domenica 9 novembre 2014

Fëdor Dostoevskij – Memorie da una casa morta


Nel 1849, all'età di 28 anni, Dostoevskij veniva arrestato e condannato a morte per la partecipazione a circoli rivoluzionari, condanna poi convertita in lavori forzati in Siberia fino al 1854.
All'epoca aveva già pubblicato alcuni romanzi (Povera gente e Il sosia) e qualche racconto, opere nelle quali è già in nuce quello studio della personalità e dell'animo dei personaggi che risulterà centrale nelle grandi opere della maturità.
Memorie da una casa morta testimonia come la vita carceraria e l'esperienza di deportato in Siberia abbiano esercitato una forte influenza sul grande scrittore russo, indirizzando la sua ricerca anche su altri importanti aspetti come quello sociale e soprattutto lo studio del delitto (delle cause che portano l'uomo a maturare questa scelta) e della pena (degli scopi del sistema carcerario e delle sue influenze sui detenuti), qui affrontati in maniera ancora frammentaria e slegata, rimanendo a livello di riflessioni o poco più, ma che in seguito verranno rielaborati in maniera organica a costituire la spina dorsale dei suoi grandi romanzi.
Memorie da una casa morta è una specie di reportage della vita carceraria dello scrittore, un resoconto delle sue avventure da detenuto con le descrizioni dei compagni di prigionia alternate alle considerazioni dello scrittore.
Diversi sono gli spunti di riflessione: l'assenza di pentimento nei prigionieri, in realtà convinti delle ragioni dei loro gesti, la difficoltà di definire il delitto in maniera chiara, il sistema carcerario inteso come esclusivamente punitivo, la disparità delle pene per delitti simili, l'avidità per il denaro che poi viene bruciato in un attimo in cambio di qualche sogno, l'analisi di quello che succede nell'animo umano dopo che si è varcato il limite della legalità, il diritto al rispetto della dignità della persona, la resistenza dei puniti al dolore e il loro stato d'animo nell'affrontarlo, l'influenza dell'ambiente sull'uomo, le lusinghe del potere e la sensazione di ubriacatura che da a chi lo esercita, la necessità di un scopo.
A ciò si alternano, come detto, i personaggi che passano sotto la lente di ingrandimento di Dostoevskij che ne tratteggia i caratteri: uomini dominati dal temperamento ed altri in grado di tenere perfettamente a bada gli istinti, figure passive e prive di personalità, persone bruciate dall'ansia e altre cariche di amor proprio.

In sintesi Memorie di una casa morta mi è sembrata un'opera di passaggio, con la quale Dostoevskij mette su carta le riflessioni scaturite da un'esperienza di vita così importante come quella della prigionia, riflessioni che necessiteranno di sedimentazione per essere poi rielaborate al momento opportuno.

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