domenica 10 giugno 2018

Mathias Énard – Bussola




 Gli orientali non hanno alcun senso dell’Oriente. Il senso dell’Oriente siamo noi occidentali ad averlo.”

Énard è considerato uno dei nomi più interessanti della narrativa contemporanea e con Bussola ha vinto il premio Goncourt nel 2015. Autore da leggere quindi, anche se di non facilissimo impatto.
In effetti ho impiegato oltre un centinaio di pagine per riuscire ad entrare in empatia con la sua scrittura, ma devo dire che nel mio caso la perseveranza è stata ripagata.
Non è certo l’intreccio a creare problemi, la trama di questo libro è quanto di più sottile si possa immaginare: Énard racconta le vicende di un amore che non decolla, quello di Franz, studioso austriaco di musica classica, per Sarah, un’orientalista francese, tutto qui. In realtà la trama è poco più di un pretesto per raccontare un’altra storia, quella dei rapporti tra oriente ed occidente negli ultimi duecento anni. Da Istambul a Theran, da Vienna a Damasco, passando anche per Palmira, Tubinga, Parigi, Bandar Abbas. Da Listz a Szymanowski, da Henri Rabaud a Wagner, a Schumann a Beethoven e Bizet. Ma anche da Kafka a Balzac, da Annemarie Schwarzenbach a Félicien David, da Marga D’Andurain a Edward Said, senza dimenticare Benn e Trakl, Alois Musil, Charles Mardus e Lucie Delarue-Mardus, Proust, Henry Levet, Rimbaud, Pessoa, Thomas Mann, German Nouveau, Nietsche, Goethe, Freud… per limitarci agli occidentali, perché mettersi a citare anche gli autori arabi sarebbe troppo lunga. Un bel po’ di luoghi, un bel po’ di artisti. Troppi? Probabilmente sì, eppure tanto sfoggio di erudizione non è sterile, perché se sulle prime spaventa, col procedere della storia si rivela interessante e mai fine a se stesso, rappresentando il tentativo dell’autore di far dialogare due mondi, di trovare una lingua comune, un terreno di incontro fra culture diverse, le cui diversità però risultano sfumate da mille contaminazioni e influenze reciproche, due mondi che finiscono per essere permeati da un “troppo” che ne ha eroso l’identità, quel vuoto che è ricerca, indagine, spazio da riempire.
Ma Bussola non è solo un libro su come Oriente e Occidente siano definizioni difficili da scindere e ridurre ad archetipi, sfrondandole dalle interpretazioni che ne sono state fatte, ma è anche un romanzo “aperto”, nel senso che non si limita a seguire una trama uniforme ma che apre la riflessione in direzioni diverse: il sentimento amoroso come viatico per “schiudere le difese del sé”, i collegamenti tra le cose, la malinconia per i sogni giovanili e soprattutto il ricordo, la memoria intesa come l’unico argine per resistere alla piena del tempo che cancella tutto.

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