Memorie del sottosuolo.
Il “sottosuolo” di Gazdanov è il “demi-monde”
della Parigi degli anni ’30, sullo sfondo del quale si muove il protagonista
del romanzo, un tassista notturno senza nome dietro al quale si nasconde l’autore.
Un sfilza di incontri con una serie infinita di personaggi, ognuno dei quali
meriterebbe un libro a parte: Platone, la Raldi, monsieur Martini, Suzanne,
madame Duval, Alice, Vasil’ev, Fedorcenko, vite in bilico tra essere e non-essere
personaggi dal sapore onettiano (ma la similitudine finisce qui), che scivolano
più o meno velocemente verso l’autodistruzione. Sono personaggi che vanno a
fondo aggrappati a sogni impossibili, ai quali si sforzano di credere perché
sono l’unica cosa in grado di tenerli ancora un po’ a galla, oppure che
cavalcano gloriosamente la loro sconfitta, schiavi consapevoli di un destino
che li obbliga a vivere una vita da formiche per poi dilapidare ogni avere nell’euforia
dell’attimo.
Capire le vite degli altri, questo
è il motivo che spinge il protagonista ad avvicinare queste persone. Una
curiosità destinata ad essere frustrata dalla sua incapacità a “comprendere passioni
e pulsioni che sentivo estranee”, un’empatia quindi cercata ma non trovata
perché il nostro è un personaggio in bilico tra disprezzo e pietà nei confronti
dei suoi interlocutori, consapevole di vivere lui stesso sulla soglia di quella
bassezza che vede intorno a se e di non poter aspirare a nulla di meglio.
Il disprezzo di Gazdanov è quello
dell’esule, condannato ad abitare in un mondo che non è il suo e nel quale non
si ritrova, un sottobosco nel quale si muove anche un’articolata fauna di
emigrati russi: truffatori, trafficanti, gente che vive di ricordi e gente che
vuole dimenticare, tutti accomunati dall’essere in caduta libera verso il fondo
dell’abisso. Eppure è la pietas la nota prevalente nell’animo del protagonista,
motivata dal fatto che gli uomini che incontra sono tutti disprezzabili, tutti
sullo stesso piano, tutti prigionieri dei loro limiti e condannati al
fallimento perché privi di pensiero astratto, appiattiti sulla ricerca di un
buon senso di maniera che rappresenta un modo di evitare i dubbi e le novità.
Solo Fedorcenko proverà a rompere gli schemi cercando di abbandonare la
superficie rassicurante della logica per avventurarsi nei territori dell’irrazionalità,
pagando con la vita (novello Icaro) il tentativo di trascendere la propria
natura.
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