sabato 9 marzo 2019

Juan Carlos Onetti – Lasciamo che parli il vento



"Mentire è come andare a letto con qualcuno, all'inizio ti vergogni ma poi ci prendi gusto."

Lasciamo che parli il vento racconta le vicende di Medina, che avevamo lasciato commissario a Santa Maria e che ora ritroviamo in esilio volontario a Lavanda, un po' infermiere, un po' pittore, un po' disegnatore per un'agenzia pubblicitaria e alle prese con una serie di rapporti contraddittori: quello di dipendenza con Frieda, quello con Olga e con il figlio di lei (e forse anche suo) Seoane e quello con la giovane Juanina. Tutto è vago e diverso da quello che sembra, una storia che procede tra dubbi e menzogne alle quali piano piano Medina si abitua, trascinandosi con poca convinzione tra le strade e i bassifondi di Lavanda cercando di capire a quale dei cinque sensi affidarsi (forse al sesto) per ritrovare la strada perduta di Santa Maria.
Un ritorno che sarà possibile solo nel sogno, ma un ritorno doloroso. Medina, di nuovo commissario, si troverà nel sottosuolo della città immaginata da Brausen, tra i derelitti che abitano quelle fogne e che lo trascineranno dentro le menzogne delle loro vite e dentro il loro destino.
Lasciamo che parli il vento è un libro non lineare, fatto di episodi che sono altrettanti frammenti della vita del protagonista. La trama è una stradina buia che percorriamo con passo incerto, sempre in dubbio che sia quella giusta e che si illumina di una luce fioca solo nel tratto che stiamo percorrendo. Lo stile è quello classico di Onetti: ricco, carico di metafore, sentenze, attenzione ai particolari, attento a suggerire ma sempre in maniera sibillina, avendo cura di non dare certezze al lettore. Attento, soprattutto, a spegnere con cinismo desolante ogni speranza grazie all'uso di menzogne, strumenti per andare avanti, sopravvivere, anche se non utili per dare un senso alle cose e creare una prospettiva di vita ("Ma in quella vigilia di anno nuovo avevamo voluto star da soli – o ci eravamo avvolti nelle menzogne fino a obbligarci reciprocamente – cercando di sentirci felici. Lei aveva  giurato di mollare tutto, allieve di danza, clienti della sartoria, proposte inattese, per stare sola con me prima di mezzanotte. Io non avevo molte cose cui rinunciare in cambio. Non era la felicità, ma era il minimo sforzo").
I personaggi di questo libro sono figure inafferrabili, perennemente in bilico tra realtà e finzione, con la seconda parte del romanzo che è frutto della fantasia di Medina, a sua volta creazione di quella di Brausen, personaggio creato da Onetti: una spirale perversa che finisce per precipitare il lettore in un mondo di incertezze che è esattamente quello che si propone l'autore, lo scopo del quale è realizzare una storia scritta sull'acqua, basata sulla menzogna perché tutti sono diversi e nessuno capisce nessuno ("Ci sono due cose stupende, se un arriva ad abituarsi, se ce la fa a continuare a vivere. Una è che ormai non mi importa di nulla, come ti dicevo.
- Già. O quasi di nulla.
- E poi che uno arrivi ad accettare che capire è impossibile. Che si sappia arrangiare con quello che può capire senza aver fede in questa comprensione.").

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