L'uomo
e il fiume
Sudeste è la storia del Boga, tagliatore di giunchi sul
delta del Paranà che alla morte del vecchio che lavorava con lui decide di
abbandonare la capanna nella quale vive ed inizia a vagabondare sul grande
fiume, mosso dall'"ansia che spinge l'uomo verso l'orizzonte".
Un viaggio senza uno scopo
preciso, per sopravvivere ma soprattutto perché il legame con quel corso
d'acqua è una catena che il Boga non sa e non vuole sciogliere. Un viaggio che
non prevede nessun punto di arrivo perché alla foce del Paranà "le
distanze si dilatano e il traguardo si allontana insieme a te".
Come un Suttree ante litteram, l'uomo
scivola lentamente dentro al suo destino. Quello del Boga è un modo consapevole
di andare alla deriva, sentendosi parte del fiume e indifferente a tutto il
resto. "Il fiume è splendido e l'uomo se ne sente misteriosamente
attratto. Questo è tutto ciò che può dire". Un girovagare da un posto
all'altro con la prua diretta verso nord, lottando con il vento di Sudeste che
sferza il corpo ed i pensieri. Vivere nella pancia del fiume come unica
aspirazione, sentirsi accolto da quella Natura, farne parte lasciando che le
cose vadano come devono andare.
In Sudeste ci sono Boga, il fiume e il vento. E poi ci sono gli altri:
figure di contorno, abbozzi di un'umanità che Conti tratteggia con contorni
volutamente sfumati, persone senza passato e dal futuro quantomeno incerto. Il
Bastos, Il Colorado Chico, il Lungo… ma soprattutto un omino "che sembra
il Cabecita" con il suo cane Capi e un paio di brutti ceffi, uno senza
nome e l'altro chiamato "Chino" ma conosciuto anche come "la
Bionda", due delinquenti che con le loro malefatte cambieranno il corso della
vita del Boga che si lascerà cadere dentro alla situazione senza far nulla per
tirarsene fuori.
"Era come uno spettatore.
Vedeva trafficare se stesso e gli altri come da una distanza incredibile e
affaticante. L'aveva trascinato il fiume. L'estate. Un giorno o l'altro sarebbe
finito tutto. Con un piccolo sforzo avrebbe potuto tirarsene fuori. Ma non era
capace di fare uno sforzo, piccolo o grande. In qualche modo le cose si erano
ingarbugliate e lui era rimasto lì."
Sudeste è un libro lento come il corso del fiume che
descrive, un libro di silenzi, pensieri, descrizioni e pochi dialoghi. Un grande
romanzo sul legame tra l'uomo e la natura, legame che Conti è ben attento a
dipingere in maniera tutt'altro che idilliaca. Il Boga 'appartiene' alla
natura, ed in nome di questa appartenenza accetta fatiche e sofferenze in
cambio di quei pochi istanti di felicità che nascono dal sentirsi in armonia
con il fiume ("A partire da quel momento, sulla spiaggia deserta,
cucinando i pesci, poteva considerarsi un vagabondo. Non fu proprio questo ciò
che pensò, ma improvvisamente si sentì invadere da una strana serenità, una
placidità mai provata, e qualcosa di simile a una sorridente allegria.
Finalmente si trovava nella situazione che aveva sempre desiderato."
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