sabato 22 novembre 2025

Il cerchio – Meša Selimović

 


Il cerchio – Meša Selimović
(trad. Elisa Copetti)
Bottega Errante Edizioni (I ed. 1983)


Quel suo ideale indefinito di felicità.

Libro importante di un autore rilevante del secondo Novecento, che meriterebbe di essere affiancato ad Andrić e Crnjanski e che forse paga una certa “ruvidezza”: il rifiuto di venire a patti con stili e mode, in favore di una poetica densa di contenuti filosofici, etici e sociali.
Il cerchio, testo incompleto e pubblicato postumo, è un ottimo esempio della narrativa dello scrittore bosniaco: una scrittura “eccentrica”, che parte da un episodio centrale per aprirsi in riflessioni più ampie.
La vicenda da cui prende le mosse il romanzo è l'uccisione da parte della polizia militare di Mladen, attivista della Resistenza e fratello di Vladimir, protagonista della trama. Con la decisione di non arrendersi, Mladen ha condannato (inconsapevolmente?) a morte anche il padre e la madre, ma il loro sacrificio viene rapidamente dimenticato: l’eroe celebrato è Mladen Radenović, a cui viene dedicato un museo la cui inaugurazione avviene senza neppure invitare Vladimir. Da questo fatto (che ne ricorda uno analogo della biografia di Selimović, la fucilazione del fratello partigiano da parte dei suoi stessi compagni) si dipana una serie di riflessioni che originano proprio dal fatto che Vladimir fosse o meno consapevole delle conseguenze del suo gesto: esiste, cioè, una causa superiore? È giusto sacrificare in nome dell'Idea non solo la propria ma anche le vite degli altri?
Da qui alle domande sul ruolo del Potere il passo è breve. Un Potere dogmatico, che si nutre di ideologia e di eroi, che considera solo il bene comune e non le sorti individuali, che non accetta sfumature, opinioni divergenti o deviazioni dal percorso stabilito, e per il quale la coscienza del singolo resta una scatola vuota.
Vladimir/Selimović si chiede se sia possibile seguire l’Idea rivoluzionaria senza sacrificare l’individualità. È una colpa voler essere se stessi? È una colpa cercare di formare una personalità ancora confusa, avvolta nella nebbia dell’incapacità di rispondere alle domande che la vita pone?
La risposta, o una delle risposte, alle sue domande sembra indicargliela lo zio:
"L'arte è tanto potente che è ridicolo tenere discorsi politici, sono una fatica, un tespih da derviscio, una noiosa pioggia autunnale, uno smog. L'arte è la forza della tempesta, la freschezza della primavera, la forza della vita. Il suo incantesimo è onnipotente. Essa parla sempre di tutto. Essa ricorda, ha memoria, ama, non dimentica nessuno, si rivolge a ciascuno, è presente in tutto ciò che è umano."

"«… Ci occupiamo dell'educazione fino a un certo punto. Ma senza arte e senza una morale umana, l'uomo sarà un insieme scomposti di conoscenze, simile alla macchina, sebbene non riuscirà a raggiungere la perfezione del calcolatore elettronico, e in sostanza sarà infelice, perché l'uomo non è e non deve essere una macchina, e prima o poi bramerà il suo scopo umano.».
Lo scopo della vita dell'uomo secondo lo zio è l'armonia in sé, l'equilibrio interiore, il piacere che si raggiuge con la conoscenza silenziosa, progressiva, una conoscenza coltivata gradualmente di ciò che è più umano, il raggiungimento della bellezza che è troppo fluida per poter essere conquistata, ma l'uomo è ricco anche solo se l'intuisce. E aveva teso senza posa a quel suo ideale indefinito di felicità, cercandola nella spontaneità dell'esistenza, ed era riuscito a sperimentare, o a intuire, l'armonia desiderata tra tante volontà contrastanti dell'uomo."
Il cerchio è un grande libro fuori dal tempo: un messaggio in bottiglia che, a distanza di anni, continua a interrogare le nostre coscienze e a ricordarci quanto fragili siano i rapporti tra individuo, idea e potere.