sabato 16 marzo 2019

Mario Levrero – Il romanzo luminoso



"La vita è quello che succede mentre sei impegnato a fare altri progetti" (Allen Saunders)

Libro strano, costituito da una prima parte ipertrofica di oltre 500 pagine (il Diario della borsa) propedeutica a Il romanzo luminoso vero e proprio, che ne conta circa 150.
Il Diario della borsa è la storia un uomo qualunque, una narrazione in prima persona con l'adozione da parte dell'autore di un registro colloquiale che non sembra prestare particolari attenzioni all'aspetto formale. La storia dell'autore stesso, che ha ricevuto una borsa dalla Fondazione Guggenheim per completare il suo romanzo e che invece di portare a compimento l'opera si barcamena tra dipendenza dal computer e tentativi di darsi delle regole, rapporti "liquidi" con ex-moglie ed ex-amanti, legami più o meno telepatici con altre persone, letture disordinate e sogni con i quali cerca di interpretare il senso della sua vita. Una volontà debole, un contemplativo che tira avanti tra ipocondria e piccole angosce quotidiane, più attento alla periferia delle cose che alla loro sostanza. Eppure, nonostante le apparenze, si tratta di una lettura che intriga, perché la voce che narra è vera, onesta: l'autore/protagonista interpreta la scrittura come una sorta di autoanalisi e il Diario della borsa può essere considerato un lungo girare intorno al punto, una fase preparatoria necessaria a radunare le idee in attesa "che le cose comincino a venir fuori, a trovare un ordine".
E il preambolo non può che essere lungo, considerata la materia magmatica di cui è fatto Il romanzo luminoso. È necessario un percorso tortuoso per liberarsi di tutte le scorie che rallentano il cammino verso la parte più profonda delle cose. Il romanzo luminoso rappresenta il superamento della coscienza ristretta per l'accesso ad una dimensione più ampia, quella del sublime, che si può raggiungere solo in un momento di grazia. È il romanzo del desiderio che si oppone a quello del dovere, un momento di amplificazione della coscienza che porta ad un'espansione dell'Io che permette di accedere a un'altra dimensione. Un percorso quasi iniziatico e che a tratti ricorda quello di Clarice Lispector anche per quel fermarsi sulla soglia dell'intuizione senza voler fare un passo avanti ("Intuisco che  lì c'è una verità grandissima, che lì c'è, semplicemente, la verità; ma che arrivare a capirlo fino in fondo, fino al punto da poterlo spiegare, per me sarebbe troppo pericoloso: Non so perché. Oppure sì, lo so.").

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