Kazantzakis è stato uno dei più
importanti intellettuali greci del Novecento e L'ultima tentazione uno dei suoi libri più conosciuti e
probabilmente più fraintesi, soprattutto dai vertici ecclesiastici che per anni
ne decretarono la messa al bando.
Una riflessione (magari da un
punto di vista non ortodosso, sbilanciata su un versante sospeso tra
monomorfismo e gnosticismo) sulla duplice natura, umana e divina, del Cristo, la
storia del lungo processo interiore che porta Gesù prima a sospettare, temere,
rifiutare l'idea di essere il figlio di Dio, e poi ad accettare un destino che
non ha scelto sforzandosi di essere all'altezza del ruolo.
L'ultima
tentazione è la narrazione della vita e della passione di Cristo purgate
dalle sovrastrutture teologiche accumulatesi nei secoli, un racconto dal punto
di vista del protagonista, la storia romanzata (oggi forse la chiameremmo
"faction") di un uomo tra gli uomini e come tale soggetto alla
collera, alla paura, alla gelosia ed a tutte le passioni che contraddistinguono
la nostra specie.
L'oggettiva difficoltà nel rendere
le contraddizioni che caratterizzano la figura del Cristo (a tratti sembra una specie di Don Chisciotte
che vaga indeciso su quale direzione prendere), mi porta a dire che probabilmente
altri sono i personaggi che Kazantzakis
tratteggia meglio nel libro: gli Apostoli ad esempio (dipinti come una schiera
di piccoli personaggi che seguono il Messia un po' per convinzione e tanto per
convenienza) e soprattutto Giuda, il discepolo prediletto, quello che per primo
intuisce l'identità di Gesù e che pure fatica ad accettarne il ruolo, perché
quello che attende lui è un capo militare che possa liberare il popolo dal
giogo romano, non un Profeta che si carichi sulle spalle i peccati del mondo.
Un Giuda vittima, come Cristo, di un destino più grande di lui, destinato ad un
ruolo da traditore che deve necessariamente interpretare perché il piano divino
si realizzi.
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