Lasciamo
che parli il vento racconta le
vicende di Medina, che avevamo lasciato commissario a Santa Maria e che ora ritroviamo
in esilio volontario a Lavanda, un po' infermiere, un po' pittore, un po'
disegnatore per un'agenzia pubblicitaria e alle prese con una serie di rapporti
contraddittori: quello di dipendenza con Frieda, quello con Olga e con il
figlio di lei (e forse anche suo) Seoane e quello con la giovane Juanina. Tutto
è vago e diverso da quello che sembra, una storia che procede tra dubbi e
menzogne alle quali piano piano Medina si abitua, trascinandosi con poca
convinzione tra le strade e i bassifondi di Lavanda cercando di capire a quale
dei cinque sensi affidarsi (forse al sesto) per ritrovare la strada perduta di
Santa Maria.
Un ritorno che sarà possibile solo
nel sogno, ma un ritorno doloroso. Medina, di nuovo commissario, si troverà nel
sottosuolo della città immaginata da Brausen, tra i derelitti che abitano
quelle fogne e che lo trascineranno dentro le menzogne delle loro vite e dentro
il loro destino.
Lasciamo
che parli il vento è un libro non
lineare, fatto di episodi che sono altrettanti frammenti della vita del
protagonista. La trama è una stradina buia che percorriamo con passo incerto,
sempre in dubbio che sia quella giusta e che si illumina di una luce fioca solo
nel tratto che stiamo percorrendo. Lo stile è quello classico di Onetti: ricco,
carico di metafore, sentenze, attenzione ai particolari, attento a suggerire ma
sempre in maniera sibillina, avendo cura di non dare certezze al lettore. Attento,
soprattutto, a spegnere con cinismo desolante ogni speranza grazie all'uso di
menzogne, strumenti per andare avanti, sopravvivere, anche se non utili per dare
un senso alle cose e creare una prospettiva di vita ("Ma in quella vigilia
di anno nuovo avevamo voluto star da soli – o ci eravamo avvolti nelle menzogne
fino a obbligarci reciprocamente – cercando di sentirci felici. Lei aveva giurato di mollare tutto, allieve di danza,
clienti della sartoria, proposte inattese, per stare sola con me prima di
mezzanotte. Io non avevo molte cose cui rinunciare in cambio. Non era la
felicità, ma era il minimo sforzo").
I personaggi di questo libro sono figure
inafferrabili, perennemente in bilico tra realtà e finzione, con la seconda
parte del romanzo che è frutto della fantasia di Medina, a sua volta creazione
di quella di Brausen, personaggio creato da Onetti: una spirale perversa che
finisce per precipitare il lettore in un mondo di incertezze che è esattamente quello
che si propone l'autore, lo scopo del quale è realizzare una storia scritta
sull'acqua, basata sulla menzogna perché tutti sono diversi e nessuno capisce
nessuno ("Ci sono due cose stupende, se un arriva ad abituarsi, se ce la
fa a continuare a vivere. Una è che ormai non mi importa di nulla, come ti
dicevo.
- Già. O quasi di nulla.
- E poi che uno arrivi ad
accettare che capire è impossibile. Che si sappia arrangiare con quello che può
capire senza aver fede in questa comprensione.").
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