venerdì 1 maggio 2015

Ben Lerner – Nel mondo a venire


Guarda, mamma: senza mani!

Romanzo complicato Nel mondo a venire, che parla di costruzione, decostruzione e ricostruzione della realtà, con il protagonista costantemente impegnato a verificare la sua capacità propriocettiva alla prova dei mutamenti del tempo. Tanta roba.
E complicata pure la trama. Forzando un po' (tanto) le cose, potrei riassumerla dicendo che Lerner ha scritto un libro che parla di uno scrittore che sta scrivendo un libro che parla di uno scrittore che sta scrivendo... Un gioco di specchi decisamente pericoloso (e Borges, si sa, diffidava degli specchi).
Anche per quanto riguarda la scrittura le cose sembrerebbero tutt'altro che semplici: Nel mondo a venire è un romanzo, o meglio un metaromanzo postmoderno, che contiene anche un poemetto whitmaniano, un racconto per il New Yorker, alcune illustrazioni e una specie di novella sui dinosauri scritta per e con un bambino.
Ispirazioni? Abbastanza numerose. A occhio direi tutto quello che c'è in mezzo tra John Barth e David Foster Wallace, compresi Delillo, Eggers, Lethem e chissà quanti altri. Leggendo in rete vedo che qualcuno aggiunge alla serie anche Roth, l'immancabile Proust e il tanto alla moda Knausgaard e se non bastassero questi nomi, è lo stesso Lerner che si preoccupa di rimpolpare la compagnia delle sue fonti di ispirazioni inserendo anche Thomas Bernhard e Winfred Sebald, con il risultato che alla fine non capisco più chi sia questo Zelig-Lerner, se abbia una personalità propria o se la sua cifra sia la somma di altri autori.
In perfetta linea con tanta complessità è anche il contenuto del libro, che definirei "eccentrico" (non nel senso di stravagante, ma perché scappa in tutte le direzioni): dentro Nel mondo a venire c'è di tutto, dalle riflessioni sull'arte contemporanea ai party con droga, paura della malattia, consumismo, volontariato, politica, cinema, minoranze etniche, psicosi, installazioni artistiche... con un'alternarsi di riflessioni colte e cultura pop (highbrow/lowbrow, per quelli che se la tirano...) che sa molto di artificioso.
Il fatto è che tutta questa complessità non è disturbante di per sé, anzi, potrebbe essere anche stimolante se fosse asservita a un'idea forte che purtroppo (per me) non vedo. "Nell'altro mondo [...] tutto sarà com'è ora, solo un po' diverso", recita l'epigrafe del libro, concetto che Lerner ripete più volte come un mantra per tutto il romanzo. Sinceramente mi sembra un po' poco per giustificare il patchwork che l'autore ci ha costruito intorno, senza contare che già qualche annetto prima Eraclito diceva qualcosa di simile ("non si può discendere due volte nello stesso fiume...").
In conclusione: un libro ben scritto all'interno del quale c'è tutto e tutto è tanto. Forse troppo.

Esagero? Può darsi, ma ha cominciato lui.

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