domenica 4 dicembre 2011

"Global class" (i nuovi alchimisti)


Ogni tanto, nella storia, ci troviamo di fronte all'emergere di nuove classi produttive. Nel caso della "new economy", in verità, "produttive" non è l'aggettivo adatto, perché esse non si applicano affatto alla produzione. Diciamo che sono nuove forze economiche e sociali, che hanno a che fare con le tecnologie dell'informazione. E' un dato costante della Storia che questa nuova classe scopra che le istituzioni tradizionali sono un ostacolo al suo sviluppo, e che dunque ritenga che esse debbano essere distrutte o ignorate.
Qualcosa del genere sta verificandosi oggi. L'esplosione della information technology ha fornito grandi e nuove opportunità a un determinato numero di persone: una categoria di persone che sta creando un nuovo mondo e che, lungo la strada, sta diventando molto ricca. E' un gruppo sociale estremamente interessante. Viaggia molto, varca costantemente le frontiere, perfino quando è bloccato nelle business lounge di un aeroporto le varca parlando incessantemente al telefonino. Non credo che oggi  più dell'1% della popolazione faccia parte di questa global class in senso stretto, ma un enorme numero di persone vi gira intorno, ne è ispirato nei proprio comportamenti economici o culturali, ne imita le mode, i gusti e i tic, perché è essa che fissa i trend, indica la direzione, esercita l'egemonia culturale.
Per loro è naturale tentare di eludere e di sfuggire alle istituzioni tradizionali della democrazia. Tra i loro valori c'è la meritocrazia, e un'aspirazione di lungo periodo alla sostenibilità dello sviluppo. Tutto ciò che è "globale" è buono per loro. Ciò che davvero non amano è la dimensione nazionale. Con la dimensione "locale", invece, mi sembrano in pace, non in conflitto: li contraddistingue l'amore per la natura, per una casa in campagna, per il paesaggio che li circonda, per i cibi sani e i mercati rionali. Quello che invece considerano un orribile e anacronistico ostacolo sono i governi nazionali e le loro leggi.
L'affermarsi di questa "classe globale" produce inevitabilmente una lacerazione della tradizionale solidarietà sociale, determinando nuove disuguaglianze. Il problema della "classe globale" è che un sacco di gente non ne fa parte e viene lasciata indietro. La creazione di nuove ineguaglianze è ovviamente una caratteristica di ogni sviluppo capitalistico. Avvenne anche agli albori della società industriale. Con una differenza: i poveri di allora erano necessari come forza-lavoro ai capitalisti; i poveri di oggi, invece, non sono necessari alla "classe globale" che nell'ambito della politica nazionale è interessata solo ad ottenere meno regole e meno tasse.

[Ralf Dahrendorf: "Dopo la democrazia"]

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