"La vita è quello che succede
mentre sei impegnato a fare altri progetti" (Allen
Saunders)
Libro strano, costituito da una
prima parte ipertrofica di oltre 500 pagine (il Diario della borsa) propedeutica a Il romanzo luminoso vero e proprio, che ne conta circa 150.
Il Diario della borsa è la storia un uomo qualunque, una narrazione in
prima persona con l'adozione da parte dell'autore di un registro colloquiale
che non sembra prestare particolari attenzioni all'aspetto formale. La storia
dell'autore stesso, che ha ricevuto una borsa dalla Fondazione Guggenheim per
completare il suo romanzo e che invece di portare a compimento l'opera si
barcamena tra dipendenza dal computer e tentativi di darsi delle regole,
rapporti "liquidi" con ex-moglie ed ex-amanti, legami più o meno
telepatici con altre persone, letture disordinate e sogni con i quali cerca di
interpretare il senso della sua vita. Una volontà debole, un contemplativo che
tira avanti tra ipocondria e piccole angosce quotidiane, più attento alla
periferia delle cose che alla loro sostanza. Eppure, nonostante le apparenze,
si tratta di una lettura che intriga, perché la voce che narra è vera, onesta: l'autore/protagonista
interpreta la scrittura come una sorta di autoanalisi e il Diario della borsa può essere considerato un lungo girare intorno
al punto, una fase preparatoria necessaria a radunare le idee in attesa "che
le cose comincino a venir fuori, a trovare un ordine".
E il preambolo non può che essere
lungo, considerata la materia magmatica di cui è fatto Il romanzo luminoso. È necessario un percorso tortuoso per
liberarsi di tutte le scorie che rallentano il cammino verso la parte più
profonda delle cose. Il romanzo luminoso rappresenta
il superamento della coscienza ristretta per l'accesso ad una dimensione più
ampia, quella del sublime, che si può raggiungere solo in un momento di grazia.
È il romanzo del desiderio che si oppone a quello del dovere, un momento di
amplificazione della coscienza che porta ad un'espansione dell'Io che permette
di accedere a un'altra dimensione. Un percorso quasi iniziatico e che a tratti
ricorda quello di Clarice Lispector anche per quel fermarsi sulla soglia
dell'intuizione senza voler fare un passo avanti ("Intuisco che lì c'è una verità grandissima, che lì c'è,
semplicemente, la verità; ma che arrivare a capirlo fino in fondo, fino al
punto da poterlo spiegare, per me sarebbe troppo pericoloso: Non so perché.
Oppure sì, lo so.").
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