Questo libro è il mare.
Una distesa sconfinata che il mio occhio non riesce ad abbracciare
nella sua interezza e che devo contentarmi di osservare, senza
cercarne di capire tutte le sfumature. Posso guardarlo, ascoltarne la
musica, avvicinarmi, provare ad entrarci dentro, bagnarmi nelle sue
acque, ma non comprenderlo fino in fondo.
Questo libro è un libro
necessario, che nasce da un'urgenza. Andava scritto, ce n'era
bisogno. Dice le cose che dovevano essere dette e le dice esattamente
come dovevano essere dette, seguendo un percorso accidentato, fatto
di mille storie diverse, con personaggi che entrano ed escono
di scena più volte durante lo svolgimento del romanzo, costringendo
il lettore ad un lavoro mnemonico a tratti faticoso.
Questo libro racconta la
Storia attraverso le storie, la Vita attraverso le vite.
Parla di libertà,
sicuramente. Ma non solo. Parla anche di amore, della follia e
dell'orrore della guerra, della banalità del male, dell'ambizione, dell'ideologia, della debolezza, del conformismo, dell'istinto di
conservazione, della rassegnazione e di un sacco di altre cose.
Parla
della natura dell'uomo, di quella natura che ci rende capaci delle
azioni più grandi e di quelle più meschine allo stesso tempo, che è
in grado di farci salire alle vette più alte e contemporaneamente di
precipitarci negli abissi più profondi, quasi a
dirci che nonostante millenni di evoluzione dentro di noi albergano
mostri violenti e impulsi bestiali che non riusciremo mai a
sconfiggere.
Perché Vita e Destino è
soprattutto questo: un libro che parla del bene e del male. Non del
Bene con la B maiuscola, ma nel piccolo bene quotidiano, quello senza
ideologie, quello della vecchia che porta un pezzo di pane a un
prigioniero. Un libro che parla della piccola bontà insensata, silenziosa, fine a se stessa, istintiva e cieca, quella bontà davanti alla quale il male non può nulla.
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