo al quale Can Xue appoggia la sua idea di scrittura, subisce la violenza dell'uomo, fino a quando non si ribella attraverso le malattie e il cambiamento climatico, fino a riprendersi il suo posto. Questa a mio avviso è la cifra del romanzo.

Non è semplice avvicinarsi a questa scrittrice, perché non parla alla mente ma all'anima del lettore. La sua è una scrittura che non segue sentieri tracciati da altri ma sembra muoversi come una danza, un dipinto in movimento, e ci dice che un'altra letteratura è possibile.

sabato 10 agosto 2024

Orhan Pamuk – Il museo dell'innocenza

 


Orhan Pamuk – Il museo dell'innocenza
(trad. Barbara La Rosa Salim)
Einaudi 2009, I ed. 2008


Psicopatologia dell'ossessione amorosa.

Lettura interessante, anche se alla fine si ha l'impressione che quello che c'era da dire sull'argomento l'abbia detto una scrittrice vissuta molti anni prima e pochi chilometri più a sud di Pamuk.

A me pare uguale agli dèi
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli

e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.

E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.

sabato 3 agosto 2024

Carlos Fuentes – Gli anni con Laura Díaz

 


Carlos Fuentes – Gli anni con Laura Díaz
(trad. Ilide Carmignani)
Il Saggiatore 2008, I ed. 1999


Il cammino dei Santiago.

"Conoscevo la storia, ignoravo la verità. Anche la mia presenza, in un certo senso era una menzogna."
Un incipit potente, che dice già molto sulle intenzioni dell'autore: la storia nella realtà letteraria è verità e menzogna, come spiega Fuentes in un'intervista a The Austin Chronicle:
"la storia è un processo senza fine. E se consegni il passato solo al passato, lo stai consegnando a un museo. Una delle grandi funzioni del romanzo è stata quella di rendere il passato un presente vivo. Di dare alla storia la dimensione che manca ai libri di storia. Posso leggere tutti i libri di storia che voglio sulla Russia del XIX secolo, ma non capirò la Russia del XIX secolo se non leggo Gogol e Dostoevskij e Tolstoj e Turgenev, per esempio. Quindi c'è quella dimensione di mantenere viva la storia.
Quindi il rapporto con la realtà, la realtà è sufficiente a se stessa. Eccolo! Non chiede agli scrittori di venire a scriverne. Ciò che fa uno scrittore è creare un'altra realtà, aggiungere alla realtà. Non semplicemente riflettere la realtà, ma aggiungere qualcosa alla realtà che non c'è. Amleto non ci sarebbe se Shakespeare non l'avesse scritto. Don Chisciotte non ci sarebbe se Cervantes non l'avesse scritto. E non possiamo immaginare un mondo senza Amleto o Don Chisciotte. Eppure non c'erano nella realtà. Se gli scrittori non fossero venuti e non li avessero scritti, beh, niente Amleto e niente Don Chisciotte. Quindi questa è un'aggiunta alla realtà, arricchisce la realtà, crea una nuova o ulteriore realtà."
Gli anni con Laura Díaz è un romanzo che abbraccia cento anni di storia, del Messico, ma anche del Novecento, con particolare riferimento alla Guerra Civile spagnola. Una riflessione sulla natura dell'uomo e sull'evoluzione sociale di una nazione, senza trascurare il ruolo dell'arte e della religione in questo processo. Un romanzone di stampo novecentesco, che grazie ad una scrittura di gran classe si illumina fino a diventare un romanzo totale. Passioni politiche, amori, ambizioni personali, ideali artistici, dubbi esistenziali… non credo che nelle intenzioni dell'autore ci sia la volontà di creare una narrazione epica, quanto piuttosto rileggere la storia, interpretandola a posteriori alla luce dei sentimenti e dei pensieri degli uomini che ne sono protagonisti e non oggetti.
Difficile non pensare all'altro grande romanzo di Fuentes, La morte di Artemio Cruz, e leggere le due opere come un dittico. Da una parte l'uomo di potere, che dedica l'esistenza a raggiungere il successo e mantenerlo, dall'altra una figura femminile alla ricerca di se stessa e del suo ruolo nel mondo. Uno fa la storia, l'altra cerca di comprenderla, sforzandosi di andare oltre l'apparenza, curiosa di quello che si nasconde dietro alle parole, "la Laura ragionevole e la Laura impulsiva, la Laura vitale e la Laura vile". Laura che vive inseguendo i sogni più che la realtà.
"…Enedina e io ricordammo ogni cosa e quello che non ricordavamo, lo immaginammo, e quello che non immaginavamo, lo scartammo come indegno di una vita vissuta per l'inseparabile possibilità di essere e non essere, di portare a compimento una parte dell'esistenza sacrificandone un'altra, sempre sapendo che non si può possedere alcunché completamente, né la verità, né l'errore, né la conoscenza, né il ricordo, perché discendiamo da amori incompleti anche se intensi, da memorie intense anche se incomplete, e non possiamo ereditare altro che quello che ci hanno lasciato i nostri antenati, la comunanza del passato e la volontà dell'avvenire, uniti nel presente della memoria, dal desiderio e dalla consapevolezza che ogni atto d'amore oggi porta finalmente a compimento l'atto d'amore iniziato ieri. Il ricordo attuale consacrava, pur deformandolo, il ricordo di ieri. L'immaginazione di oggi era la verità di ieri e di domani."

sabato 27 luglio 2024

Miguel Ángel Asturias – Uomini di mais


Miguel Ángel Asturias – Uomini di mais
(trad. Cesco Vian)
Rizzoli editore, 1967, I ed. 1949


La Commedia Umana.
 
Il mais è centro e perimetro di questo grande romanzo, pietra miliare della letteratura sudamericana. Quel mais con cui è stato creato l'uomo secondo le antiche leggende guatemalteche, e quel mais del quale l'uomo ha fatto commercio infrangendo così le leggi religiose, corrompendo la sua natura, alterando l'ambiente con le coltivazioni intensive e innescando un meccanismo perverso che sostituendo il divino con il denaro ha finito per portarlo alla rovina.
Il tema è il conflitto tra gli indigeni e i "ladinos", i "maceiros" (appunto, uomini del mais), lo scontro tra tradizione e cambiamento, forza del mito e nichilismo dei nuovi arrivati. Va da sé che le simpatie di Asturias vanno tutte al mondo indigeno, capace di opporre alla fredda realtà bidimensionale dei ladinos la superiorità di un universo che non ha limiti di spazio e tempo, nel quale i protagonisti sono qui e anche altrove, capaci di cambiare forma e tramutarsi in animali. Un universo che offre alla scrittore, oltre all'orgoglio dell'appartenenza, infinite possibilità di forma e contenuto, e che l'autore riesce a cogliere anche grazie alle sue frequentazioni con il surrealismo europeo, che declina in chiave personale aprendo la strada a quello che sarà poi il realismo magico.
Uomini di mais, è un libro che, pur risentendo del peso degli anni con parti della trama che risultano un po' "di maniera", compensa queste piccole sbavature grazie ad una scrittura lussureggiante, capace di regalarci anche un finale incredibile, una specie di Divina Commedia concentrata in poche pagine, con una discesa agli Inferi e poi un'ascesa sublime verso un Paradiso indio che da sole valgono la lettura di quest'opera.