sabato 14 febbraio 2009

Davanti alle pompe funebri Biaggi



Tre vecchie sedute a sferruzzare
sul marciapiede
ogni volta che passavo.
Buonasera signore,
dicevo,
buongiorno, pure,
bello questo periodo dell'anno
per stare al mondo.

E mi fissavano
come i sordi ti fissano
in una delle loro scuole,
per sordomuti.
Due si rimettevano al lavoro,
la terza mi guardava
passare
a bocca aperta.

E questo è quanto.
Lasciai la città e quelle sempre
a sferruzzare.
Magari sono ancora lì
perchè oggi è un giorno di quel tipo,
tiepido e mite,
e penso di nuovo a loro
dopo molto, molto tempo.

[C. Simic: "Hotel Insonnia"]

domenica 8 febbraio 2009

Le donne di Vermeer


Le donne di Vermeer. Personaggi assorti nei loro pensieri, come la fanciulla che dorme (o forse sta pensando) o quella che legge una lettera presso la finestra (quante figure femminili sono ritratte nell’atto di leggere una lettera!), oppure sorpresi nell’istante in cui si voltano e sembrano fissare chi guarda il quadro quasi con stupore, come la ragazza con l’orecchino di perla, ma anche così intenti nello svolgimento di attività quotidiane, come la merlettaia, da non prestare attenzione a quello che accade intorno a loro.
Non è possibile passare davanti ad un ritratto di Vermeer con indifferenza, c’è qualcosa in quei dipinti che ti costringe a fermarti ed osservarli con attenzione. Sarà la luce che entra dalla finestra (sempre quella, sulla sinistra di chi osserva), così pulita, chiara, nitida. Sarà la semplicità, la naturalezza, la spontaneità di quelle figure femminili. Non so, qualunque cosa sia è qualcosa che ti tira dentro a un altro mondo.
Quei quadri sono tramiti, porte aperte su un’altra dimensione, buchi neri che mettono in comunicazione il nostro tempo con quello di trecentocinquanta anni fa, usando come chiave per aprire questa porta immaginaria l’immaginazione.
Le donne di Vermeer: comunque siano ritratte, riescono sempre a trasmettere il loro messaggio. Sono donne che portano dentro di sé qualcosa: un segreto, una fantasia o solamente un pensiero. Dietro l’apparente serenità di quelle figure c’è un mondo di sogno che chiede di essere evocato, di essere chiamato a vivere, non fosse altro, almeno nella nostra fantasia.
Chi ha dipinto quelle figure femminili non è solo un pittore, è un poeta.
Diffidate di chi non ama Vermeer.

[L.W.V: "Pensieri, parole, opere ed omissioni"]

sabato 7 febbraio 2009

Felicità


Un giorno un bambino chiese al padre: “Padre, cos’è la felicità?” Il padre provò a spiegarlo cercando di utilizzare le parole più semplici, aiutandosi con esempi e con metafore. Ma il bambino non capiva, aveva bisogno di qualcosa di reale, da toccare. Il padre ci pensò un po’, poi portò al figlio un fiocco di neve. Ora il bambino era felice, almeno fino a quando del fiocco di neve che aveva preso in mano non rimase che qualche goccia d’acqua. “Padre è questa la felicità?” chiese stupito il bambino “Qualcosa che quando credi di possederla, all’improvviso ti sfugge dalle mani?” “No, figlio mio,” rispose il padre “questa è l’illusione, la falsa idea di felicità. La felicità è quello che rimane dopo, quando penserai al momento in cui avevi in mano il fiocco di neve. Quando ti sarai liberato dall’idea del possesso, solo allora potrai apprezzare la vera felicità.”

[H. Genta]

giovedì 5 febbraio 2009

Autoritratto in uno specchio convesso


[...] L'anima deve restare dov'è,
per quanto inquieta, a sentire la pioggia sul vetro,
il sospiro delle foglie autunnali sferzate dal vento,
e bramare d'essere libera all'aperto, ma deve restare
in posa in questo posto. Deve muoversi
il meno possibile. Questo dice il ritratto.
Ma in quello sguardo c'è un misto
di tenerezza, divertimento e rimpianto, tanto possente
nel suo autocontrollo, che non lo si può guardare a lungo.
Il segreto è troppo ovvio. La pena che questo ci fa brucia,
fa sgorgare lacrime ardenti: che l'anima non è un'anima,
non ha segreti, è piccola, e colma
il proprio vuoto alla perfezione: la sua stanza, il nostro istante d'attenzione.
Questa è la melodia, ma senza parola alcuna.
Le parole sono solo speculazioni
(dal latino speculum, specchio):
cercano senza poterlo trovare il senso della musica.
Vediamo solo gli atteggiamenti del sogno,
cavalcando il movimento che sventaglia il viso
nel campo visivo sotto cieli serali, senza alcuna
falsa scompaginazione come prova d'autenticità.
Ma è la vita inglobata.
Piacerebbe protendere la propria mano
fuori dal globo, ma la sua dimensione,
ciò che la sostiene, non lo concede.
Senza alcun dubbio è questo, non il riflesso
a nascondere qualcosa, a far sì che la mano si profili immensa
nel ritrarsi appena.
[...]
E proprio come non ci sono parole per la superficie, cioè,
nessuna parola per dire ciò che è in realtà, che non è
superficiale ma nucleo manifesto, così non c'è
via d'uscita dal dilemma pathos contro esperienza.
Tu continuerai a rimanere, caparbio, sereno nel
tuo gesto che non è abbraccio nè monito
ma che comprende qualcosa d'entrambi nella pura
affermazione che non afferma niente.
[...]

[J. Ashbery: "Un mondo che non può essere migliore"]

domenica 1 febbraio 2009


Mi piace passeggiare lungo la Neva, per il Campo di Marte, per il Giardino d'Estate, sul ponte Troickij, nel parco Ekaterininskij a Carskoe Selo. Mi piace camminare lungo il mare: a Ol'gino, a Lachta, a Sestroreck e alla Stazione termale. Mi piace passeggiare solo. Mi piace trovarmi tra persone delicate.

[D. Charms: "Casi"]