domenica 6 aprile 2014

Fëdor Michajlovič Dostoevskij - Netocka Nezvanova


Dostoevskij alla prova del grande romanzo e purtroppo Netocka Nezvanova rimase solo una prova perché l'autore venne arrestato e deportato in Siberia. Dopo la sua liberazione rimise mano al manoscritto, vi apportò alcune modifiche ma decise di non concluderlo. 
Il materiale sul quale Dostoeveskij lavora sembra risentire del “manierismo” dell'epoca ma nello stesso tempo riprende quell'attenzione alla psicologia dei personaggi già vista nel Sosia, rispetto al quale – però – si apprezza meno il conflitto interiore dei protagonisti, probabilmente perché non esplode ma rimane solo accennato. La struttura dell'opera è ancora piuttosto lontana dal grande romanzo “polifonico”, che caratterizzerà la produzione successiva dello scrittore russo, qui siamo ancora all'abbozzo e l'autore sceglie di procedere per capitoli che costituiscono racconti con una propria autonomia, affidando ad Anna (Netocka), una bambina di umili origini, raccontata attraverso episodi della sua vita tormentata, il compito di fare da trait d'union fra le parti. 
 Come al solito la grandezza di Dostoevskij sta nel proporci personaggi dall'animo combattuto: in questo caso Netocka è una bambina dotata di grande sensibilità, che vive una vita interiore ricchissima e conflittuale perchè “sente” a livello emotivo l'importanza e la drammaticità delle situazioni che affronta ma in quanto bambina non ha ancora la capacità per comprenderle appieno e quindi si trova a prendere decisioni in maniera sofferta, consapevole della propria inadeguatezza (“pensavo continuamente; la mia mente ancora immatura non aveva la forza di. risolvere tutta la mia angoscia, e mi sentivo nell'anima un peso e un disgusto sempre maggiori”). 
Tra le figure più interessanti del romanzo non si può non citare il patrigno della ragazza, il musicista fallito Efimov, che butta alle ortiche il proprio genio e che Netocka preferisce alla madre (“non potevo essere indifferente alla loro eterna inimicizia, e dovevo scegliere tra loro due, dovevo prendere le parti di qualcuno, e avevo preso le parti di quell'uomo mezzo matto, unicamente perché egli era così degno di pietà, così umiliato ai miei occhi, e perché fin dal principio aveva colpito la mia fantasia in modo così incomprensibile”). Si tratta di un personaggio che rimane abbastanza misterioso e che non sono riuscito a mettere completamente a fuoco, per certi aspetti una specie di Icaro che per aver voluto volare troppo vicino al sole aveva finito per precipitare (“il mistero dell'arte si era improvvisamente risolto dinanzi a lui, e il genio eternamente giovane, potente ed autentico l'aveva soffocato, con la sua autenticità. Pareva che tutto ciò che solo in misteriosi e impercettibili affanni l'aveva oppresso per la vita intera, tutto ciò che sino ad allora gli era apparso e l'aveva tormentato soltanto nei sogni, impercettibilmente, inafferrabilmente, ciò che talvolta gli si rivelava pure, ma da cui egli fuggiva con orrore, facendosi schermo con la menzogna di tutta una vita, ciò che egli presentiva ma che sino ad allora aveva temuto, che tutto questo, dunque, avesse preso a splendergli dinanzi all'improvviso, e si fosse svelato davanti agli occhi suoi, che fino ad allora si erano tenacemente rifiutati di riconoscere la luce come luce, e la tenebra come tenebra”). 
Accanto ad Efimov va ricordata anche Katja, la piccola amica figlia del principe nella casa del quale Netocka vive il passaggio dall'età di bambina all'adolescenza, con la confusione dei sentimenti propria di questa età (“io ero — mi si perdoni la parola — innamorata della mia Katja - […] in lei tutto era bellissimo; nessuno dei suoi difetti era nato con lei: le erano stati tutti inoculati, tutti lottavano in lei. In ognuno di essi si vedeva un principio bellissimo che aveva preso, per un certo tempo, una forma falsa; ma tutto in lei, a cominciare da quella lotta, risplendeva d'una speranza confortante, tutto preannunciava un bellissimo futuro”). 
L'ultimo capitolo del romanzo vede Netocka in casa di Aleksandra Michajlovna (“una donna di ventidue anni, quieta, tenera, affettuosa; era come se una tristezza recondita e un male segreto del cuore gettassero un'ombra severa sui suoi bellissimi tratti. La serietà e la severità non si addicevano ai suoi lineamenti luminosi come quelli di un angelo, così come non si addice il lutto a un bambino”), è questa una parte decisamente interessante perché qui Dostoevskij descrive bene i tratti della personalità di Aleksandra, quelli di suo marito Petr Aleksndrovic e il non-detto tra loro, il segreto dell'amante di lei che lui conosce e che usa per tenerla soggiogata, introducendo per la prima volta un tema fondamentale per la sua ricerca che qui rimane in nuce ma che sarà ripreso ed approfondito a dovere nei grandi romanzi della maturità (“il delitto rimarrà sempre delitto, il peccato rimarrà sempre peccato, un peccato vergognoso, turpe, ignobile, a qualsiasi livello di grandezza voi abbiate elevato un sentimento vizioso!”).

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