domenica 1 febbraio 2015

Dag Solstad – Tentativo di descrivere l'impenetrabile


"Vuoto, silenzio, Assenza mi urlano contro. Mi colpisce che quelli che vivono qui magari si trovano anche bene. La sola idea mi paralizza dall'orrore. Questo è il mio popolo, e il mio paese." 

La storia che il romanzo racconta e quella di Arne Gunnar Larsen, amico di Dag Solstad e architetto direttore della pianificazione, il quale, superata da poco la quarantina e fresco di separazione, decide di trasferirsi a Romsås, quartiere periferico che ha contribuito a progettare.
Lì si trova a fare i conti con l'evidenza: l'idea di realizzare una cittadina a misura d'uomo, che potesse aiutare al gente a uscire dal guscio e a socializzare, era fallita. All'epoca della progettazione la volontà degli architetti era stata quella di far incontrare le idee con la realtà, immaginando che questo incontro avrebbe aperto la porta alla realizzazione di un progetto ben più ambizioso, vale a dire la Norvegia moderna. Alla prova dei fatti, però, era successo che idee e realtà non si fossero incontrate, ma scontrate e poi respinte, per andare ognuna dalla sua parte, con il risultato che gli sforzi di Gunnar Larsen e degli altri architetti non erano riusciti neppure a scalfire la pesante cappa di solitudine e isolazionismo che caratterizzava le vite delle persone. 
Quella con cui ora il protagonista si trova a fare i conti è una società chiusa, che vive all'interno delle proprie abitazioni limitando al minimo gli scambi con gli altri. Gli unici "amici" che Arne Gunnar riuscirà ad avere a Romsås sono una giovane coppia: Bjorn Johnsen, commesso ed ex giocatore di hockey, interessato unicamente ai film che affitta e poi guarda in maniera compulsiva sulla TV di casa, e sua moglie Yilva, presenza quasi impalpabile per gran parte del libro. 
L'equilibrio della coppia sembra simile all'equilibrio che vige nella società: come gli altri, anche marito e moglie vivono chiusi nei loro mondi (i film per lui e le fantasie per lei) e questa situazione potrebbe durare all'infinito se Yilva non decidesse di uscire dallo schema consueto per trasformarsi in personaggio "attivo", provocando uno scarto nel percorso abituale, una rottura nell'apparente armonia, da cui scaturirà necessariamente il dramma. 
In una realtà cristallizzata come quella che Solstad ci presenta non ci può essere spazio per qualcosa di diverso dalla routine. L'idea della fuga, di dar voce alle speranze per evadere da una vita che non si accetta più, è semplicemente inconcepibile. Vivere come monadi non può non comportare conseguenze e la prima è che si perde l'abitudine a interagire con gli altri, a relazionarsi, a mediare. 
Tentativo di descrivere l'impenetrabile vorrebbe essere il tentativo di capire cosa non ha funzionato nella realizzazione della via norvegese al socialismo degli anni '80, in realtà l'analisi non sembra particolarmente approfondita e si limita a descrivere lo status quo senza lasciar trasparire neppure uno spiraglio di luce in mezzo a tanto grigiore. Anche la prosa di Solstad sembra adattarsi a questo clima, raccontando gli avvenimenti in maniera piuttosto piatta, senza mai cambiare tono, con il risultato che alla fine anche la tragedia sembra routine, assorbita dalla stessa nebbia che avvolge e mette la sordina a ogni cosa.

Nessun commento: