Romanzo del
1994 che riprende, ampliandolo, un tema già trattato ne I gemelli, uno dei racconti presenti in Nostalgia (1993), e che presenta in nuce anche diverse delle
tematiche proprie della poetica Cărtărescuana.
La trama è
costituita dal lungo monologo di Victor, scrittore che si rifugia in una baita
i montagna per trovare l’ispirazione necessaria a scrivere il suo libro, ma si
ritrova a fare i conti con un ricordo della gioventù (un amico travestito da
ragazza) dal quale non riesce a liberarsi e del quale cerca di esplorare il
significato.
“Sai, Victor, che la mia solitudine ha sulla sua
pelle bianca un ascesso e che questo ascesso si chiama Lulu? Sai che sono
venuto qua per ricordarmi la pelle di quella ragazza che in me ha sempre
trovato un oscuro riparo in cui poter cullare la sua bambola e che più giù, nel
punto in cui l’orlo dell’abito tocca la pelle dolce e trasparente del
polpaccio, ho trovato ora un ascesso miserabile che si chiama Lulu.”
Tra ricordi e
sogni, alternando il punto di vista di Victor-scrittore a quello di
Victor-ragazzo, Cărtărescu sviluppa un racconto che contiene, come detto,
aspetti che verranno ampliati nelle opere più mature (penso, ovviamente, alla
trilogia di Abbacinante): la
solitudine (come una corda tesa sulla follia incombente), il tema del doppio,
la scrittura come strumento salvifico e di tortura (anche qui il doppio),
l’aspirazione a realizzare il romanzo totale, onnicomprensivo, contenente tutte
le domande e tutte le risposte, l’adolescenza vissuta da escluso rispetto agli
altri, intesa come età dell’infelicità e di preparazione per il progetto
futuro, sogno e realtà che finiscono per sfumare l’uno nell’altra e per
confondersi e soprattutto la sfrenata immaginazione (vero marchio di fabbrica
dell’autore rumeno), capace di creare vortici di parole che danno vita a universi
paralleli nei quali uomo e ragno finiscono per compenetrarsi e dare origine a
qualcosa di diverso, avvitandosi in spirali vertiginose che salgono a folle
velocità verso il cielo in cerca di una via d’uscita dall’esistenza, in cerca
di una porta che non esiste che metta in comunicazione tutti i mondi possibili
(e impossibili).
Per stile e
contenuto Travesti non mi è sembrato
ancora al livello di Abbacinante. A
volte troppo descrittivo, con qualche difficoltà nel gestire la quantità e
qualità del materiale messo in campo, risulta comunque romanzo utile a chi
voglia iniziare la lettura dell’autore rumeno, forse prescindibile per chi ha
già conosciuto il “caleidoscopio psichedelico” di Abbacinante, ma sicuramente interessante per apprezzare le fasi
della crescita del progetto Cărtărescuano.
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