sabato 23 gennaio 2016

Alexis Pansèlinos - La grande processione



Mah...



Secondo approccio alle letteratura neogreca (dopo Il loro profumo mi fa piangere di Menis Kumandareas) e seconda parziale delusione.

Scrittura ampollosa, poco scorrevole, con descrizioni d’ambiente ridondanti all’eccesso.
  
(…più in basso, lungo il dolce pendìo del monte, i rami spogli dei pioppi somigliavano a bende d’argento distese tra gli olmi purpurei. Fitte macchie di bosco si alternavano alla terra nera della pianura, che inviava il suo profumo fin lassù, coperta da una caligine simile a una nuvola bassa, e si estendeva a perdita d’occhio, mentre le tenebre sollevatesi da oriente, che si dilatavano come l’inchiostro su un tessuto, coprivano gli alberi, i campi, i villaggi punteggiati di luci, e, in fondo, la città e la caserma…)


Il libro è abitato da una serie di personaggi abbastanza piatti e poco sviluppati (forse, e solo parzialmente, lo è il protagonista). Invece di far emergere le idee dalla narrazione, Pansèlinos le espone direttamente (e spesso si tratta di cose scontate).

La trama è costituita da due storie che si alternano (e anche questa non è una trovata esattamente originale): una è rappresentata dal classico romanzo di formazione e l’altra da una specie di apologo fantascientifico. Il ritmo con il quale le due parti della narrazione si succedono si fa sempre più serrato con il procedere della storia, fino ad un finale quasi frenetico nel quale sembrano scivolare l’una nell’altra, finale che – se non altro – ha il pregio di non essere scontato.

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