domenica 20 aprile 2014

un giorno, e non finì la frase. Capitolo settimo



Capitolo settimo
Dove i personaggi cercano di spiegare da cosa scappano e cosa cercano e dove si descrive la visita del giovane dottore italiano alla mano di Marcenda

Il nuovo giorno inizia come si era chiuso il vecchio, vale a dire con Lorenzo e Marcendo intenti a chiacchierare. E’ l’ora della colazione e seduti a tavola ci sono solo i due ragazzi che parlano fitto fitto. Qualche spirito malizioso potrebbe osservare che, viste le difficoltà del giovane dottore italiano ad esprimersi compiutamente davanti ad una platea numerosa, sembra proprio una fortuna che a fargli compagnia a colazione ci sia solo la ragazza portoghese, ma vogliamo fermare subito queste speculazioni facendo notare che qui la Fortuna centra poco o nulla e che per agevolare l'incontro dei due giovani si è già adoperata sin troppo, facendoli salire sullo stesso vapore ed ancora di più assegnando loro il posto di vicini di tavola per tutto il viaggio. La Sorte non è una divinità qualsiasi, ma la Grande Dea Necessità madre delle Moire, con la quale neppure gli dei osano contendere, ragion per cui pensiamo che non sia lecito aspettarsi da lei altre concessioni e che se sull’Highland Monarch c’è qualcuno che spera da lei ancora qualcosa di più di quanto ha già ricevuto, farebbe bene a ringraziarla ma soprattutto a decidersi di darle una mano. Ogni riferimento al dottor Lupi è puramente voluto, visto che non sapremo proprio giustificare altrimenti il suo strano comportamento di questa mattina, quando sin di buonora l’abbiamo scorto girovagare nei pressi della hall, guardando la pendola che segna le ore mentre gli altri commensali del suo tavolo prendevano posto per fare colazione, ci chiedevamo cosa aspettasse ad entrare e ad accomodarsi inseme agli altri ed abbiamo sospettato che forse non gradisse l'abituale compagnia, questo almeno fino a quando non abbiamo intuito che forse non aera in attesa di qualcosa ma di qualcuno, visto che si è deciso a fare il suo ingresso in sala solo dopo che ha scorto che anche Marcenda aveva preso posto a tavola con il suo proverbiale ritardo. Sia chiaro, non vorremmo che le nostre parole potessero far pensare a qualcuno che il giovane dottore italiano abbia cercato di rimanere solo a tavola con la ragazza portoghese, o almeno, anche se così fosse, preghiamo il lettore di non indulgere a pensieri maliziosi o sorrisini di circostanza, che a questo punto del viaggio la situazione è tutta in divenire e di quello che potrà o non potrà succedere nessuno ancora sa nulla. Parlavi di certi interessi che la tua famiglia avrebbe in Argentina, se non sono troppo indiscreta, sta dicendo Marcenda, Sì, è una storia un po’ lunga, ho dei parenti laggiù che hanno una fattoria e mi hanno scritto che ci sono buone opportunità di lavoro per i medici in Sudamerica, sulle prime mi è sembrata un’offerta strana, visto che le possibilità di impiego non mancano neppure in Italia, ma poi mi hanno spiegato che ci sarebbe da occuparsi in prima persona anche della gestione dell’azienda, visto che il cugino di mio padre che l’ha creata ha deciso di salutare la compagnia per andare in Messico e gli altri membri della famiglia sono troppo vecchi o troppo inesperti per sostituirlo, Strano personaggio questo tuo zio, e come mai ha deciso di abbandonare, Dire strano è poco, da quel che mi hanno riferito avrebbe raccontato di aver incontrato una specie di sciamano che l’ha guarito da una febbre che i medici non riuscivano a debellare e da allora la sua vita è cambiata, ha cominciato a parlare di energia dell’universo, di voler entrare in armonia con le cose e roba così, Non sembri molto convinto, Non so, ti ho già detto che è strano e purtroppo in passato ci ha già abituato ai suoi colpi di testa, Non vorrei passare per una ficcanaso, ma, scusa se te lo dico, sembra che ti diverti a provocare la mia curiosità, accenni, dici e non dici, quali misteri può avere la vita di questo cugino, Hai ragione, scusa, è che sono abituato a fare così perché non è una storia di cui in famiglia si vada particolarmente fieri, per il poco che ne conosciamo poi che magari le cose sono ancora più complicate, comunque inizierò col dirti che questo cugino di mio padre si chiamava come me, scusa se ti interrompo ma hai detto chiamava, forse è morto, No, non è morto solo che ad un certo punto della vita ha cambiato nome ed ora si fa chiamare Héctor Genta, Un tizio che cambia nome, mi sa che avevi ragione a dire che è strano, ma scusa se ti ho tolto di nuovo la parola, cercherò di non interromperti più, Non c’è problema interrompi quando vuoi, ti dicevo che quando lo zio era molto giovane, quando si chiamava ancora Lorenzo Lupi per intenderci, i suoi genitori erano riusciti a farlo entrare in seminario, non che la fede c’entrasse poi tanto, ma quando uno è l’ultimo di cinque figli di una famiglia contadina le possibilità non è che abbondino ed allora anche la carriera ecclesiastica poteva andare bene, considerato anche che un prete in casa fa sempre comodo. Sia come sia, le cose sembravano procedere bene, almeno fino ad un certo punto, quando lo zio Lorenzo decise d’improvviso di scappare dal seminario pensando bene di sparire per un paio d’anni. Così d’improvviso, senza dare spiegazioni, Sì, d’improvviso, almeno questo è quello che sono riuscito a sapere perché come ti ho detto che di questa storia non si parla volentieri in famiglia e non posso escludere che su qualche passaggio ci siano omissioni, coperture o vere e proprie invenzioni per modificare la realtà nel verso preferito, sia come sia, quello che mi è stato raccontato è che lo zio si fece rivedere a Spezia solo qualche anno dopo e seppur a fatica si riconciliò con la famiglia, poi ci fu la Grande Guerra durante la quale mi hanno raccontato che combatté in prima linea contro gli Austriaci, ma ti risparmio le storie sulle sue imprese al fronte perché le ho sentite raccontare in troppe maniere diverse che credo che più che romanzate siano inventate del tutto. Dopo la Guerra si stabilì prima in Veneto e poi a Milano dove non si capiva bene che lavoro facesse, ogni tanto tornava a Spezia con bei vestiti e soprattutto con belle accompagnatrici, e ricordo ancora come per noi bambini fosse una festa ogni volta che veniva a farci visita. Nei nostri giochi era un semidio e quando giocavamo tutti volevamo essere lui, ognuno di noi voleva interpretare il ruolo dello zio Lorenzo. Io andavo particolarmente fiero dell’omonimia ma non riuscivo a capire perché invece di incoraggiarci a diventare come lui, gli adulti cercassero di minimizzare e vedessero con fastidio le nostre fantasie. Credevo che fossero gelosi, ma crescendo ho capito che le cose stavano un po’ diversamente. Da Milano si trasferì ancora, prima a San Remo, dove si diceva che lavorasse al Casinò, poi sparì di nuovo per ricomparire in Francia, di questo periodo, anche se è il più recente, so poco o nulla, sembra che sia finito in qualche brutto giro a Marsiglia e qualche voce che mai in famiglia hanno voluto confermare spiega la sua lunga assenza con la galera in Francia, ma su questo argomento, come ho detto, tutti i parenti hanno sempre tenuto le bocche cucite. Fatto sta che qualcosa deve essere pur successo perché da allora si fece rivedere a casa solo una volta, sei o sette anni fa, ricordo che mi fece una strana impressione ritrovare quello che era stato un mio mito così male in arnese, smagrito, pallido, sembrava spaventato che qualcosa potesse succedergli da un momento all'altro, venne a salutare i parenti, dicendo che stava per imbarcarsi per le Americhe e che appena sistemato avrebbe fatto arrivare il resto della famiglia, perché si diceva che in Argentina ci fossero straordinarie opportunità per chi le sapeva cogliere. Di quell'ultima vista ricordo due cose, il fatto che nonostante fosse ridotto così male continuasse a fare progetti in grande, come se l’inquietudine che lo possedeva non facesse caso a come era ridotto il corpo che abitava, ed una cicatrice sulla guancia che io sono sicuro di aver visto ma che i miei genitori negano decisamente che egli avesse, E la questione del cambio di nome, Sì, ora ci arrivo, una volta in Argentina lo zio fece come aveva promesso, in quattro e quattr'otto mise in piedi un’azienda agricola e dopo un paio d’anni lo raggiunsero in Sudamerica anche i suoi genitori e poi qualche altro familiare, giustificò il cambio di nome da Lorenzo Lupi in Hector Genta dicendo che aveva cominciato una nuova vita nel Nuovo Mondo e che per festeggiarla aveva deciso di darsi un nuovo nome, probabilmente l’ennesima mattana di un parente un po’ strano o più probabilmente la paura che qualcuno con il quale magari aveva dei conti in sospeso potesse partire dall’Europa per mettersi sulle sue tracce, fatto sta che per tutti questi anni è rimasto tranquillo, la sua attività procedeva più che bene e le lettere che ci arrivavano dall’Argentina sembravano aver fatto dimenticare il suo passato burrascoso, Fino a poco tempo fa, almeno, Già, adesso questa cosa dello sciamano ha preoccupato di nuovo un po’ tutti, ragion per cui la famiglia ha deciso di mandare me a vedere di cercare di sistemare le cose, Una bella responsabilità, non c’è che dire, ma dovresti andarne fiero, Sì, è così, ma se devo dirla tutta adesso vedo solo la responsabilità e non so proprio che situazione potrò trovare di là dall’Oceano, è un mondo totalmente nuovo per me, più che andare fiero dell’investitura che ho avuto, penso a come non finire schiacciato dalla situazione, Ti capisco, non sarà facile misurarsi con una situazione così grande e per te così nuova, ma almeno hai sempre una via d’uscita, Una via d’uscita, non capisco, e quale sarebbe, Bè, se è vero che tu sei Lorenzo Lupi, mal che vada quando arriverai in Argentina potrai trasformarti anche tu in Héctor Genta, dice ridendo Marcenda.

La guerra. Abbiamo già visto come all’inizio del viaggio ne abbia accennato Ramon Jimenez chiamandola in causa per giustificare la sua fuga dall’Europa definendola assurda e nefasta, ed anche poco fa abbiamo notato come pur senza nominarla essa sia ben presente nei pensieri dei passeggeri dell’Higland Monarch. E’ qualcosa di difficile da affrontare anche a parole, la guerra. Soprattutto in questo momento in cui ci si è troppo vicini, troppo dentro, per poter capire bene cos’è realmente quella guerra che in Spagna sta mettendo i fratelli uno contro l’altro e cosa vogliono dire quegli strani fermenti che si avvertono un po’ dovunque, quei fuochi che si accendono improvvisamente qua e là nel mondo ed altrettanto rapidamente si spengono. Si ha l’impressione di essere i passeggeri di una barca che naviga in mezzo alla nebbia, non sappiamo bene dove stiamo andando, se verso un porto sicuro o se alla deriva, solo il tempo ce lo dirà, se il tempo di saperlo ci sarà dato. La guerra dicevamo, un argomento difficile da trattare, soprattutto perché non si capisce da che parte stanno gli uni e da che parte gli altri. Sì certo in Spagna le forze in campo sono evidenti, ma solo in apparenza.
La guerra. Oggi per la prima volta abbiamo riascoltato questa parola dalla bocca dell’ingegner de Campos, al bar del lido, conversando con quel dottor Lupi che sembra uno dei pochi a gradire e cercare la compagnia dello scontroso scrittore portoghese. La guerra, ha detto l’ingegnere è senz’altro la spiegazione alla presenza di noi tutti su questo vapore, ma credo che ci sia anche dell’altro, qualcosa di più, che ci spinge ad allontanarci dalle nostre patrie, Tu per esempio da cosa scappi.

[il manoscritto finisce qui. Ci scusiamo con i due o tre lettori - probabilmente uno - che ci hanno seguito fino a questo punto e ci auguriamo che in futuro Héctor Genta decida di riprendere in mano la penna. Non tanto perché vogliamo sapere come va a finire la storia, dove e come l'Highland Monarch traghetterà i personaggi che ci siamo abituati a conoscere dall'altra parte dell'Oceano, ma perché ci è piaciuto togliere un po' di polvere dalle spalle di Marcenda e compagnia e veder  loro "vivere" altre avventure.]

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