Nicanor Parra è attualmente considerato il più
importante poeta contemporaneo del Sudamerica, probabilmente del mondo e nella
sua lunga carriera letteraria ha pubblicato oltre una ventina di libri. Montagne russe è l’unico attualmente
reperibile in Italia (esaurite, da tempo immemore, le Antipoesie pubblicate da Einaudi): si tratta di una raccolta striminzita, meno di quaranta poesie,
cinque o sei in media per ognuno dei suoi libri più noti.
Non credo servano altre parole per dire di quanto
l’editoria nostrana tenga in considerazione questo genere letterario.
Peccato, perché Parra è un gigante che meriterebbe
ben altra considerazione. Un rivoluzionario, uno che senza tanti clamori ha
preso la poesia e l’ha semplicemente ribaltata. Sì, perché Parra tira una bella
riga sul lirismo, sulla poesia di maniera, sul calligrafismo che si specchia in
se stesso, un po’ come avevano fatto gli Impressionisti con l’arte dell’Accademia.
Prende a sassate il poeta-vate, quello che si era autoproclamato divinità, lo
afferra per il bavero della giacca e senza tanti riguardi lo tira giù dalla
nuvoletta sulla quale si era esiliato, per riportarlo nella realtà.
Se è vero che nel cammino dell’arte si procede non
solo per continuità ma anche per brusche accelerazioni e cambi di strada,
allora possiamo ben dire che Nicanor Parra è uno di quelli che in questo campo ha
dato un bello strattone alla corda.
E noi di cotanto genio dobbiamo farci bastare una
manciata di poesie…
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