domenica 31 gennaio 2016

Annie Ernaux – Gli anni



Dopo Knausgård, Ernaux. Torna di moda l’autobiografismo? Sembrerebbe di sì, anche se le differenze tra i due sono evidenti.
Ernaux evita il monologo torrenziale da Grande Fratello televisivo e procede per immagini, vecchie fotografie, ricordi personali, elencazioni (cliché invero, un po’ usurato), finendo per costruire un racconto frammentato in episodi che corrono prevedibili lungo i binari del trascorrere degli anni. Ecco, forse proprio nell'aspetto monocorde di una narrazione senza scatti, che non “evolve” mai, mi sembra di individuare un tratto che accomuna Knausgård ed Ernaux.
Ne Gli anni ho apprezzato l’eleganza della scrittura, l’originalità nell'alternare presente e imperfetto ed anche il continuo cambiamento del punto di vista, con gli avvenimenti che vengono raccontati usando ora la prima e ora la terza persona, sia singolari che plurali. Artifici che probabilmente avrebbero dovuto aiutare a movimentare la trama, eppure – ripeto – la mia impressione è quella di una narrazione “bloccata”, nella quale anche la partecipazione emotiva mi sembra molto molto ridotta.
Ci sono pagine di bella prosa, osservazioni acute su certi aspetti della società, espresse stilisticamente in maniera efficace ed elegante, ma sono poche. Prevalgono (o magari sono io che le ho trovate particolarmente disturbanti) certe banalità in forma di analisi sociologiche,  qualche spruzzata di politically correct e un pizzico di anti-americanismo radical chic che magari potevano essere evitate, anche considerando che sul passato recente francese in Algeria e Centrafica Ernaux ha sorvolato tranquillamente.

Qualche esempio:
quello che scrive a proposito della scuola come istituzione, non mi sembra brillare per originalità:
"Pubblica, privata, la scuola si assomigliava, luogo di trasmissione di un sapere immutabile nel silenzio, nell'ordine e nel rispetto delle gerarchie, la sottomissione assoluta: indossare un grembiule, mettersi in fila alla campanella, alzarsi in piedi se entrava in classe la direttrice ma restare seduti se entrava una bidella"
E ancora:
"Soltanto gli insegnanti avevano il diritto di fare domande. Se non si capiva una parola o una spiegazione la colpa era solo nostra."
"I programmi non cambiavano mai,"
"Un blocco compatto di conoscenze trasmesso a una minoranza che vedeva così confermata, di anno in anno, la propria intelligenza e superiorità."

Segue un bell'esempio di cerchiobottismo:
"La condanna a morte da parte dell’imam Khomeini di uno scrittore di origine indiana, Salman Rushdie, accusato di aver offeso Maometto in un suo libro, faceva il giro del mondo e ci lasciava di stucco. (Anche il papa condannava a morte proibendo il preservativo, ma quelle erano morti anonime, in differita.)"

A proposito di antiamericanismo:
"il campo del nostro immaginario, ormai occupato tutto dagli americani, anche nostro malgrado, come un gigantesco albero che dispiegava i suoi rami sull'intera superficie della terra. Ci davano sempre più fastidio con quei loro discorsi moralizzatori, gli azionisti e i fondi pensione, l’inquinamento planetario e il disgusto per i nostri formaggi."
"Conquistatori senza altri ideali oltre ai dollari e al petrolio. I valori e i principi di cui si facevano portatori – contare solo su se stessi – davano speranza soltanto a loro, mentre noi sognavamo «un altro mondo»."

Chiudo con qualche perla a proposito dell’Undici Settembre tra sentimenti di rimozione e rifiuto di condividere quel dolore:
"Si rievocava un altro 11 settembre e l’assassinio di Allende. Dei conti venivano saldati. Il tempo per provare compassione e pensare alle conseguenze sarebbe arrivato più avanti."
"L’obbligo di far propria la paura degli americani raffreddava i sentimenti di solidarietà e di compassione. Ci si beffava della loro incapacità di catturare Bin Laden e il mullah Omar, volatilizzatosi in motocicletta."

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