sabato 20 febbraio 2010

VI



Mi hanno detto: quello che dici, devi dirlo con il cuore
Ma anche: quello che dici oggi, domani potrebbe non essere più vero
E poi: non è importante quello che dici, ma come lo dici
Mi ripetevano: quando dici qualcosa,devi anche essere in grado di dimostrarla                                                                           
Prima di parlare pensa alle conseguenze che potrebbero avere le tue parole                                                                                          E' tutto nelle pause, più che nelle frasi
No, è tutto nello sguardo più che nelle parole
Quello che dici è un conto, poi bisogna considerare quello che capiscono gli altri
A volte si capisce più da un'espressione del volto che da tante parole
Non avere paura di dire quello che pensi
Pensaci bene prima di dire qualcosa
Quello che dici è importante, ma a volte conta di più quello che 
non dici.                                                                                             

[Xenia Dubinina: “Dialoghi afasici”]

sabato 13 febbraio 2010

Una strana vigilia

Chi l’avrebbe detto.
Che un giorno mi sarei trovato qui, seduto al tavolino di un bar all’interno della Questura nella zona di Litejnyj.
E’ passata mezz'ora da quando il mio accompagnatore si è allontanato dicendo di attenderlo un attimo, “cinque minuti al massimo”, ed io inganno l’attesa bevendo caffè e guardando la gente che mi passa davanti, giocando ad indovinare le loro vite. Vorrei fermarli, chiedere se anche a loro succede che… oppure no, e allora cosa… Così vicini e così lontani.
Fuori nevica e fa freddo, ma qui dentro si sta bene.
In Malaya Moskaya Ulitsa mia moglie ed i miei figli attendono il mio ritorno.
Vigilia di Natale a San Pietroburgo, se qualcuno me lo avesse detto non gli avrei creduto.

domenica 7 febbraio 2010

Volo LH 3224


C’è la ragazza russa, che dopo dieci minuti dal decollo estrae dalla borsa una trousse da viaggio e comincia ad armeggiare intorno alle unghie delle mani con forbici, lime e smalti. Finirà poco prima dell’atterraggio, circa tre ore dopo.
C’è la coppia di francesi che dorme. Dorme per tutta la durata del viaggio. Evidentemente due professionisti della dormita, attrezzati con coperte e ciambelle per il collo.
C’è l’italiano cinquantenne, con moglie e figlia al seguito. Aria da playboy fuori forma, capello lungo alla Roberto Mancini, abbronzatura artificiale, braccialetto brasiliano al polso e pancetta incipiente. Si alza in continuazione, non riesce a stare seduto per cinque minuti di seguito, fissa con sguardo porcino tutte le donne che gli passano davanti che non siano ancora in menopausa.
Ci sono due tedeschi sprofondati nella lettura del giornale. Lo leggono tutto, dall’inizio alla fine, senza parlare, senza cambiare espressione del volto, concedendosi come unica pausa il pasto.
C’è un tipo che ogni tanto si alza per armeggiare intorno alla cappelliera: la apre, sistema la giacca e tocca un po’ la borsa, poi la richiude, senza prendere niente. Fin qui niente di strano, il problema è che durante il viaggio ripeterà questa specie di rito almeno sei o sette volte.
Ci sono quattro o cinque ragazzi russi che bevono. Birra, vino, birra, vino ed ancora vino. All’inizio parlano, ridono e scherzano, ma con il passare del tempo sembrano sempre più in difficoltà, nonostante ciò continuano a bere, come se fosse una specie di obbligo.
C’è un gruppetto di spagnoli che parla fitto fitto. Tre ore e ventisette minuti di fila di discorsi, senza prendere respiro. Una specie di record.
Domande: perché quando si accendono le luci che indicano di allacciare le cinture e rimanere seduti, ci sono sempre due o tre persone che si alzano per andare in bagno?
Ma soprattutto: perché quando l’aereo atterra la gente applaude?