Prima cosa: mettere le mani
avanti. Sì perché parlare di Lamborghini con cognizione di causa risulta per me
un'impresa pressoché impossibile. Non ne ho le competenze: mi mancano le basi
culturali sulle quali provare ad impostare un ragionamento critico ed anche
quelle storico-politiche, considerando quanto la sua opera sia legata
all'Argentina e quanto poco intellegibili siano per me i riferimenti evidenti e
nascosti alla situazione di quel paese.
E poi è Lamborghini stesso a
sfuggire al lettore. Lo fa nascondendosi
dietro ad una scrittura complessa, piena di neologismi, giochi lessicali,
costruzione e decostruzione di parole, una prosa che a volte sembra suggerire
interpretazioni delle quali però non puoi mai essere certo, perché quello che
stai leggendo è diverso da quello che credi di intendere. "Uno gira
sempre. Intorno a certe parole. – scrive in Sebregondi
retrocede –Finché non le cattura. Non si cattura. Niente e giammai".
Già, la costruzione letteraria di Lamborghini può essere paragonata ad una Guernica
in prosa: le parole sono lì davanti a noi ma assolvono ad una funzione diversa rispetto
a quella alla quale siamo abituati perché invece di legare tra loro concetti,
slegano le idee ("Credete di leggere, e così andate avanti. – si legge ne le figlie di Hegel – Credete di leggere,
quando invece l'unica cosa che succede (che resta) è una sottile lametta e una
linea (di "punti") che: - Scrive.").
Si cammina sulle uova. Al limite,
e molto spesso oltre, l'illeggibilità.
Si colgono echi di De Sade, Lacan
e Freud, dei Canti di Maldoror e di Céline. Senza dimenticare Gombrowicz, visto
che stiamo parlando di linguaggio. Echi, certo, perché con Lamborghini non si
può mai essere certi di nulla.
Lamborghini ti disorienta. Ti aggredisce,
ti catapulta dentro la lotta e poi ti toglie tutti i punti di riferimento in
maniera da travolgerti con il suono assordante della sua prosa e con la
violenza e la volgarità delle sue parole.
Lamborghini mi respinge. E quindi
mi attrae. Con Lamborghini mi comporto come il cane che dopo aver ricevuto un
calcio per essersi avvicinato troppo, non può fare a meno di tornare a
gironzolare intorno al piede che l'ha appena colpito, perché gli sembra di aver
sentito un odore, una sensazione, qualcosa che teme ma che continua ad incuriosirlo.
Società, politica e arte sono il
perimetro sul quale lo scrittore argentino decide di riversare le sue
invettive, un ring in cui vittime e carnefici si confondono perché violenza e
sadismo sembrano innati nell'uomo, un destino al quale nessuno sfugge ("mi
domando se io figuro nel grande libro dei carnefici e lei in quello delle
vittime. – scrive ne il fiordo – O se
tutti e due siamo stati inseriti in entrambi i libri. Torturatori e
torturati").
Seguire Lamborghini lungo le
pagine de La pianura degli scherzi è
un'impresa sfibrante perché la matassa del linguaggio finisce per avvitarsi
inevitabilmente su se stessa fino al punto che un semplice scherzo provoca
un'escalation che sfocia in tragedia (la
causa giusta). E allora, se la parola tradisce, perché si scrive?
"Si scrive per non capire – è
la risposta che leggiamo in Sebregondi
retrocede – seguendo un filo, partendo dal presupposto di capire".
"Per non essere…
"compreso"… dalla famiglia, è per questo che s'inizia a scrivere
–dice ne le figlie di Hegel – La
tappa dello scrivere affinché neanche – quel che si dice: neanche – gli amici
comprendano."
Non posso consigliare la lettura
di Lamborghini a nessuno perché Lamborghini non è un autore che si consiglia ma
un autore al quale si cade dentro.
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