Un libro decisamente originale per forma e contenuti. Un romanzo che è anche una raccolta di micro-racconti e una specie di diario autobiografico, con la narrazione che procede per flash, immagini e digressioni, tra salti temporali e continui passaggi dalla prima alla terza persona.
Ce ne sarebbe abbastanza per disorientare il lettore e invece l'alchimia funziona alla perfezione, merito - come detto - anche dell'originalità della trama, che vede come protagonista un bambino che soffre di empatia patologica per cui tende a identificarsi con persone, animali e cose e vivere in prima persona le loro esperienze. E la prima delle figure che colpiranno l'attenzione del bambino è una specie di uomo-toro del circo, una sorta di Minotauro che darà il via al processo di immedesimazione del protagonista e al suo viaggio all'interno del labirinto della memoria per andare a prendere quello che giace dimenticato e riportarlo alla luce in modo da farlo rivivere ancora per un po'.
Il mito del Minotauro è appunto l'altra idea forte alla base del romanzo, con tutte le chiavi di lettura che ciò comporta: il Minotauro che esprime bene la duplicità della nostra persona, quel misto di razionale e irrazionale che ci governa, figura che attrae e respinge, carnefice e al tempo stesso vittima innocente, simile a noi ma diverso perché esprime quell'animalità che cerchiamo di nascondere, noi siamo il Minotauro ma siamo anche Teseo, l'eroe solare che scende nel fondo del labirinto per uccidere il mostro e poi ritornare alla luce.
Il labirinto della memoria, nel quale Gospodinov si avventura per andare a recuperare i ricordi serve anche a proteggere la nostra intimità ed è il luogo dove il protagonista si rifugerà nell'età adulta, quando, improvvisamente guarito dalla sindrome acuta empatico-somatica, cercherà di guardare le cose da una differente angolazione diventando mercante di storie, andando cioè in giro a comprare racconti delle vite degli altri come se fosse posseduto dal bisogno compulsivo di raccogliere quanti più racconti possibile per trasmetterli ai posteri. Storie di uomini e storie di animali, storie dove l'uomo non è più il centro dell'universo ma solo un elemento tra i tanti, storie tra sogno e memoria.
Sforzo disperato e vano quello di accumulare ed inventariare tutto il possibile per poterlo trattenere ancora un po': quello che passa, passa sempre più veloce ed oggi diventa ieri sempre più rapidamente, questa è la considerazione che apre alla terza parte del romanzo, quella dell'autunno e della malinconia, la stagione dell'amarezza e della consapevolezza che il passato è passato e che se le cose non sono andate come avrebbero potuto andare ormai è troppo tardi per intervenire e non è possibile cambiarne il finale. Per quanto lo scrittore si affanni a cercare escamotages ed espedienti narrativi per prolungarne la vita, le cose, prima o poi, finiscono, questa è la realtà davanti alla quale siamo costretti a piegare il capo.